Capitolo 49 - Christian

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Chris

Mi sveglio accanto alla mia piccola donnina, ieri ha avuto un febbrone da cavallo, invece per fortuna la nottata è stata tranquilla, la osservo dormire beatamente è mi rassereno.
Mi alzo dal suo lettino con cautela e sono distrutto, cerco di stirare i muscoli per avere un po' di sollievo, porto una mano alla spalla per massaggiarla, credo mi verrà il torcicollo.
É la seconda notte che passo in questa casa, ho preso un permesso a lavoro ma oggi devo andare, guardo l'ora e noto di aver pochissimo tempo a disposizione, maledizione.
Un buon odorino di caffè mi richiama verso la cucina, seguo la scia volentieri, ne ho davvero bisogno prima di affrontare la giornata.
"Buongiorno Gabriella."
"Buongiorno Christian."
Mi porge una tazzina di caffè e delle brioche calde.
"Devo correre a casa a fare una doccia e poi a lavoro, ma se c'è bisogno chiamami."
Voglio essere chiaro, terrò il telefono sempre a portata di mano, non sto tranquillo.
"Certo, ma se vuoi, l'ultima volta hai lasciato qui qualcosa di tuo, puoi fare una doccia qui, ti avvantaggeresti."
Ci penso un po' su, sinceramente non credo sia il caso, anche se mi farebbe solo perder tempo tornare a casa.
"Hai un cassetto qui con alcune cose tue per le emergenze, questa mi sembra una. Farai tardi. Non c'è nulla di male."
Alla fine mi lascio convincere, va in camera sua a prendere le mie cose, me le porge e mi chiudo in bagno, faccio una doccia veloce per risvegliarmi e cercare di trovare la giusta energia per affrontare la giornata a lavoro.
Infilo l'intimo e i pantaloni, cerco la camicia di ricambio o la maglia intima a maniche corte, nulla, fra le cose che ho qui vedo solo un maglioncino di quelli leggeri e pungenti, odio indossare questi sulla pelle nuda, soprattutto a febbraio.
Esco vestito solo a metà e dirigendomi verso camera di Gabriella, lei non è dentro, la porta è aperta quindi entro, inizio a frugare fra i cassetti alla ricerca del mio, infondo qui ho solo un cambio e un pigiama per queste evenienze e uno spazzolino.
Ho dormito in questa casa quando ci siamo trasferiti a Roma, la piccola era un po' capricciosa, e quando ha avuto la febbre, credo anche al suo compleanno.
Finalmente trovo la maglietta,e il mio cassetto praticamente è vuoto, resta il pigiama, dovrò riportare un cambio sperando non ce ne sia bisogno.
L'arrivo di diversi messaggi via chat sul computer aperto posato sul letto mi fa voltare, l'immagine del mittente risalta e la guardo stranito.
Io non ho alcuna intenzione di farmi gli affari di Gabriella, lei ha la sua vita e io la mia, ma purtroppo c'è qualcosa che ci lega, e vorrei tanto capire perché alle otto del mattino sta parlando proprio con quest'uomo.
Me ne frego di rispettare la sua privacy perché mi ronza in testa una strana intuizione, inizio a scorrere le poche battute scambiate e vorrei spaccare questo portatile a terra.
Vado dritto in cucina e vedendomi a petto nudo arrossisce subito, avanzo anche se non credo sia un ottimo piano, in questo momento potrei strozzarla, giuro che il rischio c'è.
Gabriella mi guarda con desiderio, io con disgusto.
"Il tuo ex capo ha detto che ci penserà su, ma potrebbe ridarti il tuo vecchio posto di lavoro a Milano."
Sputo le parole con rabbia fra i denti per non urlare, lei sgrana gli occhi.
"Ora tu mi spieghi cosa cazzo significa questa storia prima che mi incazzi sul serio e fidati se ti dico che non mi hai mai visto incazzato in questi cinque anni."
Ho quasi il fiatone per lo sforzo disumano che sto facendo per trattenere a freno i miei istinti, la mia rabbia, le urla, la voglia di spaccare qualcosa.
Lei non risponde inizialmente, si guarda intorno sperando forse di farsi venire un'idea geniale per prendere tempo o inventare una stronzata colossale, chi lo sa, ma si arrende all'evidenza.
"Ho solo chiesto, mi sono solo informata, sto solo valutando."
Si volta per mettere nel lavello le tazzine del caffè.
Sbatto la mano sul tavolo, non potendone proprio fare a meno, mi fa uscire pazzo questa donna.
"Tu non hai da valutare proprio niente, la nostra vita è qui a Roma, sei stata tu a trascinarci qui, io ora non ho un lavoro a Milano."
Mi infilo questo maglione che sto stritolando fra le mani.
"Non puoi sapere se..."
La interrompo perché ne ho abbastanza.
"Non hai capito, non puoi giocare così con la mia vita, decidi di trascinarmi qui, ora decidi di ritornare a Milano. Hai un ottimo lavoro, ti trovi bene, hai la tua famiglia."
La vedo iniziare a tamburellare con il piede a terra.
"Lo so qual è il tuo problema, è sempre stata una dannata ossessione per te, ed è per questo che ora che sono felice con Sara vuoi portarmela via."
Non dice nulla ma scuote la testa fissando il pavimento, spero di non aver svegliato la bambina, ho alzato istintivamente i toni.
" Non mi porterai via mia figlia. "
Risoluto le ringhio in faccia con odio facendola quasi sussultare.
" Se vuoi viverti tua figlia ci seguirai."
Pronuncia altezzosa.
"Cosa credi di ottenere così da me? Puoi portarmi in capo al mondo Gabriella, noi non staremo mai insieme."
Decido di affrontare la dura verità per scuoterla, per uccidere le sue illusioni con la speranza che possa servire.
" Era tutto perfetto prima di venire qui, eravamo una famiglia, ora c'è lei, c'è sempre stata lei ovunque."
I suoi occhi enormi e azzurri iniziano a riempirsi di lacrime.
"Cosa era perfetto? Di cosa parli? Il nostro rapporto è lo stesso, ci vedavamo solo per la bambina, ci sentavamo solo per lei, ognuno aveva la sua vita, proprio come ora, non è cambiato nulla."
Sono davvero confuso.
"É cambiato tutto, c'è Sara."
Afferro le sue spalle e alza il viso per potermi guardare negli occhi.
" C'è sempre stata, ci sarà sempre, non importa se starò con lei o no, potrò anche avere altre donne, passeggere, nessuna prenderà il suo posto, di nessuna potrò innamorarmi. "
Abbassa lo sguardo ferita, le scivola una lascrima sulla guancia, per l'ennesima volta ho distrutto le sue speranze, i suoi sentimenti, ma non posso farci nulla, non si può amare qualcuno solo perché non vuoi farlo soffrire.
" Mi dispiace... "
" Va a lavoro, è tardi."
Capisco voglia leccare le proprie ferite in solitudine, la saluto e me ne vado.
Salgo in auto molto preoccupato, la conosco, queste delusioni si trasformeranno in una vendetta, spero non faccia cazzate, non può pensare di portarmi via la bambina.
Accosto non riuscendo più ad aspettare, prendo il telefono e chiamo l'unica persona che ora potrebbe darmi un consiglio in una situazione simile, non avrei mai pensato che avrei potuto affrontare una conversazione del genere, una preoccupazione di questo tipo.
"Maledizione."
Urlo per la frustrazione.
Dopo pochi squilli finalmente risponde la mia amica.
"Natalie, ciao, ho bisogno di parlare con te come avvocato, Gabriella potrebbe portarmi via la piccola? Potrebbe andare a Milano senza che io voglia?"
Vado dritto al punto troppo preso dall'agitazione, troppe idee senza risposta mi frullano in testa.
"Christian, mi fai preoccupare, che è successo?"
Le spiego brevemente la situazione e non mi piace il suo sospiro.
"Incontriamoci a pranzo Chris e ne parliamo. "
Spero mi dia buone notizie.

Come due pezzi di un puzzle. Where stories live. Discover now