31 - Luce

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JESS. 

Luce.

Vederla lì, nel mio salotto, senza la presenza di James, mi fa perdere ogni tipo di sicurezza che potessi avere, bella o brutta che fosse.

Ogni nervo sembra iniziare a scaricarsi.

Contemporaneamente, i suoi occhi e quelli di Jasper, entrambi seduti a gambe incrociate sui due tappetini rosa, si aprono.

«Merda Jess! Potresti fare più piano?»

Non lo ascolto neanche, ho gli occhi fissi su di lei, che mi osserva come se fossi impazzito, completamente fradicio, da testa a piedi. Ma ad essere impazzita è lei!

«Qui stavamo facendo una sessione di meditazione!»

Ma che cazzo succede?

«Jasper vai su» sono le prime parole che gli dico, serio e senza guardarlo in faccia.

«Ma non - »

«Vai su!» Le mani continuano a prudermi e mentalmente mi obbligo a riprendere la calma, che però non sembra interessata a farsi viva.

«Sei il solito guastafeste» si alza sbuffando, mentre raccoglie il suo tappetino e quello su cui era seduta Paris.

«E spegni sto cazzo di incenso»

«Spegnitelo da solo!» mi risponde prima di salire le scale, mentre le labbra di Paris si allargano in un sorriso.

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«Sono contento che trovi comica la situazione» le dico dopo aver rotto il bastoncino fumante. Il mio tono è più duro di quello che si aspettasse, ovviamente non sa che cazzo mi ha fatto passare nell'ultima ora. «Perché io non mi sto divertendo per niente.»

«Che c'è di male? Dice che se ne intende di queste cose. Yoga, meditaz-»

«Che c'è di male?» la interrompo subito. 

Mi tolgo la giacca e mi avvicino a lei, appoggiata al tavolo della cucina. Il suo profumo mi inebria, come se fosse ossigeno puro per i miei polmoni.

I suoi occhi blu puntano i miei. Luccicano, ma sembrano intimoriti allo stesso tempo. Il mio corpo viene travolto da una moltitudine di sensazioni, difficili da concretizzare e probabilmente si vede, per questo la sua è un'espressione indecifrabile. Se da una parte vorrei solamente farmi ancora più vicino al suo viso, rimpossessarmi di quelle labbra che pensavo fossero diventate di un altro, dall'altra parte vorrei scaraventare a terra il tavolo dietro di lei.

«Lo so che non dovevo venire qui da sola ma-» prova a spiegarsi dopo attimi di indecisione.

«Fossi venuta qui da sola, mi sarei incazzato» dico prendendo un respiro profondo «ma ti sei fatta portare qui da quel coglione, quindi sono infuriato.»

«Si chiama James»

«Si chiama coglione» la interrompo. Un cavolo di idiota che non vede l'ora di infilarsi in quelle mutandine di pizzo che mi mandano fuori di testa.

Il suo sguardo inizia a farsi più severo. «Beh, pioveva. Che altro dovevo fare? Aveva ricevuto una chiamata dal locale per coprire un turno e ne ho approfittato.»

Credimi, è lui che ne avrebbe voluto approfittare.

«Dovevi chiamarmi!» le dico. «Cazzo, Paris, hai idea di che diavolo mi hai fatto?»

Improvvisamente sgrana gli occhi, che ora fano fatica a rimanere agganciati ai miei.

«Di cosa parli?» ha anche il coraggio di chiedermi.

ImprevedibileWhere stories live. Discover now