IV.

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Era in piedi di fianco all'entrata del bar da ormai dieci minuti e di Matteo neanche l'ombra. Ok, forse lo aveva preso troppo alla lettera quando le aveva scritto tra trenta minuti; o forse era semplicemente rimasto bloccato nel traffico; o forse era stata lei a capire male il loro punto di ritrovo e lui la stava aspettando da tutt'altra parte. Questi e molti altri erano i pensieri che cominciavano ad affollarsi nella testa di Alice mentre aspettava che il suo Cenerentolo (così come lo aveva definito Sofia) si palesasse. "Gli do ancora un quarto d'ora al massimo e poi me ne vado" pensò convinta, "non rimarrò qui come una scema ad aspettare tutta la mattina. È a lui che interessa riavere il suo portafoglio, mica a me!"; con questa risoluzione in mente si mise a scorrere un'altra volta tra i vari post di Instagram tanto per passare il tempo.

"Hey! Scusa per il ritardo ma avevo perso la cognizione del tempo!" si sentì dire da una voce che veniva dalla sua destra.

Era pronta a dirgliene quattro, era pronta a farsi valere e pretendere una scusa migliore di quella, ma quando alzò lo sguardo dal telefono e se lo trovò a un palmo di naso tutte le buone intenzioni svanirono. Aveva i capelli tutti spettinati dalla corsa fatta in bicicletta e le gocce di sudore che gli scendevano lungo la fronte; e, come se questo non fosse bastato, la stava guardando con lo stesso sguardo di quando l'aveva urtata per sbaglio la sera prima. Non riusciva a capire perché ma i suoi occhi erano talmente espressivi, e quel mezzo sorriso imbarazzato talmente tenero, che non le sembrava possibile arrabbiarsi con lui.

"È molto che aspetti?" indagò Matteo con fare leggermente preoccupato.

"No, non molto" mentì lei.

"No, non molto... Aspetta solo da più di venti minuti" rimproverò una voce alle loro spalle. La voce apparteneva alla cameriera del bar, una ragazza poco più grande di Alice che probabilmente si era immedesimata nella sfortunata. "Se io fossi in te mi farei offrire altro che un cafè" continuò rivolgendosi direttamente ad Alice.

Il volto di Alice diventò paonazzo per l'imbarazzo, ma non più di quello di Matteo. Il poverino non sapeva davvero più da che parte farsi e per un secondo sembrò volersi sotterrare; fu però velocissimo a riprendersi, quasi da non dare ad Alice neanche il tempo di rendersene conto, e con fare spigliato la invitò a sedersi. Una volta data un'occhiata al menù, più per abitudine che altro, ordinarono un caffè lei e un macchiato lui.

"Scusa ancora per il ritardo. Non volevo farti aspettare ma stavo aiutando mio fratello con un lavoretto e ci siamo persi" si scusò nuovamente passandosi una mano tra i capelli.

"No, davvero, non è stato un problema così grande. Sono io che sono sempre troppo puntuale".

Questa era un'altra delle brutte abitudini di Alice: prendere su di sé anche le colpe degli altri in modo da non farli sentire a disagio o troppo dispiaciuti. Non che fosse un male che si preoccupasse tanto per gli altri, ma così facendo tendeva a sminuire sé stessa.

"Comunque, cambiando discorso, ecco il tuo portafoglio" e con un gesto della mano lo sfilò dalla propria borsa e lo appoggiò direttamente sul tavolo.

"Grande" la ringraziò lui e allungò la mano per prenderlo, facendo così sfiorare le loro dita. Come era accaduto la sera precedente, si scambiarono uno sguardo che sembrò voler dire più di quanto loro non riuscivano a fare. E esattamente come la sera precedente, furono interrotti, in questo caso però dalla cameriera con la loro ordinazione.

"Vuoi zucchero di canna o normale, cara?" domandò cortesemente.

"Nessuno dei due, grazie"

"Per me normale, grazie" saltò su Matteo senza aspettare che lo chiedesse anche a lui.

La cameriera glielo consegnò sgarbatamente e tornò a servire gli altri tavoli.

"Non ti facevo una tipa da caffè amaro" affermò Matteo con aria stupita.

"Ah, no?" gli ribatté subito Alice, "e che tipa avrei dovuto essere secondo te? Sentiamo".

"Beh, ti immaginavo da una bustina di zucchero almeno, se non anche due" ridacchiò.

"Da diabete insomma" sorrise lei.

"Per ora di te so che ami le serate Netflix e il caffè nero... Qualcos'altro che dovrei sapere?"

"Sono all'ultimo anno di ragioneria e l'anno prossimo conto di andare all'università" cominciò Alice, "cioè, mi piacerebbe andarci ma..."

"Quindi sei ancora alle superiori!" la interruppe Matteo, "guardandoti non ero riuscito a darti un'età specifica. Subito avevo pensato avessi qualcosa come quindici anni ma poi mi sono detto che era impossibile".

Non aveva detto nulla di male di per sé, ma quelle parole la ferirono un po'. Va bene che non si truccava tanto quanto le sue coetanee e non si atteggiava come facevano molte più piccole di lei, ma sentirsi dare della ragazzina ora che si considerava grande non le piaceva affatto. Tentò comunque di mascherarlo, cosciente che lui non potesse sapere che stava colpendo un nervo scoperto, e provò a cambiare discorso.

"Tu invece giochi a calcio, bevi birra e frequenti l'università. Altro?"

"Beh, sono un fan delle moto e al momento ne sto mettendo a posto una con mio fratello. A te piacciono?"

"Veramente mi fanno un po' paura. Però non ci sono mai salita su, quindi ho ancora tempo per cambiare idea"

"Allora bisognerà che ti porti a fare un giro con me in collina uno di questi giorni!"

"Mi piacerebbe un sacco. Poi mi piace un sacco fotografare la natura"

E così andarono avanti a parlare delle loro passioni e di ciò che avrebbero voluto fare quell'estate. Il tempo sembrava volare e al tempo stesso non passare mai. Fosse stato per Alice sarebbe rimasta seduta in quel bar per sempre, ma una voce dall'altoparlante richiamò entrambi alla realtà.

Il treno regionale 17544 di Trenitalia proveniente da Rimini e diretto a Bologna Centrale delle ore 12.12 è in arrivo al binario 2. Attenzione! Allontanarsi dalla riga gialla. Ferma in tutte le stazioni.

"È il mio. Devo andare" disse alzandosi e avviandosi verso la cassa per pagare, "è stato un piacere vederti di nuovo Alice".

"Mi sono divertita" fece lei, accompagnandolo verso il binario.

"Sì, anche io. Spero ci sarà occasione in futuro di ripetere" concordò lui mentre il treno si fermava.

Le porte si spalancarono e lui salì. Poco prima che si richiudessero e il treno partisse soggiunse "Ti scrivo io" e poi pronunciò un saluto inudibile a causa del fischio del capotreno.

Alice ricambiò il saluto e lo guardò allontanarsi, finché il treno non scomparve e allora prese su e cominciò a camminare verso casa.

Sapeva che le sue amiche aspettavano sue notizie, ma in quel momento non riusciva a convincersi a chiamarle. Non che non volesse condividere con loro quanto le era appena successo. Se avesse voluto parlare con qualcuno loro sarebbero sicuramente state in cima alla lista, però non riusciva ancora a razionalizzare quanto le era appena accaduto. Per quanto nelle sue fantasie potessero accadere le cose più disparate, nella realtà aveva bisogno di avere il controllo, se non su tutto ciò che le accadeva, almeno sulle cose che reputava importanti. Quell'oretta passata con Matteo le era sembrata magica, ma ora che ripensava alla situazione continuava chiedersi se non avesse idealizzato troppo il momento. Matteo era stato sicuramente gentile e simpatico, ma aveva davvero mostrato un interesse nei suoi confronti o si era comportato come avrebbe fatto con qualunque amico? No, non poteva essersi immaginata tutto. Doveva solo smettere di farsi delle pare mentali e prepararsi ad aspettare che lui si facesse vivo di nuovo. Decise quindi di smetterla di preoccuparsi ed avviarsi verso casa, dove suo fratello la aspettava per la loro maratona del Trono di Spade. 

Una Principessa (o quasi) Where stories live. Discover now