38 - Logan

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Dopo una bellissima notte di rilassante sonno, mi sveglio di prima mattina e mi preparo con molta cura per andare a casa di Davis, ho le migliori intenzioni e non accetterò un 'no' come risposta, voglio almeno provare a farle capire cosa mi passa per la testa.

Esco di casa e sfreccio a tutta velocità verso la mia destinazione, voglio porre fine il più presto possibile all'estenuante attesa dato che il cuore mi batte a mille e sto morendo d'ansia per quello che mi aspetta.

Parcheggio vicino alla sua abitazione ed entro nel vialetto di essa, la mia mente ritorna a quando facevo questa strada tutti i giorni per cercare la ragazza che mi ha stregato, non avevo ancora capito di provare qualcosa ma già mi preoccupavo molto per lei.

Suono il campanello e dall'interno sento la sua voce urlare "Non so chi tu sia ma non è proprio il momento" non capisco cos'abbia di così importamte da fare, decido che devo suonare di nuovo e così faccio.

"Ho detto che sono occupa-" sbraita aprendo la porta ma smette di farlo non appena mi vede per poi richiudere con violenza l'uscio.

"Ti prego apri" batto forte i pugni sul legno bianco di cui è fatta la soglia dell'abitazione.
"Se sei arrabbiata per quello che ti ho detto ieri, sappi che sono venuto per scusarmi" sembro un deficiente ad urlare così davanti a una porta chiusa, non mi aspettavo di certo un trattamento del genere, in più voglio capire perché non mi fa entrare.

"Quello che hai detto a me ieri sera non è niente in confronto a quello che hai fatto dopo" dice dopo aver socchiuso la soglia di casa e intravedo all'interno Samuel Bennet,seduto sul divano, con la testa china, di cosa sta parlando Davis?

"Che avrei fatto?" le chiedo confuso, dopo quella scenata sono subito corso a casa e non è successo nient'altro.

"Non far finta di non saperlo" cerca di richiudere la porta ma la riesco a fermare con il braccio essendo più forte della ragazza di fronte a me.

"Brooke, io non ho veramente idea di ciò a cui ti stai riferendo" apre completamente la porta e incroocia le braccia, i suoi connotati si fanno sempre più seri ed arrabbiati, ammetto che inizio ad avere un'insensata paura.

"Non fare il finto tonto, hai fatto outing per Samuel, adesso i tuoi adorati compagni di squadra lo stanno prendendo in giro in tutti modi. Non ti vergogni a vernire qui dopo tutto questo?" rimango a bocca aperta, non mi è neanche mai venuto in mente di dirlo in giro.

"No, non mi vergogno perché non sono stato io" cerco di difendermi ma lei sbuffa.

"Eravamo in quattro a saperlo, noi" indica prima me poi lei. "Samuel e il suo ragazzo, facendo un basilare calcolo sei stato per forza tu" mi continua ad attaccare, come faccio a farle capire che non è colpa mia quello che sta passando il suo adorato amichetto?

"Senti, so cosa sembra ma ti giuro su qualsiasi cosa che io non sono stato" ormai sono totalmente disperato, non ho prove della mia innocenza ma ho intenzione di dimostrarle che si sbaglia ad accusarmi così.

"Certo, come no. Adesso sparisci se non vuoi che ti spacchi un vaso in testa" sempre più dura inizia a minacciarmi e decido che è meglio fare un passo indietro, proprio come mi ha consigliato Adelita, devo lasciarla sbollire prima di continuare ad insistere.

"Ti dimostrerò che non sono stato io" dico prima di iniziare ad allontanarmi. Torno in auto ma non metto in moto, decido di aspettare e vedere cosa farà durante la giornata mentre continuo a fumare senza sosta, d'altronde sono sempre stato una testa calda che non accetta di perdere.

Dopo un ora entrambi escono di casa, Bennet va a alla sua auto sportiva ma la mia attenzione è tutta su Davis, che, dopo averlo salutato con un affettuoso abbraccio, entra nel piccolo veicolo di sua proprietà.

La seguo fino a quando ci troviamo di fronte a una casa di riposo nella quale entra mentre la scruto da lontanto. Smette di camminare quando è ancora nell'atrio e si volta verso di me beccandomi nel pieno del mio stalking.

"Si può sapere per quale contorta ragione mi stai seguendo? Razza di psicopatico" si avvicina a me incrociando le braccia al petto.

"Forse perché ero venuto a casa tua con le migliori intenzioni e tu mi hai trattato di merda" sputo acido totalmente senza pensare.

"Ti sei comportato da stronzo, te lo sei meritato un trattamento del genere" continua ad accusarmi ad alta voce. "Ti sei comportato da stronzo proprio quando mi son resa conto di non poter cambiare l'opinione che ho di te" abbassa lo sguardo e la voce come se le costasse molto ammetterlo.

"Cosa intendi dire?" chiedo diminuendo anch'io il tono della mia domanda.

"Non lo so in più sono stanca di essere trattata male da te" il suo tono è disperato e lo sguardo continua a vagare per evitare il mio. "Ci rimango insensatamente male" ripenso a tutti i modi in cui l'ho ferita e mi sento sempre più un bastardo.

"Ci rimani male perché ci tieni a me?" chiedo dopo aver dato lo spazio necessario alla mia immaginazione per pensare a un mondo in cui sia lei quella dei due che soffre per non essere ricambiata e io quello che, invece, se ne frega.

"Insomma spero di no" ridacchia ansiosamente mentre gesticola in modo goffo.

"Cretino io che speravo il contrario" il suo sguardo sta ancora evitando il mio ma prendo tra le dita una sua ciocca di capelli per giocherellarci, il suo respiro si fa più pesante.

"Trova il modo di farti perdonare" dice guardandomi negli occhi per poi entrare nella casa di riposo.

Rimango a fissare la sua minuta figura allontanarsi verso il centro della struttura fino a sparire completamente dalla mia vista.

Se per davvero vuoi perdonarmi, Brooke, ti giuro che lo troverò un modo.

Dal momento in cui ci siamo sfioratiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora