[Dangerously — Charlie Puth]
Harry è esattamente qui, ad un singolo passo da me. Sono bloccata nei miei passi e insicura su ciò che dovrei fare, ma in qualche modo è lui a definire la situazione quando incontra distrattamente i miei occhi, già fissi su di lui. Sono come li ricordavo, e come la prima volta mi trasmettono qualcosa che non riesco ancora a riconoscere. Eppure so che è qualcosa che non provavo da tempo; è qualcosa che si avvicina alla speranza, alla voglia di ricominciare. Brillano come se fossero stati segnati indelebilmente. È bello, e lo è in una maniera che non mi permette di restare indifferente a lui.
Continua a guardarmi come se stesse cercando qualcosa in me, poi se ne rende conto. Si passa una mano tra i capelli, la lascia cadere al suo fianco prima di voltarsi completamente e venire verso di me.
«Ci siamo già incontrati?» mi domanda, la voce bassa e leggermente roca.
Muovo piano la testa, annuendo. «In aeroporto, qualche giorno fa.»
Il suo volto cambia e con esso la sua espressione; sorride ampiamente. «Sei Ariel, vero?»
«Sì, sono io» dico, ricambiando il sorriso.
Ci fissiamo per qualche istante insicuri da dove partire, ma alla fine è sempre lui a cominciare. «Studi in questa scuola?»
«Sì, è il mio primo giorno.»
«Da dov'è che vieni, Ariel?»
«Green. Sono del Maine.»
Harry ha sempre quel sorriso accennato sulle labbra. «Perché venire a Nottingham?»
Abbasso lo sguardo e lo distolgo dal suo, ripensando alla realtà e al motivo del trasferimento. Prima c'è stato Stephan, e adesso lui. È in questo momento che capisco di tornare costantemente al punto di partenza.
«Ehi, non devi per forza» mi assicura in un sussurro e con una premura che mi rende difficile sostenere il suo sguardo. Non mi aspettavo che potesse capire.
Scrollo le spalle, passandomi una mano tra i capelli. «Mi dispiace, ma è ancora troppo presto.»
Lui annuisce, e una piccola fossetta gli si forma ai lati delle labbra mentre sorride. «Non ti preoccupare.»
«Tu invece, come mai sei qui?» gli domando io, cercando di spostare l'attenzione su di lui.
«Sono venuto a prendere la mia ragazza» risponde guardandosi intorno, e io avrei dovuto immaginare che non è qui perché frequenta la scuola. Nonostante tutto, però, una leggera sensazione di delusione mi attanaglia lo stomaco per qualche secondo.
Sfila il cellulare dalla tasca posteriore dei pantaloni e poi torna a guardare me. «Adesso devo andare.»
«Certo» dico, tenendo le dita strette sulla tracolla della borsa.
«Ci vediamo presto, Ariel Green» sussurra piano Harry, rivolgendomi ancora un sorriso prima di darmi le spalle e andare verso l'uscita.
«Ciao, Harry» mormoro quando lui è ormai lontano, pensando alla ragazza che lo aspetta e a cosa si ritrova tra le mani.
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Dopo l'incontro con Harry mi sono allontanata e sono andata verso i bagni più vicini; avevo bisogno di restare da sola per qualche istante, di canalizzare quello che sentivo dentro.
Quando esco perdo l'orientamento, ma ci sono ancora molti ragazzi a coprire i corridoi mentre li percorrono tutti in una sola direzione. Decido di seguire la massa fiduciosa che siano diretti alla mensa, dove Stephan mi ha chiesto di vederci.
Una grande sala si apre nella parte sinistra della scuola, dove decine di tavoli rotondi riempiono la stanza. La maggior parte di essi è già abbondantemente occupata, così cerco Stephan sperando che sia già arrivato. Continuo a guardarmi intorno, ma senza riuscire a trovarlo. Mi getto a capofitto tra la folla non appena scorgo un tavolo libero e mi siedo aspettando il suo arrivo, poi recupero il cellulare dalla borsa per affrontare l'attesa.
Mentre scorro alcune delle foto che Jasmine mi ha mandato di lei e Liam a scuola, qualcuno si siede al mio fianco facendomi sobbalzare.
«Mi hai spaventata» mi porto una mano sul petto, mentre Stephan non riesce a nascondere una risata.
«Scusami, non era mia intenzione.» Io scuoto la testa e sorrido, mettendo da parte il cellulare.
«Hai conosciuto qualcuno?»
Annuisco, ricordando la ragazza di prima. «Una ragazza a cui ho domandato dove fosse l'aula di Religione. Si chiama Tara, la conosci?»
«Certo, la conosco» dice con un sorriso. «È anche lei dell'ultimo anno. Si chiama Tara Lock.»
«Avete delle lezioni in comune?»
«Non molte» sostiene, e qualcosa nel suo modo di parlare e nell'espressione sul suo volto cambiano. «Io la conosco da tanto, siamo cresciuti insieme.»
Pranziamo continuando a parlare del più e del meno, evitando gli argomenti che per il momento e per me sono off limits.
«Che lezione hai? È l'ultima della giornata.»
Ricontrollo la scheda degli orari prima di rispondergli. «Fisica.»
Stephan accenna un sorriso. «Io adesso ho chimica, ma possiamo andare insieme. Le classi sono vicine.»
Scrollo le spalle e «Va bene» dico, così insieme usciamo dalla mensa e imbocchiamo di nuovo lo stesso corridoio di stamattina. Ci dividiamo quando ormai siamo entrambi davanti alle nostre aule.
La lezione scorre alquanto velocemente, mentre il professore introduce uno degli argomenti che dovrò recuperare, se voglio stare al passo con gli altri. Al termine delle lezioni ho incontrato di nuovo Stephan, che ha insistito per lasciarmi il suo numero.
Prendo la metro a pochi passi dalla Selston e, dopo aver contato le fermate che mi separano dalla mia, posso finalmente sedermi. Sono sopravvissuta.
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Sono distesa sul mio letto con il quaderno di mia madre tra le mani; mio padre è ancora al lavoro. La penna scorre sulla pagina quasi liberamente, come tutte le volte. Mi fermo soltanto per rileggere quello che ho scritto.
Ciao mamma, oggi sono sopravvissuta. Ho creduto più volte che non ce l'avrei fatta, che questo non può essere il mio posto nel mondo, e invece ce l'ho fatta. Qui la gente non si ferma mai. Ti piacerebbe, ne sono sicura. Avrei tanto voluto averti con me questa mattina e allo stesso modo avrei voluto trovarti quando poi sarei tornata. Ho conosciuto un ragazzo che è stato la prima persona ad essere gentile con me quando avevo bisogno di aiuto.
Sento il cuore accelerare quando supero la prima parte e arrivo alla seconda, a questa.
Ho incontrato anche un'altra persona oggi; era Harry, il ragazzo dell'aeroporto. Si è ricordato di me e mi ha guardata come la prima volta. Mi ha guardata e lo ha fatto come se in qualche modo sapesse già tutto.
Era da un po' che non scrivevo, o almeno che non lo facevo rivolgendomi direttamente a lei. È stata lei a regalarmi questo piccolo diario rilegato per permettermi di riempirne le pagine nel modo migliore in cui avrei voluto. Le racconto delle piccole cose, di quello che le direi di persona se potessi. A volte mi aiuta molto, altre scava soltanto ulteriormente in quel solco che nessuno mai potrà colmare.
Mia madre ha sempre creduto in me, senza alcuna riserva e senza se né ma. Lo ha fatto nonostante i miei continui alti e bassi, nonostante il modo in cui spesso mi comportavo e affrontavo la vita. Ha sempre avuto la speranza che io non avevo, quella stessa che alla fine ce l'ha portata via
Dopo la sua morte qualcosa dentro di me si è completamente lacerato, perché nonostante mi costi ammetterlo, avevo perso il mio punto di riferimento. Ho visto le persone andare e venire, tornare agli inizi e poi cominciare a non farlo più. Non nego di aver ricevuto il supporto che sapevo avrei avuto, però non è così semplice come potrebbe sembrare. Ero sola, completamente sola ma in un modo diverso, e nessuno se ne rendeva conto.
Sono stata per tanto tempo convinta di avere al mio fianco una persona sulla quale avrei sempre potuto fare affidamento, quella su cui avrei potuto abbattermi, perché mi avrebbe sempre afferrato prima che toccassi terra. Solo che poi poi mi sono resa conto che la realtà non era quella in cui avevo imparato a credere io. Jake non era colui in cui avrei dovuto riporre così tanta fiducia, ma ero troppo accecata da quello che provavo per lui per rendermi conto di ciò che mi stava facendo. Mi ha consumata dandomi il colpo di grazia soltanto una settimana prima della morte di mia madre.
Il groviglio di pensieri intersecati su Jake viene spezzato dal suono del mio cellulare che lampeggia sul letto al mio fianco. Lo prendo tra le mani e lo sblocco con un sorriso quando mi accorgo che si tratta di un messaggio di Stephan.
Sei libera domani sera, ragazza americana?
Non mi aspettavo una richiesta del genere, né tantomeno mi aspettavo che sarebbe accaduto così presto. Nonostante lo conosca poco e non sia sicura di quello che dovrei fare, gli rispondo.
Cos'hai in mente?
La sua risposta non tarda ad arrivare.
Mi hai detto di aver conosciuto Tara, quindi avevo pensato di andare a mangiare qualcosa insieme a lei e al suo ragazzo.
P.S. Non accetto un no.
Alla fine accetto, e mi ripeto che potrà soltanto farmi bene distrarmi e conoscere meglio Nottingham, aprirle uno spiraglio e vedere cos'ha in serbo per me.
Va bene, ci sto.