Yellow Chat

By Clay985

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Monica, benestante e viziata, è stufa di non avere uno scopo nella vita e accetta di lavorare per Yellow Chat... More

Prologo
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Epilogo

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By Clay985

L'indomani Monica si recò di buon ora alla Centrale per la deposizione, ripetendo un gesto che sperava di non dover compiere mai più in vita sua. Per tutta la notte c'era stato un Poliziotto di guardia alla porta, che aveva così avuto il tempo per spiegare ai vicini allarmati dal trambusto cosa fosse successo e rassicurandoli sul fatto che non fosse accaduto nulla di grave, invitandoli così  a tornare nei propri appartamenti.

Venne convocato un Tecnico informatico, che si prodigò per cercare di carpire ogni possibile informazione sulla misteriosa piattaforma che solo un anno prima era stata eliminata dal Web. Monica pregò di non guardare le fotografie, senza spiegare il motivo e l'esperto rispettò la sua volontà, concentrandosi solo sul proprio lavoro ma, com'era prevedibile, il responso fu abbastanza scontato. "E' stato creato da un hacker molto capace."

"Lo so che è una domanda scontata." affermò l'Ispettore, con il quale aveva avuto a che fare parecchie volte dalla morte di Scoiattolo. "Ma c'è qualcuno che sospetta? Un amico, un conoscente..."

Monica, quasi riavendosi dai suoi pensieri scosse la testa. "Purtroppo no. Io... credevo fosse tutto finito."

"Lasceremo un Agente di guardia per un tempo indeterminato, almeno fino a quando questa vicenda non avrà qualche sviluppo."

"Grazie..."

"Forse si tratta solo di qualche pazzo esaltato. Ci sono parecchi squilibrati che fanno il tifo per i serial killer, ma a volte si tratta di soggetti innocui. Speriamo sia questo il caso."

"Non le accadrà nulla di male." assicurò l'anziano Poliziotto. "Può stare tranquilla."

Tranquillo è morto, pensò Monica alzandosi. "Allora speriamo di vederci in circostanze migliori di questa."

"Me lo auguro anche io. Buon feste."

Pur controvoglia, Monica si ritrovò a festeggiare il Natale con la casa gremita di ospiti, come piaceva ai suoi genitori, che amavano circondarsi di amici nei momenti di festa. Ovviamente non si azzardò a dir loro che preferiva un pranzo intimo in famiglia, dal momento che non le chiedevano mai nulla e non voleva rovinare quella giornata più quanto aveva fatto con i suoi problemi. Cercò di approfittare del caos per distrarsi, ma non servì, esattamente come accaduto nel Natale precedente.

Passò l'intera durata del pranzo con il cellulare sotto il tavolo a messaggiare con Sharon, la quale si trovava nella medesima situazione, con l'appartamento riempito di sconosciuti e annoiata al punto da proporre all'amica di sgattaiolare fuori di casa insieme. Monica, divertita, le disse che non poteva dare questo dispiacere ai suoi genitori, ma che l'avrebbe vista volentieri nel primo pomeriggio, quando gli ospiti avrebbero sloggiato.

Guardava l'orologio in continuazione e ogni tanto alzava lo sguardo verso la tavolata, attorniata dai soliti argomenti. Politica, immigrazione e pettegolezzi su qualche amico accusato di non essere capace di gestire qualsivoglia affare in aziende mai sentite nominare. Ogni tanto la tiravano in ballo per chiederle del lavoro, sui regali che aveva ricevuto e lei educatamente rispondeva, anche se il sorriso dipinto sul volto era più artificiale che mai.

Eppure, in mezzo a tanto ciarlare, Monica apprezzò il loro comportamento. Tutti sapevano cosa aveva passato e forse erano anche a conoscenza degli attuali avvenimenti e proprio per questo nessuno di loro si azzardò a fare parola su serial killer, pedinamenti o fidanzatini. Rispettarono il suo silenzio in modo pacato. Avrebbe dovuto sforzarsi e ripagarli conversando con loro, ma per quanto ci provasse non riusciva a essere naturale.

"Scusatemi, non mi sento molto bene." affermò Monica, interrompendo il padre. "Vado qualche minuto a sdraiarmi, se non è un problema."

Carlo gli mostrò lo stesso finto sorriso (forse era genetico), ma lasciò intendere che la capiva. "Vai pure, tesoro." aggiunse Desirée. "Ti chiamiamo per il caffè."

"Grazie. Scusatemi ancora."

Ciondolò fino alla propria stanza, anche se non stava realmente male. Faceva tutto parte della commedia recitata per restare da sola, non potendo rimanere nemmeno un secondo di più in mezzo a risate e felicità di cui sentiva di non fare parte. Si sdraiò sul letto e rimase a fissare il soffitto. Sarebbe potuta rimanere per ore in quella posizione, ma volgere lo sguardo verso il basso le fece venire in mente un modo alternativo per passare il tempo.

Andò alla scrivania e aprì l'ultimo cassetto, che non schiudeva da parecchio tempo. Era passato un anno da quando vi aveva posto qualcosa che da allora non aveva più voluto vedere, ma era giunto il momento di rispolverarlo, in quanto poteva rivelarsi utile. Lo prese in mano e lo appoggiò sul ripiano, poi si sedette e lesse il titolo del fascicolo dalla copertina blu: Scoiattolo Invernale: identikit.

In tutti quei mesi non l'aveva mai letta e il pensiero di darci un'occhiata non l'aveva nemmeno sfiorata nel momento stesso in cui la cartelletta le era stata consegnata dai due Detective. L'aveva lasciata chiusa e riposta in un cassetto, dove sarebbe potuta marcire per l'eternità. Però non si era limitata a buttarla, lasciando adito alla possibilità che un giorno avrebbe voluto saperne di più. E quel giorno purtroppo era arrivato.

L'intero fascicolo era stato redatto da Piero e Chiara, i quali si erano anche premurati di scrivere una breve introduzione. Questo è tutto ciò che abbiamo scoperto sulla persona che si celava dietro il serial killer che abbiamo sconfitto. Spero ti possa tornare utile, ma ovviamente spetta a te decidere se leggere o meno. L'importante è che tutto sia andato per il meglio. Buona fortuna. Piero e Chiara.

Dall'incartamento scorse una fotografia che ritraeva il suo stalker, inespressivo come l'unica volta in cui aveva avuto occasione di vederlo, seppure già morto. Il suo vero nome era Luca Quaranta e all'epoca del decesso aveva trentadue anni, meno di quelli che gli avrebbe dato. Era nato a Milano, ma si era spostato a Roma in giovane età e ciò si conciliava con il fatto che tutti gli omicidi fossero avvenuti tra le due metropoli.

Viveva con i suoi genitori e un fratello più piccolo, ma tutti e tre morirono quando Luca Quaranta aveva solo undici anni, in circostanze misteriose. Non mi stupisce che abbia eliminato la sua famiglia, pensò Monica. Dunque gli omicidi risalgono a prima del 1996. Dopo la morte dei genitori venne affidato a una famiglia, ma da essa scappò cinque anni dopo, compiuti 18 anni. Da allora, di lui si perse ogni traccia.

Si pensa che anche durante la permanenza nella casa-famiglia perpetrò i suoi omicidi, ma i suoi tutori non sospettarono mai di nulla e solo per caso fortuito non vennero ucciso. Quando Luca scappò, assunse una nuova identità, che lo portò a spostarsi di continuo da Milano alla Capitale e viceversa, confondendosi tra nomi falsi e l'astuzia che da sempre l'aveva contraddistinto, restando nascosto nell'ombra.

Inizialmente non riuscirono a spiegare come facesse ad avere i mezzi per sostenere la sua "attività." Non derubava le sue vittime e per questo si era pensato a furti ingenti, ma nessun caso poteva essere collegato con certezza. In seguito scoprirono che, sotto false credenziali, aveva ottenuto la laurea in medicina legale, svolgendo la mansione di coroner tra Milano e Roma e forse proprio questo lavoro gli diede il giusto sostentamento.

Monica girò la pagina, arrivando all'ultimo foglio del fascicolo, redatto con attenzione e meticolosità. Luca Quaranta Non aveva conti correnti bancari o altri sistemi per rintracciare le sue spese o spostamenti. Era stato attento in tutto, non aveva mai lasciato una traccia. Eppure, si disse lei, l'aveva attirata a casa sua e non l'aveva uccisa quando aveva potuto. Questo particolare apparentemente insignificante ronzava da mesi nella sua testa, ma non trovava soluzione.

Il dossier si concludeva con l'esame del medico legale che aveva svolto l'autopsia, stupito da quante pallottole fossero servite per stenderlo definitivamente. Non sapeva se i due detective avessero avuto l'autorizzazione di fornirle quei documenti, ma l'avevano fatto, come avevano combattuto per scoprire la verità, andando contro a ogni avversità. E se era viva, lo doveva solo a loro.

Chiuse il fascicolo e lo ripose nel cassetto. Per qualche istante pensò che se davvero Scoiattolo non era morto, allora significava che era davvero immortale, come le aveva sempre fatto credere. Scacciò quel pensiero, facendo leva sulla razionalità. Era morto trivellato di pallottole, lo aveva visto con i suoi occhi, eppure qualcuno cercava di farlo come un fantasma bramoso di vendetta, ma lei ne era certa che non ci fosse nulla di paranormale in quella storia. 

Chi voleva farle del male non era un fantasma, ma un pazzo in carne e ossa che andava fermato.


Ringraziando anticipatamente chi sta leggendo questa storia (per me è una soddisfazione impagabile), vorrei prendermi un piccolo spazio per una breve comunicazione. Alcuni mi hanno chiesto quanto manca alla conclusione e fino a ora non ho detto nulla perché non ne avevo la certezza. Adesso posso affermare che l'epilogo avverrà circa con il paragrafo numero 80 (paragrafo più o paragrafo meno). Forse può sembrare troppo, ma il bello di scrivere è andare avanti fino a quando non si vede in lontananza la parola fine e io, molto realisticamente, la vedo nel punto che ho indicato. Sperando di trovarvi fino alla fine, ma ringrazio tutti, anche quelli che si sono fermati dopo alcuni capitoli. Siete i compagni di viaggio in questo meraviglioso mondo che è la scrittura creativa.

Un abbraccio. 

Fra

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