XXII.

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La partenza andò liscia come l'olio. Aereo puntuale, nessuna turbolenza, insomma, un sogno. Arrivate a Barcellona, un taxi le portò in albergo dove lasciarono le borse e furono pronte per partire all'avventura. Avevano sei giorni per visitare quella bellissima città e non avrebbero sprecato neanche un momento.

Le uniche che parlavano spagnolo erano Alice e Clara perché lo studiavano a scuola, mentre le altre non sapevano dire altro che "gracias", "por favor" e "paella" (e già questo non era poco se consideriamo quante persone in Italia la chiamano "pajella").

"Ma perché parlano così in fretta?" sbuffò Sofia che non aveva capito nulla quando il concierge aveva dato loro le indicazioni per il centro.

"Lo spagnolo è proprio l'italiano con la s in fondo!" si lamentò Anna con tono sarcastico.

"Ha solo detto che se vogliamo fare i biglietti della metro il punto informazioni è in centro, da Plaza Cataluña" commentò Alice con tono divertito.

"Tu hai capito tutte queste cose? Io mi sono persa a 'bueno' " ridacchiò Clara, "ma forse è perché mi ero persa a fissare quegli occhi marroni...".

"Solita Clara" la presero in giro le altre.

"Beh. Cosa volete. Era carino" rispose lei con nonchalance.

Dopo essere andate a recuperare qualche cartina e aver fatto i biglietti della metro, decisero di andare all'esplorazione senza una meta specifica. In fondo era solo il primo giorno e in più si sa che i posti più pittoreschi della città sono quelli che si scoprono così, quasi per caso, lontani dalle rotte turistiche. Dopo aver dato un'occhiata a quali zone fosse meglio visitare e quali no, si infilarono per le vie del Barri Gòtic. Camminarono fino a raggiungere la cattedrale, fermandosi ad osservare l'architettura degli edifici che si trovavano lungo la strada e, una volta giunte lì, decisero di visitarla. Terminata la visita, optarono per affidarsi al loro senso dell'orientamento per tornare indietro, cercando però di percorre una strada diversa rispetto a quella dell'andata.

"Mi sa che ci siamo perse" disse a un certo punto Sofia.

"Ma no, dai! È solo un'impressione" dissimulò Clara guardandosi attorno.

"Forse dovremmo chiedere indicazioni" disse Anna pragmatica come al suo solito.

"Forse hai ragione" commentò Alice, ma, quando si girò a guardare le sue amiche, si trovò i loro sguardi puntati addosso.

"No! Non ci provate" disse scuotendo la testa, "ci può andare Clara! O ci potete andare voi e chiederlo in inglese!".

Nonostante le lamentele, le principesse non le toglievano gli occhi di dosso. Più provava a rifiutarsi più i loro sguardi si fissavano su di lei, facendola sentire altamente a disagio.

"Ragazze! Non fatemi questo! Vi prego" sbuffò Alice.

"Va beh. Vorrà dire che vagheremo finché non troveremo la strada di casa" disse Anna facendo spallucce.

"O finché non moriremo di fame" aggiunse Clara.

Alice alzò gli occhi al cielo e fece cadere le braccia lungo i fianchi in segno di rassegnazione. "Va bene. Avete vinto. Ma sappiate che vi odio" si lamentò dirigendosi, cartina alla mano, verso un bar poco distante.

Quando poco dopo fu di ritorno, sventolava la cartina con una mano e aveva un sorriso soddisfatto stampato in faccia.

"Era così difficile?" domandò ironica Anna.

"Molto" rispose cercando di tenere un'espressione arrabbiata, ma fallendo miseramente.

"Riusciamo a tornare in centro?" chiese Sofia con la pancia che le brontolava per la fame.

Una Principessa (o quasi) Where stories live. Discover now