Prologo

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Spengo il motore, togliendomi il casco, mentre l'aria gelida di Londra sembra prendermi a schiaffi.
E forse fa bene. Fa quello che farei anch'io se ne avessi coraggio. Prendermi a schiaffi.

Per tutto il tragitto sono stato solo con me stesso, ma i rumori della superstrada mi hanno aiutato a focalizzare la mia attenzione su altro.

Mi appoggio alla moto, parcheggiata nel vialetto, per ora piuttosto silenzioso.

Chi cazzo me l'ha fatto fare, di nuovo.

Dalla tasca del giubbotto tiro fuori il pacchetto e sfilo una sigaretta, portandomela alle labbra.
Mi guardo intorno, ed è come se niente fosse cambiato da allora.
Ma in realtà è cambiato tutto.

Cerco di dimenticarmi del peso che ho nel petto facendo scattare la pietra che incendia il tabacco.
Kale mi aveva avvertito, «tutto è cambiato da allora, anche lei».
Credi che non lo sappia?

Tutto è cambiato, eppure tutto sembra sempre uguale, adesso che sono qui, davanti alla tua casa di mattoncini rossi che si erge come fosse una reggia per il viale.
Non ti è mai piaciuto essere guardata troppo. Eppure, questa è la tua vita, e questo è il tuo destino.

Il vecchio Arnold non ha ancora venduto la casa di fianco, il suo cane mi osserva come se fossi un fantasma ritornato dal passato.
Sì bello, sono proprio io.

Chissà come sta, il vecchio. Quando me ne sono andato non l'ho neanche salutato. Avevo avuto la coda di paglia anche con lui.

Il vento mi sposta un ciuffo di capelli davanti agli occhi, mentre tiro la sigaretta, come se fosse l'ultimo desiderio di un condannato a morte.
Troppo melodrammatico? Chi può dirlo.

«Ti devi occupare tu di andare a Londra mentre Kale non ci sarà.»
All'inizio non avevo avuto neanche il coraggio di obiettare, talmente mi sembrava stupida la cosa.
Io? A Londra? Non se ne parla, lo sa anche lui.

Non tornerò mai più in quella città, mi ero detto. Per anni, con vari escamotage, ero riuscito a scampare alle giornate grigie, rimanendo a Roma.

«Jess, sei bravo nel tuo lavoro. Andrai tu. Non posso permettermi di mandare nessun'altro.»
«Lei lo sa?»
«Ha sicuramente altre cose di cui occuparsi. Non penso le cambierà molto sapere con chi verrà sostituito Kale.»
«Invece sì John, penso proprio che le cambi qualcosa», avevo ribattuto, ma lui aveva fatto finta di non sentirmi e se ne era già andato.

Cazzo, impreco sottovoce, tirando un calcio ad un sasso che si trova tra i miei piedi. Colpisce il recinto della casa di fronte, rimbombando.

Prendo la sigaretta tra le dita, facendo un ultimo tiro. Voglio sentire la nicotina pervadere i miei organi, voglio sentire la nube grigia avvolgere il mio corpo. Sono un cazzo di masochista.
E il fatto di essere qui lo dimostra.

Dopo aver fatto lentamente uscire il fumo dalle mie narici, la getto il più lontano possibile.

Prendo il casco sotto braccio, slacciandomi la giacca di pelle. Do un'occhiata all'orologio che ho al polso. Segna le nove meno cinque.

Se non ti aspettavi che sarei stato io a sostituire Kale, immagino tu l'abbia scoperto dal rombo della moto.
La moto che hai tanto odiato, quanto amato.

Quindi è inutile che io continui a stare qui a tormentarmi nei ricordi. Devo entrare da quella cazzo di porta, e quello che accadrà sarà.

Può non succedere nulla, come può succedere di tutto.

Perché, con te, è sempre stato tutto imprevedibile.





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