39. Steps on Broadway

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"Dimmi."

Taemin non ci stava capendo nulla. Forse era stato per la stanchezza o per l'agitazione che aveva ancora addosso, ma doveva fargli una domanda. Anzi, alcune.

"Fammi capire: è ancora sabato?"

Jimin era scoppiato a ridere per l'ennesima volta. "Sì, hyung. È ancora sabato."

"A Seoul però è domenica."

"Mai sentito parlare del fuso orario?"

Taemin aveva cercato di trattenere una risata. "Certo che sì, per questo te l'ho chiesto. Tutto questo trambusto mi sta confondendo." *

Il più piccolo aveva sospirato e, desideroso di riposare, aveva infine salutato il suo amico e aveva cercato di addormentarsi.

Queste saranno le due settimane più lunghe della mia vita, aveva borbottato, con le labbra a contatto con la federa del cuscino.

***

Il giorno seguente Jimin, seppur ancora un po' disorientato a causa del jet lag, non riuscì a crederci di trovarsi a New York. Quella era la sua prima volta negli Stati Uniti e il panorama era davvero stupendo. Anche se i grandi edifici gli ricordavano un po' la sua Seoul, il biondo dovette ammettere che le due città fossero completamente diverse.

NY era una città meravigliosa. Tutto era grande, luminoso e unico. Jimin e Taemin vennero subito catturati dal suo fascino: la statua della libertà, l'Empire State Building, il Moma visto solo da lontano, Chinatown, Broadway...
L'hotel in cui i due ragazzi avrebbero alloggiato in quelle due settimane era a Manhattan, Midtown, posizione molto favorevole e centrale per tutti gli spostamenti e le visite ai luoghi che avrebbero fatto in quei giorni, oltre a entrare un po' in confidenza con la Steps on Broadway.

* "Santo cielo, non pensavo fosse così alta!"

Taemin si era alzato dalla sua seggiola e aveva cominciato a fotografare la Statua della Libertà, sempre più meravigliato della sua bellezza dal vivo. Seppur fosse il loro primo giorno lì, già avevano deciso di cominciare a perlustrare la città. Quella mattina si erano diretti a Battery Park in metropolitana, - Jimin si era persino portato con sé il gel igienizzante datogli da Seokjin - poi si erano armati di santa pazienza e si erano messi in fila per imbarcarsi sul traghetto. Ma ne era valsa la pena. Poi, finito il loro tour, avevano visitato il famosissimo Empire State Building. Quando erano saliti, dopo aver lasciato una bella somma salata per entrare, Jimin si era spaventato a morte a causa dell'altezza.

"Non voglio guardare.", aveva detto a Taemin, che invece si era appiccicato alla vetrata per godersi la visuale mozzafiato. Si erano scambiati i ruoli.

"E dai, Jimin-ie!", lo aveva preso in giro il più grande, "Hai davvero paura?" *

Ultima loro tappa fu Chinatown, che piacque moltissimo a entrambi.

Fu solo quando ognuno ritornò nelle propria camera che Jimin, stanco e malinconico, uscì sul suo terrazzo e si strinse maggiormente nella sua camicia nera. Se solo fosse stato con lui, Taehyung avrebbe amato New York e sicuramente non se ne sarebbe più voluto andare.

***

"Com'è New York City?"

A quella domanda, Jimin sorrise a trentadue denti e fissò il panorama che poteva vedere dalla terrazza della sua camera. Com'era? Beh, semplicemente meravigliosa.

"Non si può descrivere, hyung. È da vedere e basta."

Namjoon, dall'altra parte del telefono, abbozzò un sorriso. Era contento per Jimin. Erano anni che ballava e che si impegnava per raggiungere alti livelli e finalmente ci era riuscito. Quell'esperienza se l'era meritata tutta.

Blue&Grey| vminOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz