Capitolo 10 - Sara

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Sara

Lancio la pallina e questo piccolo batuffolo dolcissimo corre, è stata un'ottima idea portarlo al parco, ci stiamo godendo questo bel pomeriggio.
Sono passati solo tre giorni da quando é entrato nella mia vita, l'ha letteralmente riempita, ovviamente è un grande impegno e responsabilità, ma ci amiamo a vicenda.

É proprio vero, l'amore che ti trasmette un amico peloso, è immenso.

Un suv  nero con vetri oscurati si ferma vicino a noi, lo sportello del guidatore si apre e scende Christian.
Mi sorride e punta i suoi occhi su di me avvicinandosi, talmente azzurri da togliermi il respiro, non vorrei sentirmi ancora così dopo tutto questo tempo.
Sono una pappamolla, gli ho sempre detto di essere troppo furba per farmi ingannare da quegli occhi, invece, ho finito per annegarci dentro, e la storia si ripete.
Non posso permetterlo.

"Ciao, che fortuna incontrarvi, ho preso un regalino al nostro cucciolo."
Fa segno verso la macchina.
Il suo tono allegro per un attimo mi distrae dall'aggettivo che ha usato.

"Nostro?"
La mia domanda non lo scompone minimamente.

"Ma certo, l'abbiamo salvato insieme, ce ne prenderemo cura insieme. A proposito come lo chiameremo?"
Inizia ad assumere la sua solita espressione seria aggrottando la fronte e giocherellando con la punta del naso, lo ha sempre fatto.

"No, il cucciolo è mio, tu non centri nulla con noi, grazie per avermi aiutato l'altra sera, ti spedirò un cesto di frutta se tanto ci tieni."
Mi volto decisa ad ignorarlo.

"Non puoi decidere solo tu, il cane è nostro."
Sentenzia iniziando a giocherellare con lui.
"Vorrei dargli il nome di un vero eroe."

"Io vorrei fare un tributo a colui che si è sacrificato per salvarci tutti."
Metto le cose in chiaro con decisione.
Ci fissiamo seri e poi all'unisono pronunciamo quel nome.
"Stark." "Stark."
Per un solo istante il mio verde si sfida con il suo azzurro, poi scoppiamo entrambi a ridere.
Non passavano un momento così da più di quattro anni, era questo che mi mancava, era questo che ci faceva stare bene, ridere, sfidarci, essere in sintonia e poi in disaccordo, ma concludere tutto con una risata.
Smette di ridere e il suo sguardo diventa piano piano sempre più serio, é come se l'aria fosse stata risucchiata via dal pianeta intero, perché i miei polmoni non riescono ad averne abbastanza in questo momento.
Mi guarda come se cercasse di trattenersi, lo vedo mordersi il labbro inferiore e io deglutisco con fatica, non riesco a distogliere lo sguardo e mi riprendo solo quando lo vedo scuotere la testa e fare un passo indietro.

Forse ho immaginato tutto, come al solito mi faccio film mentali e questo mi irritata.

"Ormai sta facendo buio ed inizia a fare freddo, noi andiamo."
Cerco di prendere il piccolo ma lui mi anticipa, lo stringe a sé continuando a coccolarlo.
"Ok, andiamo."
Inizia ad incamminarsi verso la sua auto.

"Scusa ma che stai facendo?"
Sono allibita da questo comportamento, avrei voglia di annegarlo in quella fontana al centro del parchetto lontana pochi metri.

"Sei a dieci minuti da casa tua, quindi sono sicuro che sei venuta a piedi, vi accompagno e saliamo da te ciò che ho comprato."
Fa spallucce e il vetro oscurato davanti a me diventa uno scudo fra noi visto che è già salito su questo enorme aggeggio.
Borbottando salgo nella sua dannata auto sbattendo volutamente lo sportello, sapendo quanto gli dia fastidio, mi volto verso di lui fintamente dispiaciuta accennando un "Ops" per niente sentito.
Quasi ridacchio quando di sottecchi lo vedo chiudere gli occhi per un istante, sospira e poi parte.
Come annunciato, dopo pochi minuti siamo davanti al mio palazzo, lui prontamente apre il cofano e sbircio curiosa, un bustone enorme e uno scatolone del negozio di animali.
"Ma che cosa hai comprato?"
E soprattutto dove metterò tutte queste cose mi chiedo.

"Avrei voluto fare acquisti con te per il nostro cane, ma sapevo che non saresti stata d'accordo."
Alzo gli occhi al cielo infastidita per questa accusa.
"Dai portiamo tutto in casa."
A queste sue parole vado nel panico.

"Cosa? No, tu non entri a casa mia, non ti ho invitato e poi non mi piace che sai dove abito."
Devo fare due chiacchiere con Alex.

"Non sono uno stalker Sara."
Controbatte infastidito.

Sbuffando mi avvio verso il mio mini appartamento, apro la porta di casa e mi sento un po' a disagio ad averlo qui.
Esito per un attimo senza voltarmi, a testa china ferma davanti l'ingresso, faccio un enorme respiro cercando oltre all'ossigeno anche il coraggio.

"Dove posso posare tutta questa roba?"
Lui sembra pienamente a suo agio.
Gli indico la stanza accanto, ovvero il salotto, molto essenziale, un divano due posti beige, un tavolo da pranzo rettangolare in vetro, due mobili.
"È carino, ci manca il tuo tocco. "
Christian si guarda intorno.

" Diciamo che non sono ancora convinta di questo posto, comunque vorrei pitturare i muri, comprare due quadri..."
"Appendere delle foto. Le ami quasi quanto me."
Sorride, ed io da quando lui ha varcato quella soglia, sono confusa e fragile, mi sento irrequieta e non posso controllare questo assurdo stato d'animo, soprattutto se cerca di avvicinarsi.
L'aria è elettrica, questo posto è talmente piccolo che è difficile restare lontano, i suoi occhi sembrano quasi brillare, due specchi nei quali vedo il mio riflesso.

Questo vuol dire che è troppo vicino.

Mi dice che possiamo portare Stark al parco tutti i giorni insieme e poi perdo il filo del discorso, perché il suo tono di voce mi incanta, basso e sensuale.
Devo ringraziare il piccolo di casa, a risvegliarmi é lui, corre atterrando fra le nostre gambe scodinzolando.

Due passi indietro e mi rifugio in cucina cercando di mettere distanza il più possibile fra noi, almeno il tempo necessario per poter riprendere padronanza di me stessa.
Prendo la ciotola del caffè e la moka, le mani mi tremano, cerco di respirare profondamente, nella credenza afferro due tazzine, dei passi alle mie spalle mi rendono molto nervosa.
Posso sentire il suo respiro dietro il mio orecchio, il calore della sua mano sul mio braccio, il cuore quasi esplodere nel petto, mi agito e faccio cadere la tazzina che stringevo fra le mani, spezzando anche l'atmosfera.

Svegliati Sara, sei solo una povera sciocca, non puoi permettergli di farti di nuovo questo, tu devi essere più forte.

"Credo tu debba andare."
Non lo guardo e mi scosto da lui tornando in salotto, il mio telefono squilla sul tavolo e sul display si illumina il nome di Francesco.

"Ancora esci con lui?"
Non sembra una domanda rivolta alla sottoscritta, ma quasi una constatazione rivolta a sé stesso, quindi resto in silenzio.
"Sara non respingermi, ti prego."
Sembra quasi supplicarmi, ma questo fa scattare in me una tale rabbia che è impossibile non riversargli addosso.

"Christian cosa vuoi da me? Hai già ottenuto ciò che volevi, ora cosa vorresti? Un'altra notte di sesso? Poi mi lascerai stare almeno?"
Spero non capisca il dolore dietro ogni parola.
Fa un passo indietro come se l'avessi colpito, il suo sguardo è ferito, è un bravo attore.

" Non posso crederci, davvero credi che tu sia stata questo per me? Assurdo. "
Avvolge la nuca con le sue stesse mani e fissa il pavimento, inizia a camminare fino all'ingresso, credo stia andando via, poi torna qui in salotto raggiungendomi con poche falcate.
I suoi occhi sono pieni di risentimento, sembrano appartenere ad un'altra persona e le sue parole mi investono con forza colpendomi con rabbia.
"Quella notte è stata importante, sono stato sincero quanto lo sei stata tu, ma poi... "
All'improvviso si blocca, non esce più nulla dalle sue labbra, le sue mani si stringono in due pugni e proprio come quella notte, mi ritrovo sola.
Lui è andato via, lasciandomi ancora con mille domande e un cuore ammaccato.

Come due pezzi di un puzzle. Where stories live. Discover now