Yellow Chat

By Clay985

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Monica, benestante e viziata, è stufa di non avere uno scopo nella vita e accetta di lavorare per Yellow Chat... More

Prologo
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Epilogo

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By Clay985

In un deja-vu in cui le parve di rivivere le stesse emozioni, le stesse paure dell'anno precedente, passarono i due giorni di festa senza nessun accadimento rilevante. Ma in fondo, se il maniaco stava imitando Scoiattolo, ne aveva certamente appreso le tecniche, la cui arma segreta era procurare angoscia, timore e il non sapere cosa sarebbe successo e il quando era forse peggio che sapere di doverlo affrontare a viso aperto.

Ma il ritorno al lavoro non fu così lieto come sperava. Difatti, il Direttore le diede un compito arduo, come lei stessa lo definì. Quel giorno uno stuolo di bambini in gita scolastica avrebbe dovuto visitare l'edificio e Monica era stata scelta (forse per il suo viso asciutto e la parlantina) per fare da guida alla scolaresca. Aveva ovviamente protestato, convinta di non essere in grado di tenere a bada un'orda di pargoli scatenati, ma non c'era stato nulla da fare.

"E qui è dove lavoro io!" affermò Monica verso la fine del tour fermandosi di fronte al proprio ufficio, giurando che nessuno di loro vi sarebbe mai entrato. 

"Ma lavori qui perché sei l'amichetta del capo?" domandò un bambino che poteva avere non più di dieci anni. Monica lo fulminò con lo sguardo, per poi esibirsi in un sorriso forzatissimo.

"No, perché sono intelligente, caro."

"Ma mio padre", aggiunse un altro, "è il capo di un azienda e dice che tutte le sue dipendenti devono girare in minigonna. Perché tu non ce l'hai?".

Monica si voltò e cercò lo sguardo di una collega, seduta alla reception, chiedendole aiuto sottovoce. La donna soffocò una risata appoggiando una mano sulla bocca, poi finse di tornare al lavoro. "Bene bambini, il tour è finito. La vostra maestra vi accompagnerà fuori dall'edificio."

Per fortuna.

"Sei stata brava." le avrebbe detto poco dopo il Direttore, proprio mentre Monica si accingeva a lasciare l'edificio.

"Grazie." commentò lei. "E riuscire a non strangolare nessuno di quei mostriciattoli mi eviterà la galera."

"Non dire così. Sono sicuro che sarai una bravissima mamma."

"Io mamma?! Non sia mai!" commentò, mentre varcava la soglia. Attraversò il parcheggio e respirò l'aria invernale, insolitamente piacevole. Pensa se in questo momento avessi accanto un bambino. Non mi godrei questo momento, perché sarei presa per cercare di non farlo piangere o distruggere tutto ciò che trova lungo la strada. Forse solo una volta nella vita aveva pensato alla possibilità di diventare madre ed era stata una persona a farle desiderare una famiglia allargata. Ma quella persona non c'era più e la fantasia era svanita.

Qualche metro più avanti, il cellulare trillò. Guardò il display e sulla barra delle notifiche comparve l'icona che l'avvertiva dell'arrivo di un messaggio. Da Yellow Chat. Rabbrividì, bloccandosi nel mezzo del marciapiede, non preoccupandosi di intralciare il passaggio. Poi si fece coraggio e l'aprì, spaventata dal possibile contenuto, grazie alle numerose sorprese che aveva ricevuto via internet, che cominciava a odiare con tutta sé stessa.

Apparve una schermata bianca che faceva da sfondo a una gif animata molto colorita, in cui si vedeva uno Scoiattolo gigante (con l'immancabile sciarpa verde), dagli occhi grandi e malvagi e un ghigno spaventoso, che brandiva in mano un coltellaccio con il quale colpiva a ripetizione una ragazza distesa a terra, il cui sangue fluiva copiosa da terra, con un espressione di terrore dipinta sul volto. Quella donna, disegnata alla perfezione, era lei.

Esperto informatico, abile disegnatore. C'era proprio tutto. La gif durava pochi istanti, che si ripetevano a una velocità disarmante, dando l'idea che lo Scoiattolo la stesse accoltellando per un numero di volte incalcolabile, con grande crudeltà. Monica scosse la testa e andò sulla casella dei messaggi, lasciando un breve messaggio. Molto divertente. Poi si avviò verso casa, come se nulla fosse successo.

Come aveva previsto, dopo una manciata di minuti il telefono suonò nuovamente, con la stessa icona di notifica raffigurante lo stesso canarino che dalla camera da letto si era trasferito in soggiorno nel momento in cui i suoi genitori lo avevano scoperto. Monica aveva tagliato corto sostenendo fosse un regalo di Sharon. "Io mi sto divertendo parecchio invece." aveva scritto il maniaco." Non ti piace il mio disegno? Lo trovo molto artistico."

"E' troppo riduttiva." scrisse Monica. "Non si vede il finale della scenetta, quello in cui la ragazza si alza in piedi e prende a calci in culo lo Scoiattolo!".

"Perché vorresti prendermi a calci?".

"Smettila! Tu non sei Scoiattolo Invernale. Lui è morto un anno fa e tu non sei il suo fantasma."

"Non ho mai detto di esserlo."

"Ah no?" protestò lei. "E che cosa avresti detto, allora?".

"Semplice." digitò lo stalker. "Semplicemente che il mito di Scoiattolo Invernale non è morto."

"Quindi sei un suo fan, un follower o come cavolo si dice. Ma la cosa che conta è che sei solo un pallido imitatore!".

"Davvero è quello che pensi?".

"Se hai a che fare in qualche modo con Scoiattolo, dammi una prova."

"Una prova?".

"Si, dimostrami che non sei solo la sua ragazza pom-pon personale."

 Mmm..." scrisse lui, allegando un emoticon pensierosa. "Mi basta ricordarti qualcosa che sappiamo solo noi. Per esempio il lungo bacio in quella casa buia."

Dopo aver letto quelle parole, Monica rischiò di perdere l'equilibrio, fisico e mentale. Non aveva mai raccontato a nessuno del bacio a Scoiattolo, nemmeno a Sharon o a Maria durante le lunghe sedute. L'unica persona che poteva saperlo giaceva tre metri sotto terra e quindi, questo poteva significare solo una cosa; quella notte non erano soli e qualcuno li stava osservando, vicino o lontano che fosse.

"Ora ho capito tutto." scribacchiò Monica. "Tu conosci molto bene Scoiattolo. Non sei lui, il suo complice. Adesso si spiegano molte cose. Come facesse a essere sempre ovunque, a sapere tutto. Eravate in due."

"Se così fosse", digitò lui, "vuol dire che Scoiattolo era un caro amico e io sarei molto arrabbiato per la sua morte."

"Suppongo tu abbia atteso un anno, per terminare il vostro supposto letargo e comparire con l'arrivo dell'inverno. Mi sbaglio forse?".

"No, non ti sbagli."

"E cosa vuoi da me?" domandò Monica.

"Non è ovvio? Vendetta, ovviamente." rispose con semplicità il maniaco. "E arriverà, fidati. Forse non oggi, forse non domani, ma arriverà e sarà terribile."

Dopo aver letto quella minaccia poco velata, Monica ripose il cellulare in borsa, convinta che il pazzo non avrebbe più scritto nulla, appagato dall'ultima frase a chiusura teatrale. Fingendo di non aver paura, riprese a camminare, non disegnando occhiate in ogni punto cardinale, avendo avuto l'impressione che le parole minacciose fossero state accompagnate da una voce proveniente non molto lontano da lei.

Una volta a casa, iniziò a camminare nervosamente per la casa, entrando ora in una stanza ora in un'altra, strisciando le calze contro il pavimento liscio, nella speranza di giungere a una soluzione. Poi, tornata nella propria stanza, guardò dalla finestra, dove l'Agente di turno stava tenendo d'occhio l'ingresso dell'edificio. Pensò che forse avrebbe potuto chiedere a lui; in quel momento, confusa com'era, si sarebbe fidata anche del parere di un perfetto sconosciuto.

Una persona con un minimo di senno, nella sua situazione, avrebbe agito senza pensarci. C'era qualcosa in Monica che la spingeva a fare la cosa giusta, un barlume di coscienza che viveva come un latitante nella sua mente bacata, come la definiva Sharon. Ma un'altra parte di sé, quella codarda, le impediva di seguitare nei suoi propositi, convincendola che fosse meglio ignorare la paura piuttosto che assecondarla.

Poi, c'era dell'altro. Se li avesse chiamati, avrebbe dato loro un gran dispiacere. Si sarebbero convinti che tutto il lavoro svolto in quegli anni fosse stato inutile, almeno in parte, in quanto non avevano colto quel collegamento basilare che avrebbe potuto portare a una svolta alle indagini, ma non era certo colpa loro. Anche se, per quel poco che li conoscevano, si sarebbero assunti ogni responsabilità.

Alla fine, giusto o sbagliato che fosse, fece la sua mossa. Prese il cellulare e la chiamò, sperando che rispondesse subito. Non avrebbe potuto attendere oltre, pena la possibilità di cambiare idea. Una voce femminile, dopo alcuni squilli, rispose squillante, non immaginando lontanamente il motivo della chiamata. "Ciao, Monica. Che sorpresa."

"Ciao, Chiara. Dobbiamo parlare. Questa storia non è finita."

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