18 - Dipendente

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JESS.

Apro gli occhi e riconosco in me uno stato di pace interiore che non provavo da tempo. E la ragione di tutto questo è la ragazza che ritrovo al mio fianco, senza niente addosso, ma coperta solamente dal piumone blu.

Con una mano mi sposto il ciuffo di capelli dal volto, in modo da poterla osservare meglio. Le curve dei suoi fianchi mi riportano alla nottata che abbiamo appena vissuto.

Sì, vissuto. Perché la sensazione che ho avuto è stata quella di vivere, dopo che per mesi avevo avuto la sensazione di essere solamente un morto costretto ancora a camminare per le strade.

E non ne avevo mai abbastanza e, ogni volta, lei sembrava chiedermene di più. Solo alle tre di notte sono riuscito a prendere un briciolo di coscienza, ricordandomi di non aver indossato alcun tipo di protezione. Mi è bastato un piccolo accenno ad un altro tipo di contraccettivo per riprendere la corsa.

Sentendo, forse, il mio movimento, si gira sospirando, appoggiando la testa sul mio petto. Ne approfitto per toccare quello che per le ore precedenti è stato mio. Mi basta accarezzarla, scendendo dai fianchi fino sedere tonico, per risvegliare ogni singolo organo del mio corpo.

Lentamente sento il suo respiro diventare meno regolare e dopo qualche secondo mi ritrovo immerso nel blu delle sue iridi.

Cristo. Sono davvero dipendente da un paio di occhi? 

Mi piacerebbe insultarmi e dirmi di no, eppure dentro di me so che non è così. Mi è bastato vedere come avessi la necessità di guardarli ogni volta che affondavo dentro di lei, ogni volta che gemeva sotto la mia presa.

«Ehi» le dico, spostandole leggermente la chioma bionda.

«Ehi...» mi risponde lei ancora assonnata, guardandomi però come se non sapesse come reagire alla situazione. Si alza leggermente sugli avambracci, scoprendosi quasi completamente. Vedo un velo di paura attraversarle lo sguardo, e ho bisogno che sparisca subito.

Le prendo il volto tra le mani, baciando quelle labbra arrossate e maltrattate dalla notte appena trascorsa. Sono morbide e ad ogni bacio che le do, in mezzo al turbine di lenzuola che inizia a crearsi tra di noi, ricordo ogni singolo punto su cui si sono posate sul mio corpo.

Con forza la sollevo ancora una volta, portandola sopra al mio bacino, che richiede impazientemente ancora un po' di lei. Faccio scivolare la mano dal collo, in mezzo ai seni, fino all'ombelico scoperto. Poi riavvicino le labbra alle sue, sfiorandole. Punto i miei occhi nei suoi, lasciando che si parlino come solo loro sono in grado di fare.

«Che non ti venga in mente di definire anche questo uno stupido errore, chiaro?» le dico serio.

Sul suo volto si allarga un sorriso malizioso e il suo sguardo si accende.

«Anche perché non sarebbe solo uno» sorride mordendosi il labbro.

Si abbassa verso di me, premendo le sue labbra sulle mie, e quando la sua mano si posa sull'erezione mattutina, trattengo dentro di me un'imprecazione. Più la sua mano inizia a muoversi, più mi rendo conto che se non entro immediatamente dentro di lei saranno problemi.

Così, l'afferro, sistemandola meglio sopra di me, pronto a sentirmi di nuovo stringere tra le sue pareti.

«Grace ci sei?» lei si gira improvvisamente in direzione della porta della camera.

«Merda!» impreco, mentre vedo scivolare via la fonte del mio piacere.

«È Kale!» dice lei scendendo da me.

Cazzo amico, ti odio.

«Oh dio, adesso che faccio?» il suo sguardo è nel panico più totale, ma io non riesco a trattenermi dal trovarla assolutamente bellissima, buffa e bellissima.

ImprevedibileWhere stories live. Discover now