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Rimango a fissare Davide negli occhi, mentre lui continua a rigirarsi la sua matita tra le dita.

-Beh, per insegnarti a suonare dovrai venire qui vicino a me, no?- dico alla fine, facendogli spazio vicino a me sullo sgabello davanti al pianoforte.

Lui sorride, lasciando scivolare la matita sulla sua sedia e raggiungendomi con un solo passo.
Con quella delicatezza che mi aveva colpito sin dal nostro primo incontro, mi si siede vicino, facendo toccare leggermente le nostre gambe.
Sento il suo ginocchio contro il mio, rimasto scoperto per via della gonna abbastanza corta.

-Ok, ora...- prendo nella mia la sua mano destra, che poso delicatamente sui tasti del pianoforte -rilassa il braccio. Completamente. Non si può suonare rimanendo rigidi-

Sento il suo intero corpo rilassarsi, e gli rivolgo un sorriso.

-Bene, abbiamo fatto l'unica cosa semplice. Adesso passiamo a come si suona-

Inizio a spiegargli come usare contemporaneamente le due mani e creare così una melodia.
Con la coda dell'occhio riesco a vederlo.
Non stacca gli occhi da me neanche per un istante, come se fossi un quadro troppo bello per essere dimenticato.

-Perfetto, ora prova tu- dico alla fine, lasciandogli le mani.
Nel farlo, le nostre dita si sfiorano, provocandomi una scossa che mi attraversa tutto il corpo.

-Ti faccio ancora quest'effetto, eh?- commenta Davide, con un sorriso sghembo.

Io arrossisco, per poi scuotere la testa e cercare di concentrarmi sul da farsi.
Con solo la mano destra, Davide riesce a suonare l'intera scala di DO (la più semplice, tra l'altro) senza fermarsi neanche una volta.

-Beh, hai fatto decisamente progressi- gli dico, mentre lui ripete un'altra volta la scala, stupendosi di essersi riuscito.

Quando finisce il quinto giro consecutivo, si gira volta di me e rimane per un po' a guardarmi, in silenzio, come se stesse contemplando un'opera d'arte.
Quello era uno di quegli sguardi che erano capaci di arrivarmi dritti al cuore.
Uno di quei gesti muti, ma che in se contenevano mille parole.

-Ora devi farmi sentire qualcosa tu, però- dice alla fine, prendendomi delicatamente le mani e posandomele sul pianoforte.

-Non dicevi di voler imparare a suonare?  Sai fare solo la scala di Do, fino ad adesso. E per tua informazione, non significa saper suonare-

Lui mi sorride, passandosi una mano tra i capelli.

-Avremo tutto il tempo di imparare passo passo, quando verrò a trovarti a Firenze. Ora però...- e così dicendo si alza e si mette accanto al pianoforte -tocca a te suonare-

Capendo di non poterlo più contraddire, iniziò a pensare a quale brano, dei tanti presenti nel mio repertorio, possa suonare.
Mi passano per la mente sonate di Mozart, concerti di Beethoven, anche semplici brani di Clementi e Schubert.
Alla fine, un valzer in particolare mi stuzzica la memoria.
Uno degli ultimi imparati in conservatorio, di Chopin.

Senza pensarci un'altra volta, inizio a suonare, stupendomi di ricordare tutto il brano perfettamente, senza neanche aver bisogno dello spartito.

E mentre suono e le dolci note del valzer invadono l'intera aula di musica, Davide resta a guardarmi.
Sposta lo sguardo dalle mie mani al mio viso, a bocca aperta.
Con un sorriso, penso che proprio non si aspettava che sapessi fare qualcosa di così difficile.

-Sorpreso, eh Vavalà?- gli dico, tra una nota e l'altra.

Lo vedo sorridere, avvicinandosi un po' di più a me.

E poi ci ritroviamo nuovamente seduti vicini, spalla contro spalla.
Chiudo gli occhi, lasciando che solamente le mie mani continuino a suonare.
Quando il brano è finito, mi volto verso Davide, che è ancora a bocca aperta.

-Wow- sussurra, mentre io tolgo le mani dalla tastiera e gli faccio scivolare una mano intorno alle spalle.

-Sei...sei fantastica, Fede. Io...non so che altro dire- dice, continuando a guardarmi negli occhi.

-E risulterei ancora più fantastica se ti dicessi perché ho scelto di suonare proprio questo brano- rispondo, ridendo.

Davide non risponde.
È un invito muto a continuare.

-Il mio insegnante di pianoforte al conservatorio, quando mi ha insegnato a suonare questo brano, mi ha detto che avrei dovuto dedicarlo a una persona, una sola persona, scelta con cura. E io ho scelto te, Dado. Perché ti amo, più di quanto tu possa immaginare-

I suoi occhi sembrano illuminarsi.
E capisco che quella è la prima volta che vedo Davide piangere.
Ma non piangere per tristezza, niente affatto.
Quelle sono lacrime di gioia e commozione.

Senza aggiungere altro, si avvicina lentamente a me e fa unire le nostre labbra.
Come tutti i suoi baci, anche questo è dolce e pieno d'amore, capace di farmi sentire più felice ogni volta che succede.

-Ti amo anche io, Fede. Ancora più del tuo più- sussurra, tra un bacio e l'altro.

Io sorrido sulle sue labbra.

Quando ci stacchiamo, noto che sulle guance gli scintillano ancora delle lacrime.
Allungo le mani, e con pochi e semplici movimenti gliele asciugo, accarezzandogli la pelle.

-Sei davvero la migliore ragazza che mi potesse capitare- mi dice, prendendomi una mano e stringendo le sue dita nelle mie.

Si sta nuovamente per avvicinare a me, quando un mormorio ci distrae.

-OH, VI PREGO! NON DI NUOVO!- esclama Giordano, coprendosi gli occhi con la mano e facendo lo stesso con Esa, accanto a lui.

-MA IO DICO, PRENDETEVI UNA STANZA PER FARE QUESTE PORCHERIE! I MIEI POVERI OCCHI...- urla lei di rimando, mentre io e Davide scoppiamo a ridere e li raggiungiamo.

-Per vostra informazione, ci stavamo solamente baciando. Credo che sia del tutto normale, per due fidanzati- dico io, mentre chiudo la porta dell'aula.

-Certo, solo baciando. Non oso immaginare cosa succederà quando vi ritroverete da soli in una delle vostre stanze- commenta Esa, dandomi una spallata scherzosa.

-Diventerò zio mooolto presto- aggiunge Giordano, mentre ci affrettiamo a ritornare nelle camerate, prima che uno dei sorveglianti ci trovi. 

❝ 𝐓𝐇𝐀𝐓 𝐃𝐀𝐌𝐍 𝐒𝐌𝐈𝐋𝐄 ❞ || 𝑫𝒂𝒗𝒊𝒅𝒆 𝑽𝒂𝒗𝒂𝒍𝒂̀Where stories live. Discover now