Yellow Chat

By Clay985

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Monica, benestante e viziata, è stufa di non avere uno scopo nella vita e accetta di lavorare per Yellow Chat... More

Prologo
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Epilogo

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By Clay985

"Avevo tutto quello che una ragazza poteva desiderare." esordì Ilaria, che prese una sigaretta e l'accese, senza chiedere alla propria ospite se le desse fastidio. "E forse è stato proprio questo il problema. Ero viziata, maligna e arrogante e in fondo mi merito tutto quello che mi è successo."

"Yellow Chat..." biascicò sotto voce Monica.

"Deduco che i tuoi problemi siano nati proprio lì."

"Già, ma ora quella dannata Chat non esiste più. In un certo senso l'ho fatta chiudere io."

"Dunque sei tu la ragazza di cui parlavano i giornali. Ora tutto si collega. Ma non avrei mai pensato che saresti riuscita a giungere fino a me."

"L'hai attirato tu o ti ha trovato lui?" domandò Monica tornando al nocciolo della questione.

"Sono stata io." confessò Ilaria. "Gli ho dato modo di entrare nella mia vita e di trasformarla in un incubo..."

Io e il mio gruppetto di amiche eravamo solite a trovarci in casa mia e sai qual era il nostro passatempo preferito, oltre che a parlare male di chiunque e ordire perfidi scherzi? Recarci nelle chat più svariate e prendere in giro quegli uomini che cercavano on-line le loro conquiste. Il nostro rituale consisteva nell'illuderli di essere grandi seduttori, dicendo di abitare nella loro città, dove gli davamo appuntamenti ai quali non saremmo mai andati. Insomma, scherzi innocenti potrebbe sembrare. Fino al giorno in cui mi imbattei in lui.

Eravamo alticce di primo pomeriggio grazie a una bottiglia di vodka che avevo prelevato di nascosto dall'armadietto degli alcolici dei miei genitori, entrambi dirigenti di una multinazionale e alla mia educazione avevano dedicato ben poco tempo, viziandomi oltremodo fino a farmi diventare una bambocciona senza spina dorsale e incapace di badare a sé stessa, a parte fare shopping e cercare divertimento sfrenato.

E' accaduto tutto dieci anni fa, circa. Cercammo nella lista degli utenti on-line la nostra vittima e trovammo un nickname buffo. Scoiattolo Invernale. Insomma, sembrava perfetto. Ma a differenza delle nostre altre prede, quest'ultimo era restio a conversare con me, chiuso nel suo mondo. Avrei semplicemente potuto lasciare perdere, sai? Ma non potevo. Il mio stupido ego mi disse di proseguire e tentare fino a quando non fossi riuscire a fare breccia nella sua corazza.

E ci riuscii, fino al punto che lui cominciò a decantarmi patetiche frasi d'amore e io gli rispondevo a tono, rischiando di cadere dalla sedia dal ridere, insieme alle mie amiche che si sganasciavano dalle risate. Finimmo per concedergli un appuntamento in Centro Roma, la sera stessa e sghignazzavo al pensiero di quel poveraccio che magari si presentava con una rosa ma non trovava nessuno.

Storia finita? No, fu l'inizio dell'incubo.

Feci per andare a dormire, ma il mio cellulare squillò. Pensai fosse Giorgio, il ragazzo che stavo frequentando, ma la voce non era la sua. Mi parlò uno sconosciuto, che iniziò a lanciarmi minacce  alle quali alternava parole dolci e capii subito di chi si trattava. Gli intimai di lasciarmi in pace, altrimenti avrei chiamato la Polizia. Senza aggiungere altro, attaccai e dormii beatamente, senza nemmeno immaginare cosa sarebbe accaduto.

Dapprima ebbi la sensazione che qualcuno mi seguisse durante il giorno o mi spiasse sotto la finestra, ma quelli che sembravano solo sospetti divennero certezza quando le chiamate si fecero sempre più insistenti e minacciose. Voleva stare con me, possedermi, altrimenti mi avrebbe fatto del male. Iniziò a mandarmi immagini orribili di scoiattoli insanguinati, alle quali abbinava frasi macabre d'amore e fu allora che la mia mente iniziò a vacillare.

Andai alla Polizia, ma come puoi immaginare, non riuscirono a risolvere quasi nulla. Poi un giorno bussarono alla porta due detective, tra cui una ragazza giovanissima che poteva avere pochi anni più di me e il suo collega altrettanto fresco, che avevano indagato su quel dannato stalker e mi raccontarono le atrocità che avevano commesso. Chiesi loro se qualcuna sei era mai salvata e mi risposero che per quanto ne sapevano, nessuna era sopravvissuta.

Iniziò così un periodo di angoscia e paura, in cui ebbi paura persino della mia ombra, ma non mi arresi. Volevo salvarmi e porre fine all'incubo, ma la Polizia, nonostante mi proteggesse, sembrava sempre un passo indietro a quel pazzo, che conosceva ogni mio spostamento, ogni mia mossa e la sua presenza si faceva sempre più incessante, morbosa, fino a quando mi diede l'ultimatum: stai con me o muori.

Ricordo ancora la notte in cui entrò in casa mia, mentre i miei genitori erano fuori. Sfortuna volle che avessi il cellulare scarico, per cui non potei nemmeno chiamare aiuto e il telefono fisso era al piano di sotto, ma lui fece saltare la corrente e iniziò una caccia spietata nell'oscurità, nella quale io sembravo spacciata, incapace di reagire. Ma sai una cosa? Il senso di sopravvivenza in quegli istanti è forte e può portarti a fare cose che nemmeno immaginavi. Non potevo vedere nulla, non avevo armi, mentre lui aveva un grosso coltello. Lo capii nel momento in cui una grossa lama mi graffiò la schiena.

Iniziai a gridare, a cercare aiuto, ma lui mi derideva nell'ombra, sembrava pure in grado di cammuffare la sua voce, schernendomi e giocando al gatto con il topo. Non so quanto tempo durò quel macabro gioco ma, dopo essere riuscita a sfuggirgli corsi in salotto, aiutata dalla fioca luce dei lampioni che filtrava tra le persiane e presi l'attizzatoio. Rimasi immobile al centro della stanza, ad attenerlo. Come avessi sentito i suoi passi l'avrei colpito.

Ma lui era incredibilmente silenzioso e riuscii ancora una volta a cogliermi di sorpresa e questa volta la lama mi penetrò il fianco. Lanciai un grido di dolore e, spinta dalla disperazione, mi voltai e colpii con tutta la forza di cui disponevo. Sentii l'impatto dell'attizzatoio con il suo corpo, ma lui non urlò, limitandosi a un gemito. Poi indietreggiai ed ero sicuro che lui fosse già in piedi, pronto ad attaccare nuovamente.

Poi, la fortuna venne in mio soccorso.

Probabilmente le mie grida erano state udite dai vicini, che avevano chiamato la Polizia, le cui sirene si spiegarono in un lamento così forte che sulle prime fui spaventata più che sollevata. Poi udii dei passi veloci uscire dalla stanza e capii che quel pazzo stava scappando. Subito dopo qualcuno mi intimò di aprire la porta, ma avevo troppa paura. Mi accovacciai in un angolo, disperata e tremolante, quando l'uscio venne forzato e la luce tornò.

I due detective che mi avevano aiutato giunsero insieme a uno stuolo di Agenti, i quali iniziarono a perlustrare la zona, ma come puoi immaginare, di Scoiattolo non c'era traccia. Mi portarono in ospedale in evidente stato di shock e rimasi sotto cura per diversi giorni. Ero salva, ma qualcosa era cambiato. La paranoia e la paura divennero inseparabili compagne di viaggio e non riuscii più a uscirne.

Mi barricai in casa, mi allontanai dal mio fidanzato, dagli amici e dai miei genitori, che per la prima volta nella vita si accorsero della mia presenza e cercarono di aiutarmi, ma era troppo tardi. Avevo paura che lui tornasse e finisse il lavoro. Sapevo che sarebbe tornato. Per cui presi la decisione più drastica. Sparire dalla circolazione per sempre, dove sarei stata al sicuro dal mio incubo.

I due detective, seppure contrari, mi aiutarono, trovandomi questa casa, un lavoro che svolgo essenzialmente nel mio studio al piano di sopra e una volta a settima arriva un incaricato a portarmi la spesa. Sono passati dieci anni da allora e, nonostante aiuti di psicologi che ogni tanto vengono a vedere se sono ancora sana di mente, non ho fatto passi avanti. Ogni notte ho orrendi incubi sulla mia persecuzione e non c'è medicinale in grado di scacciarli.

Mi sono isolata dal mondo e non ho permesso più a nessuno di venire qui, nemmeno ai miei genitori o ai due Detective, che ancora oggi custodiscono il mio segreto. Può sembrare da vigliacchi, ma ho troppa paura.  Ma sai una cosa? Nonostante la protezione, la sicurezza, so che prima o poi lui mi troverà. E' solo questione di tempo.

Il racconto era durato il tempo di due sigarette, che Ilaria aveva spento in un vecchio posacenere. Quando terminò il racconto, calò il silenzio e Monica, che non l'aveva mai interrotta, si rese conto di quanto si era immedesimata in quella storia. Non era diversa dalla sua, era identica. Era come se avesse rivissuto l'incubo di quella povera donna, momento per momento, fino all'epilogo che, se non tragico, era comunque macabro. Dunque è così che finirò, si disse. Morta o chiusa nel mio eremo personale.

"Questa è la mia storia." concluse Ilaria, che sembrava stanca per lo sforzo. "Non so come posso aiutarti, ma è tutto ciò che avevo da dire."

"Sei stata molto coraggiosa a raccontarmi tutto." assicurò Monica. "Te ne sono grata."

"Ora cosa pensi di fare?".

"Non ne ho idea. E' proprio questo il problema."

"Vorrei aiutarti di più, ma non sono nemmeno stata incapace di aiutare me stessa. L'unica cosa che posso fare è offrirti un posto per la notte. Non credo che gli Agenti passeranno oggi. Sei al sicuro.

"No, ti ho già fatta esporre troppo. Ho prenotato un Motel non troppo lontano da qui. Dormirò lì e domani ripartirò per Roma."

Ilaria sorrise. "Così passerai il Natale con la tua famiglia."

"Già. Mi dispiace che tu debba rimanere sola." constatò Monica, avvilita nel vedere lo stato in cui si trovava Ilaria.

"Ci sono abituata, ma non ci faccio più caso."

"Prima che vada... posso farti l'ultima domanda?".

"Ma certo."

"Perché mi hai fatto entrare?" chiese la giovane. "Avresti potuto cacciarmi via per averti posto in pericolo."

"Vedi... la mia paura mi ha portato per tanti anni a nascondermi da tutti, ma ci sono momenti in cui non riesco a sopportare la mia prigionia."

"Capisco. Vorresti uscire e tornare alla vita vera."

"No, per quello è troppo tardi."

Monica sgranò gli occhi. "Cosa intendi dire, allora?".

"Ci sono momenti in cui restare nascosta mi aiuta a sentirmi sicura. Ma certe volte, specie quando è notte, vorrei che questa agonia finisca e finisco per sperare che lui mi trovi e finisca ciò che ha cominciato, per liberarmi finalmente dal mio incubo."



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