56. This is your last warning, a courtesy call

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Il suo animo era inquieto, e altrettanto agitato Harry vagava con le mani in tasca in direzione di Eleanor Cross.
A Londra faceva molto freddo, e lo avrebbe fatto ancora per molto.
Rimase in attesa, ad osservare l'acqua scivolare all'interno degli argini del fiume. Sembrava scorrere talmente lento da essere praticamente fermo, ma era un effetto ottico: in realtà fluiva veloce, esattamente come la sua vita e come il tempo che stava sprecando lontano da lei.

Sapeva perfettamente che era una valanga di tempo buttato, e che sarebbe tornato disciolto, a ondate di rimpianto. Ma avevano entrambi delle questioni da sistemare e le circostanze gli imponevano di farlo da soli.

Ad un tratto, il telefono vibrò. Una telefonata urbana illuminò lo schermo del suo cellulare e lui lo osservò come se già sapesse chi fosse il mittente della chiamata.

«Ciao Jeff. Com'è andata?»
Tentò di mascherare la sua agitazione e di fingersi sereno e amichevole, ma il fatto che Jeff lo chiamasse a quell'ora e lo immaginasse sveglio gli fece supporre che non avrebbe avuto bisogno di sforzarsi più di tanto.
Perché il suo migliore amico sapeva bene che non riusciva più a dormire come prima.

«Tutto a posto.»
Non lo disse con un tono generico, ma più con quello deciso di qualcuno che si riferiva a qualcosa di specifico.

«Cosa ti hanno detto?»
Jeff sembrava euforico, come se non vedesse l'ora di ricevere quella domanda.
«Che lo incastriamo.» Lo annunciò con un gusto sottile, come se assaporasse quelle parole e se ne stesse sfamando.

«È praticamente certo, Harry, lo abbiamo in pugno.»
Jeffrey buttò fuori dell'aria dalla bocca, e quel rumore fece comprendere ad Harry che stava fumando una sigaretta, perché nonostante l'evidente entusiasmo doveva essere agitato anche lui.

«Spero tu abbia fatto la cosa giusta, ad andare alla polizia.»
«Ho fatto quello che andava fatto. Non possono certo passarla liscia.»
«E Jayden?»
«Ti ho già detto dove si trova. Non vuole assolutamente che si sappia.»

Harry si trovò totalmente d'accordo.
«È meglio che resti nascosto, per un po'.»

Un'altra boccata di sigaretta glielo fece sembrare molto più vicino di quanto non fosse, come se lo avesse lì accanto, a osservare il fiume che abbracciava inevitabilmente il suo corso.
«Non avevi promesso di consegnarglielo?»
«Io non scendo a patti con i criminali, e nemmeno tradisco gli amici.»

Jeffrey non rispose, ma Harry sapeva che la pensava esattamente come lui.
Fu una telefonata breve, ma divenne ardua da sostenere quando Jeff decise di spostare l'argomento su di lei.
«Estelle?»
«Mi ha detto Ivonne che sta bene.»

«E tu come stai?»
«Come uno che cerca di respirare e continua a imbarcare acqua nei polmoni.»

Jeffrey sospirò ancora, perché quella descrizione rendeva bene l'idea.
Ma ci sarebbero riusciti, lui ne era certo, aveva lavorato tanto per convincerlo, sapeva che sarebbe andato tutto bene. Glielo avevano garantito anche gli agenti, quando era andato a consegnare l'audio alla polizia di Los Angeles, e il caso era stato trasferito alla giurisdizione inglese.
Non sapeva se quello avrebbe potuto davvero sistemare le cose tra loro due, ma sicuramente gli avrebbe permesso di scrollarsi quell'ombra invisibile dalle spalle.

Eppure, una sensazione angosciosa correva nell'etere, lungo la linea invisibile che collegava le loro voci.
Una qualche tensione si percepiva nell'aria e loro non avrebbero saputo meglio definirla.
«Devo rinforzare la sicurezza.»
Annunciò Harry, come se riflettesse ad alta voce.
«Ancora?»
«Sì. Domani farò venire qualcuno.»

«Ma loro non sanno cosa abbiamo in mano.»
«No, ma è meglio non rischiare, con certi personaggi.»
Un altro scambio di battute rapido, quasi fulmineo, e poi si diedero la buonanotte.
Harry pensò che Grethel stava già probabilmente dormendo, oppure stava aspettando che Jeffrey la raggiungesse nel loro letto.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora