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Por september199six

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ยซLo faccio perchรฉ io ero come loro.ยป Cover / logaphile Trailer / @-Niaas : https://www.youtube.com/w... Mais

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epilogue
ANNUNCIO

twentytwo

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Por september199six

[Chasing cars — Sleeping At Last]

Perché, quasi tutte le volte, rispondere con un semplice ma deciso no risulta essere così difficile? Perché non potremmo semplicemente essere fermamente convinti di ciò che pensiamo, ed essere sicuri di noi stessi?

Ho sempre cercato risposte, ma non ci sono mai riuscita. Forse è soltanto perchè ci importa degli altri; perché ce ne curiamo fin troppo, anche quando l'interesse dall'altro lato non sembra raggiungere il nostro. Come se non bastassimo mai.

C'è a chi non importa, e sembra quasi che la parola «no» sia intrinseca dentro di loro. Una parola così casuale, eppure ripetuta continuamente, costantemente e senza il minimo senso di colpa.

Ecco cos'è un no. È come una costante. Una costante a cui puoi decidere di sottrarti, che puoi decidere di deviare. Dipende tutto da te. E qualche volta vorrei riuscire a dire no anch'io. Ma, forse, semplicemente non posso, perchè non sarei io.

Non si tratta di non riuscire ad imporre se stessi, o di essere deboli. Anche se debole è esattamente il modo in cui mi sento in questo momento.

«Ti prego, Ariel. Harry ci tiene così tanto» ripete Tara per l'ennesima volta.

È sabato e questa sarà la sera in cui Harry suonerà in clinica per i bambini che trascorreranno il Natale lì. Zayn ci aveva già anticipato che non ci sarebbe stato, e, anche se non ne ero sicura, avevo deciso di andarci ugualmente, e l'avrei fatto insieme a Tara. Ma adesso siamo insieme a casa mia, e mi sta chiedendo di andarci senza di lei, perché non potrà esserci. Non ha voluto rivelarmi i motivi, non è scesa nei particolari, ma riesco a vedere che è realmente dispiaciuta.

«Non lo so, Tara» le rispondo, guardandola mentre prende posto accanto a me sul mio letto.

Sospira. «Ho bisogno di dirti una cosa.»

Sollevo lo sguardo ritrovando i suoi occhi blu a guardarmi quasi come se volessero prepararmi a quello che sta per dire. Non aggiungo altro; aspetto che sia lei a continuare.

«Cercherò di farlo velocemente, quindi preferirei che non mi interrompessi.» Mi limito ad annuirle, così come mi ha chiesto. Solo che poi, continuando ad osservarla, me ne rendo conto. È tesa, e prova a sostenere il mio sguardo pur palesemente non riuscendoci.

Lei sa.

E a confermarlo sono le sue parole. «Ariel, tu sei una persona meravigliosa, sul serio, e mi trovo davvero bene con te. Ma sto davvero bene anche con Harry.»

Schiudo le labbra per dire qualcosa, ma con un cenno mi chiede di non farlo, di aspettare che finisca.

«Lui è tutto per me, e non so cosa farei se non ci fosse. Stiamo insieme da tanto tempo, e sono sempre stata sicura della nostra relazione.» Riporta lo sguardo che precedentemente aveva spostato su di me, e riesco a percepire tutto lo sforzo, la tristezza e la malinconia nel suo tono.

«Tara, io...» tento ancora, ma lei mi ferma prontamente.

«Io non sto affermando nulla, Ariel. Tu sei una mia amica e io mi fido di te. Amo Harry, e so che lui, in qualche modo, prova lo stesso nei miei confronti» conclude, lasciandomi con un peso sulle spalle che sembra diventare più intenso secondo dopo secondo.

«Puoi fidarti di me, Tara» le assicuro, cercando di scrollarmi di dosso il senso di colpa con la promessa che qualsiasi cosa ci sia tra me e Harry dovrà cessare d'esistere, d'ora in poi. Perché, vedendo Tara in questo modo, la mia unica amica qui a Nottingham, con gli occhi blu velati dalle lacrime e la voce piena di insicurezze che credevo non potessero mai albergare in lei, mi porta alla conferma che qualsiasi cosa io provi per Harry, deve essere repressa.

Abbiamo tradito la sua fiducia una volta, ma non accadrà ancora. Ho avuto la mia dose, quella che desideravo sin dal primo istante in cui l'ho visto, e anche se conoscerlo ha soltanto portato a volerne di più, non posso fare in modo che possa averne ancora. È un'infatuazione, un platonico sentimento che sembra legarci. Ma è, e resterà, soltanto un'utopia.

«Lo so, Ariel» mi assicura, prendendo le mie mani nelle sue. «È per questo che voglio che tu vada questa sera.»

Non sono completamente sicura delle intenzioni che avesse Tara, ma due ore più tardi la nostra conversazione sono su un autobus diretto alla clinica.

Dovrebbe esserci anche mio padre, e prima di andare da Harry forse sarebbe meglio cercare lui.

Non so a che ora inizi a suonare — probabilmente lo starà già facendo — ma non so se sono pronta a vedere Harry. Non so se sono pronta a farlo perché non so cosa potrei provare quando il suo sguardo intercetterà il mio, quando la sua voce pronuncerà il mio nome o quando le sue dita accarezzeranno i tasti del pianoforte. E avere la consapevolezza che Tara abbia dei dubbi sui sentimenti di Harry dovrebbe farmi sentire  tremendamente in colpa.

Continuo a percorrere i lunghi e bianchi corridoi della clinica alla ricerca di mio padre. Mi ha accennato anche lui al fatto che Harry sarebbe stato qui stasera, e anche lui ha cercato più volte di persuadermi per venire. Quando Tara è venuta prima a parlarmi lui era già qui, quindi non credo sappia che alla fine ho ceduto.

Chiedo informazione a qualcuno su dove possa trovarsi, e, a quanto pare, è impegnato con un paziente e mi raggiungerà in pediatria appena potrà spostarsi. Così, esitante e confusa, indecisa e quasi spaventata raggiungo il reparto dove l'ultima volta sono stata insieme a Harry e a quei bambini.

Riesco già ad intravedere alcuni gruppi di persone appostati intorno e dentro la sala ancora prima di raggiungerla. Mi avvicino ancora, e quando le note di una familiare melodia riecheggiano tra le pareti del corridoio e del mio cuore, sento già i battiti di quest'ultimo accelerare.

Arrivo in sala e posso giurare che il mio corpo abbia recuperato quella forza che fino ad ora non credevo di poter avere. Al centro un pianoforte domina la scena insieme a Harry e alle sue mani che si muovono veloci sui tasti. Intorno a lui e allo strumento i bambini del reparto sono seduti a gambe incrociate e lo guardano e ascoltano incantati, senza riuscire a distrarsi neanche per un momento. Infermieri e medici osservano la scena insieme a quelli che credo siano i parenti di quei bambini.

Harry ha lo sguardo rivolto verso il basso; non perde la concentrazione e non mi permette di osservare il suo volto.

Indossa un maglione grigio di cui ha arrotolato le maniche fino a poco più sopra i polsi, lasciando intravedere alcuni dei suoi tatuaggi. I pantaloni neri gli fasciano le lunghe gambe, fino ad arrivare agli stivaletti alla caviglia che porta abitualmente.

Alza poi il suo sguardo nel momento in cui cambia il ritmo della musica, rendendolo più movimentato. Un sorriso si apre sulle sue labbra mostrando le fossette incise ai lati della bocca, quando i bambini sembrano cogliere il suo messaggio e iniziano a cantare.

Tutta la scena è concentrata su di lui e sulle voci dei bambini, sull'attenzione che ogni persona presente nella stanza non può fare a meno di dare loro. È come se riuscisse a riempire ogni spazio, ogni vuoto; sua voce accompagna quella dei bambini, che entusiasti continuano a cantare le parole della canzone. È in questo momento che tutto ciò che vorrei è dimenticare ogni cosa e poter restare ad ascoltarlo per sempre.

Sposto il mio sguardo sui bambini seduti in cerchio intorno a lui: riconosco subito Andrew, che con un sorriso sulle labbra sembra non riuscire a distogliere i suoi occhi blu dal ragazzo seduto dietro quel pianoforte.

Improvvisamente, però, sentendosi osservato si volta nella mia direzione. Sono tra la folla di genitori e medici, eppure è riuscito a trovarmi ugualmente.
Solleva la sua piccola mano e la agita per salutarmi. Il mio sorriso cresce mentre ricambio il suo gesto.

Quando riporto lo sguardo su Harry mi accorgo che anche lui mi aveva già trovata. La curva delle sue labbra è piena, e i suoi occhi sono esattamente come li ricordavo. È incredibile quanto possa essere bella una persona. È quasi surreale quanto lui possa essere talmente bello.

E non lo è soltanto al di fuori. Non sono solo i suoi occhi o il taglio della mascella; perché dietro quel sorriso che trova sempre posto sulle sue labbra perfette, i capelli ricci e sempre disordinati, le sue mani — le sue bellissime mani — c'è anche altro. È la sua mente, la sua gentilezza e la delicatezza con cui riesce a porsi in qualsiasi situazione. È il ragazzo che si occupa di quei bambini come sono sicura nessun altro riuscirebbe, conquistando la loro fiducia in pochi attimi semplicemente mostrandosi per quello che è.

Persa a guardarlo, mi rendo conto che la canzone sia finita soltanto grazie al battito della mani delle persone che circondano la sala, mostrando la loro gratitudine verso quel ragazzo di soli vent'anni dall'anima così pura, capace di rendere migliori e meno dolorose le giornate dei loro bambini.

Mi unisco alle persone che sono nella sala iniziando a battere le mie mani e continuando a guardare Harry. Mi sento come quei bambini: come se non riuscissi a distogliere il mio sguardo e la mia attenzione da lui.

«Ciao.» Sono costretta a deviare la mia attenzione su quella piccola e sottile voce.

Abbasso lo sguardo su Andrew che in questo momento è davanti a me. «Ciao, Andrew.»

«Non sei più venuta» dice, strofinando il palmo della sua mano su una delle sue guance, lievemente arrossate.

Non credevo si ricordasse di me, eppure mi sbagliavo. E adesso mi dispiace incredibilmente per non essere stata più presente per questi bambini, anche se non ero tenuta a farlo. Perchè, adesso che me lo sta facendo notare, ricordo che qualche giorno più tardi quello in cui scoprii l'identità del volontario, Harry mi aveva riferito che alcuni di loro avevano chiesto di me.

«Ti prometto che passerò più spesso allora, va bene?» gli domando, e lui mi mostra un dolce e sincero sorriso.

Mi prende poi la mano, trascinandomi insieme a lui. Capisco le sue intenzioni quando ormai è troppo tardi per tirarsi indietro. Mi guardo intorno e noto che molti dei genitori hanno raggiunto i propri bambini.

Andrew tiene ancora la mia mano quando siamo ormai accanto al piano dove Harry sta sistemando alcuni degli spartiti.

«Haaarry!» lo chiama il bambino dai capelli biondi cantilenando, facendolo voltare nella nostra direzione.

«Ariel Green.» I suoi occhi incontrano i miei e ogni certezza che credevo di avere crolla completamente, quando pronuncia il mio nome nel modo in cui lui sembra il solo a riuscire a farlo.

«Harry» sussurro.

«Sei venuta» continua, come se ne fosse sorpreso.

«Mio padre sa essere davvero persuasivo.» Mento. Soltanto un pochino.

Non so se parlargli di Tara e del fatto che questo pomeriggio sia venuta a casa mia e che mi abbia praticamente confermato di essere a conoscenza di quello che c'è — qualsiasi cosa sia — tra me e lui.

«Ed io che credevo fossi venuto per me» ironizza, lasciando scorrere una mano tra i suoi capelli.

Beh, mentirei a me stessa se lo negassi. Eppure ho bisogno di farlo. Ho un disperato bisogno di farlo. Per me, per lui. Per Tara, e per Zayn.

Andrew tira leggermente la mia mano attirando la mia attenzione. Quando la ottiene, fa la stessa cosa con Harry prendendo la sua.

«La prossima volta può venire anche Ariel?» domanda, facendo scontrare il blu intenso dei suoi occhi con il verde di quelli di Harry.

«Dove?» mi intrometto quando Harry guarda me.

«Circa una volta al mese ho il permesso di portare Andrew fuori» spiega, sollevando il bambino e prendendolo tra le sue braccia. «Potresti venire con noi, qualche volta.»

Questo è esattamente ciò che non sarebbe dovuto accadere. Ma, ancora una volta, sono combattuta tra il dire quel e acconsentendo, e imporre i miei principi, ma rifiutando. Forse, però, questa volta è diverso. Solo che quando c'è Harry sembra essere tutto diverso. Adesso si tratta di un bambino, e se c'è lui insieme a noi non potrà succedere nulla che non dovrebbe, giusto?

«Per favore» mormora Andrew, che ha le sue piccole braccia avvolte intorno al collo di Harry; lui lo sorregge con un solo braccio.

Sposto il mio sguardo da lui al bambino e viceversa, prima di sospirare e sorridere.

«Va bene.»

🌹🌹🌹

Andrew 👼🏻

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