XIII.

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La moto di Matteo era parcheggiata dietro l'angolo. Era un modello vintage (non c'era altro modo in cui lei lo potesse definire se non quello, non capendoci nulla di motociclette), probabilmente quella che aveva messo a posto con suo fratello. Alice la guardò leggermente intimorita mentre pensava a come sarebbe stato salirci sopra. "Sono ancora in tempo per cambiare idea" pensò continuando a fissare quella che aveva sempre considerato essere una trappola mortale. Matteo sembrava leggere i suoi pensieri, perché passandole il casco la punzecchiò dicendole: "Guarda che non morde mica!"

Alice sfoderò un sorriso forzato, cercando di farsi coraggio. Matteo, allora, le sollevò il viso verso il proprio e con tono per metà rassicurante e per metà scherzoso soggiunse: "Se poi hai paura puoi sempre stringerti a me".

Alice gli fece prima una linguaccia, poi gli sorrise e in fine si infilò il casco. Aspettò che Matteo avesse preso il posto di guida, per poi salire dietro di lui. Provò a fare la "donna forte" appoggiando le mani al lato del suo sedile, ma non appena lui ebbe messo in moto d'istinto si lanciò a cingergli la vita con le braccia. Per un istante, lui staccò una mano dal manubrio per appoggiarla su quelle di lei e sfiorarle con la punta del pollice. Alice lo strinse ancora più forte a sé, anche se solo per un secondo, e gli sussurrò: "Parti".

Matteo guidò per quello che le sembrò al tempo stesso un momento e un'eternità. Ad ogni curva, ad ogni sorpasso, Alice si stringeva sempre più forte a lui e le sembrava quasi di sentirlo ridere della cosa. Quando finalmente decise di fermare la moto, lei si guardò intorno: erano in mezzo ai colli e in lontananza si sentiva il rumore di un ruscello.

"Siamo arrivati. Se vuoi mi puoi anche lasciare adesso" le comunicò lui togliendosi il casco. I capelli gli si erano spettinati e un ciuffo gli cadeva sulla fronte, e Alice non poté fare a meno di notare come anche quell'aria trasandata non potesse che donargli. Quindi, si tolse anche lei il casco e pensò di aver avuto un'idea geniale quella mattina quando aveva deciso di farsi le trecce. Erano comode per evitare i capelli in faccia mentre studiava, ma, come aveva appena scoperto, non erano niente male neanche per andare in moto. Si diede comunque una controllata nello specchietto retrovisore, cercando di non farsi notare da Matteo che stava mettendo via il proprio casco. Normalmente non era una vanitosa, ma uscire con lui tirava fuori il lato più frivolo di lei. Matteo doveva aver notato quel gesto con la coda dell'occhio, perché un mezzo sorriso gli comparve in volto, ma fu molto bravo a far finta di nulla.

"Dove ci troviamo?" si informò Alice.

"Siamo vicini al mio posto preferito" rispose Matteo, "spero tu abbia delle scarpe comode perché c'è un po' di strada da fare per poterlo raggiungere."

Si incamminarono per un sentierino piuttosto stretto che si allungava in mezzo ad alcuni alberi e cespugli. Alice non aveva paura di fare un po' di fatica o camminare in mezzo alla natura (anni di campi scuola con la parrocchia l'avevano preparata bene), ma il terreno sdrucciolevole metteva a dura prova il suo equilibrio. Era già caduta una volta quel giorno e non era il caso di replicare. Vedendo la sua difficoltà, però, Matteo le offrì una mano.

"Nel caso ti venga voglia di fare un altro tuffo" le disse allungando la propria mano ad afferrare la sua.

"Grazie" replicò lei afferrandola, "lo faccio solo perché oggi ho già attentato alla tua vita una volta."

"Tutto egoismo il mio, non pensare che lo faccia per te."

Questo era il tipico scambio di battute che avrebbe fatto con suo fratello, con il quale era ovviamente molto in confidenza e che non aveva paura di offendere con il suo tono ironico. Le faceva molto strano riuscire a fare lo stesso con Matteo, che conosceva da relativamente poco. Sembrava non solo capace di capire al volo la sua ironia e il suo modo di scherzare, ma anche di risponderle a tono.

Dopo vari minuti di camminata si ritrovarono davanti un laghetto dall'acqua cristallina. Il paesaggio sembrava uscito da uno di quei romanzi che tanto le piaceva leggere e Alice ne rimase ipotizzata.

"Niente male, eh?" commentò Matteo indicando con un gesto tutto il panorama.

"Davvero niente male" gli fece eco lei, con voce trasognata.

Erano spalla a spalla ad osservare il laghetto quando le loro mani si sfiorarono, per poi intrecciarsi l'una con l'altra. Rimasero così per qualche istante, finché Matteo non la trascinò in direzione dell'acqua. Arrivati sulla riva, lui si tolse le scarpe, mise i piedi a mollo e la incoraggiò a fare lo stesso. Si trovarono così, entrambi immersi nell'acqua fredda fino alle ginocchia, a schizzarsi addosso come fossero due bambini. Tutto quello che si riusciva a sentire erano le loro risate e i loro urletti, che si mescolavano allo scorrere dell'acqua.

Una volta completamente fradici si sedettero sulla riva ad asciugarsi, godendosi il caldo del sole pomeridiano sulla pelle.

"Grazie" disse Alice allegra.

"E di cosa?"

"Di aver interrotto il mio pomeriggio di studio... e di avermi portato in quest'avventura... e di aver condiviso questo posto con me..."

"Non c'è di ché" rispose lui, per poi colpirle amorevolmente il naso con la punta del dito. Lei arricciò il naso e lo guardò con un finto sguardo arrabbiato.

"Sei così carina quando fai quella faccia. Sembri un cucciolo arrabbiato!"

"Guarda che se voglio mordo anche" fece lei fingendo di dargli un morso alla mano. Lui la tirò indietro facendo finta che lei gli avesse fatto male e poi la appoggiò per terra oltre a lei, quasi a circondarla.

"Posso fare una cosa?" le chiese, ormai solo a un paio di centimetri dal suo volto.

"Cosa?" domandò lei, anche se ormai sapeva già a cosa lui stesse pensando.

Matteo si sporse ancora più avanti, colmando il vuoto che li separava. Alice sentì il suo respiro sul suo volto: era caldo e leggermente affannato. Forse anche lui provava lo stesso nervosismo che sembrava aver preso ogni centimetro del suo corpo. Le loro labbra si incontrarono e questa volta Alice non ebbe nessun dubbio e ricambiò immediatamente il bacio. L'elettricità che si scatenò da quel momento fu qualcosa di magico: il mondo attorno sembrò scomparire per un attimo e tutto quello che rimase erano i loro corpi avvinghiati sulla riva del lago. Le mani di Matteo le accarezzarono prima il volto, poi le spalle ed in fine si posarono sui suoi fianchi. La spinse indietro, facendole adagiare la schiena sull'erba e si trovarono così distesi l'uno sull'altra con soli pochi centimetri a separarli. Erano talmente vicine che ad Alice sembrò di sentire il battito dei loro cuori agitati risuonare all'unisono. In quella posizione, si allontanarono un attimo l'uno dall'altra e finirono per guardarsi negli occhi. Quello sguardo parlava più di mille parole: riassumeva tutta la bellezza della giornata appena trascorsa e del legame che si era venuto a creare. Matteo le diede un ultimo bacio leggero sulle labbra, per poi rotolare sulla schiena e stendersi accanto a lei. Rimasero così per un po', parlando delle cose che gli piacevano e di dove avrebbero voluto viaggiare se solo ne avessero avuto la possibilità. 

Quando si furono ormai fatte le sei di sera, raccolsero le loro cose e si avviarono verso casa. L'imbarazzo del viaggio d'andata era completamente scomparso e al suo posto si percepiva una grande tenerezza. Alice gli afferrò immediatamente la vita con le braccia e stringendosi a lui chiuse gli occhi pronta a partire. 

Una Principessa (o quasi) Donde viven las historias. Descúbrelo ahora