Shiver || Michael Clifford

By accolasvoice

3.1M 165K 88.3K

«Respingo tutti quanti, non prenderla sul personale.» highest rank in fanfiction #1 More

cast
Prologue.
1. A New Beginning
2. Echo
3. Cookies
4. Little crush
5. Moe
6. Rain And Green Eyes
7. Melting
8. Innocent
9. Overthinking
10. Bravery
11. Confessions
12. Brothers
13. Battleships
14. Miss Marple
15. Challenge
16. Revenge
17. Affection
18. Nightmares
19. Madness
20. Sweatshirt
21. Awkward
22. Feelings
23. Let Me In
24. You
25. The First Time
26. Feel Again
27. Make Me Fall
28. The Last Time
29. Remember
30. Change My Mind
31. Up
32. She Is The Sunlight
33. I Won't
34. You And Me
35. Tear Me In Two
36. Best Of Me
37. Sweet Despair
38. I Will Be
THANKS.
39. Broken
40. No More Lies
41. Demons
42. Wasted
43. Everything Has Changed
44. All About Us
45. Look After You
46. Sparks
47. Unbreakable
48. Holding On And Letting Go
49. Mine For A Night
50. Reason
51. Hush Hush
52. Can't Stop
53. This Love
54. Find My Way Back
NON ODIATEMI
It All Ends.
Ringraziamenti
Characters Ask

55. Firefly

24.7K 1.3K 1.2K
By accolasvoice

I fell in love next to you
Burning fires in this room
It just fits
Light and smooth
Like my feet in my shoes
Little one, lie with me
Sew your heart to my sleeve
We'll stay quiet
Underneath shooting stars
If it helps you sleep

[Firefly - Ed Sheeran]

-------------

JENNA.

Erano passate più di due ore e mezza da quando io e Shiver eravamo tornate in albergo. Le avevo dato la chiave magnetica della stanza di Michael, che Luke aveva lasciato al tizio con la pettorina giallo fluo con cui avevo parlato allo stadio, assicurandosi che l'avrebbe data proprio a me, e poi ero rientrata in camera nostra, mi ero messa il pigiama e avevo letto un po'.

La mia amica non era tornata da me in lacrime e ciò poteva significare soltanto una cosa: tutto era andato come io e Luke avevamo sperato e probabilmente quella notte l'avrei passata da sola. Ma mi andava più che bene così, mi importava solo che Shiver fosse felice. E non mi dispiaceva nemmeno poter dormire da sola nel gigantesco letto a due piazze su cui ero comodamente sdraiata in quel momento, a dirla tutta.

Fu intorno a mezzanotte e mezza che finalmente mi decisi ad alzarmi per andare a lavarmi i denti e a struccarmi. Saltai giù dallo spesso materasso aggraziatamente e afferrai la felpa bordeaux che spuntava dalla mia valigia, consapevole che prima o poi avrei dovuto restituirla al legittimo proprietario; poi feci partire una canzone sul mio cellulare e mi recai in bagno, agitando le anche a ritmo di musica e canticchiando sottovoce. Rimasi lì soltanto una manciata minuti,  giusto il tempo di prepararmi per andare a letto, ma quando uscii dal bagno, un urlo lasciò inevitabilmente le mie labbra.

Il ragazzo di fronte a me urlò a sua volta e io mi poggiai una mano sul petto per cercare di riprendermi da quel piccolo shock. «Perché diavolo hai urlato?» strillai, quando il mio cuore riprese ad avere un battito quasi normale e le mie labbra furono di nuovo in grado di articolare delle parole sensate.

«Perché tu l'hai fatto!» protestò lui, ancora con il respiro affannato e gesticolando febbrilmente in tutte le direzioni. Io fermai la musica sul telefono e sospirai, accorgendomi solo in quel momento del gigantesco involucro nero che aveva sulla schiena, probabilmente contenente una delle sue innumerevoli chitarre.

«Sono entrata in bagno per lavarmi i denti e quando sono uscita mi sono ritrovata davanti una persona che non dovrebbe essere qui, cosa pretendi?» bofonchiai, spingendolo indietro di qualche centimetro ed incrociando poi le braccia sotto al seno. «E come hai fatto ad entrare, comunque?» domandai, assottigliando gli occhi nella sua direzione e scuotendo brevemente la testa.

«Moe ha lasciato la sua chiave alla reception.» replicò lui, rivolgendomi quel sorriso furbo che per mesi avevo automaticamente collegato alla sua faccia.

«E ti ha detto lei di prenderla?» alzai un sopracciglio in un'espressione diffidente. Sapevo che Shiver voleva che io e lui chiarissimo la situazione che si era creata tra di noi, ma dubitavo fortemente che fosse arrivata a tanto per far sì che accadesse.

«B-beh, no...» balbettò lui, inclinando leggermente la testa verso sinistra. «Ma lei e Michael sono in camera mia e non è che ci tenga particolarmente ad entrare in questo momento... Né più tardi, in realtà.»

«Quindi hai pensato semplicemente di fare irruzione qui senza prima avvisare.» lo rimbeccai. «Si, ottima mossa, Luke.» lo presi in giro, annuendo lentamente e stringendo di nuovo gli occhi nella sua direzione.

«Ti ho mandato cinque messaggi.» brontolò, incrociando a sua volta le braccia al petto.

«Non importa.» liquidai il discorso, ignorando volutamente il suo commento. «Saresti potuto andare da Calum e Ashton, comunque.»

Lui soppesò la mia risposta, ma poi scosse la testa e mise su un finto broncio. «Calum russa.»

«Beh anche tu, se è per questo.» replicai, allontanandomi in direzione del letto e stupendomi ancora una volta per quanto fosse morbida la moquette della stanza a contatto con i miei piedi nudi.

«Ehi, questo non è affatto...» esordì, puntandomi contro l'indice; ma poi si interruppe ed aggrottò le sopracciglia. «Aspetta, tu come fai a saperlo?»

Mi pentii subito di quella constatazione e mi irrigidii per un secondo, poi sospirai profondamente e tornai a voltarmi verso di lui. «Non... Non chiedermelo.» scandii, chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.

Come facevo a saperlo? Beh, perché tecnicamente io e lui avevamo dormito insieme una volta. Luke non ricordava quasi nulla di quella notte e, visto quanto era ubriaco, non c'era da stupirsene, ma io ricordavo ogni singolo istante. Compreso quando lui si era addormentato subito dopo che ero stata a letto con lui e compresa la fatica che avevo fatto io perché non aveva smesso nemmeno per un attimo di russare.

«Quella è la mia felpa?» domandò lui, strappandomi a quei ricordi che ancora mi mettevano in imbarazzo. Io abbassai gli occhi sull'indumento, ne strinsi un lembo tra due dita e mi limitai ad annuire, senza rialzare lo sguardo su di lui. «Jenna, perché hai addosso la mia felpa?» insistette con uno strano tono, quasi sarcastico, poggiando la custodia nera sul pavimento, accanto alla finestra.

«L'avevo portata semplicemente per restituirtela, ma poi mi è venuto freddo ed è stata la prima cosa che ho trovato in valigia.» borbottai, tornando a sedermi a gambe incrociate sul soffice letto a due piazze al centro della stanza.

«Quindi non è perché ha ancora il mio odore?» ironizzò, avvicinandosi a sua volta al letto e sorridendomi in modo malizioso.

Gli rivolsi un ghigno per niente genuino, per certi versi più simile ad una smorfia. «L'ho lavata. Almeno quindici volte da quando me l'hai prestata.» precisai, utilizzando lo stesso tono sarcastico che aveva sempre caratterizzato le nostre conversazioni al campus. «Quindi no, Luke, non ha decisamente più il tuo odore.»

«Se l'hai lavata almeno quindici volte vuol dire che l'hai messa in questi mesi.» puntualizzò lui, ignorando il resto del mio discorso e mantenendo il precedente ed irritante sorrisetto sfacciato. Sospirai per la frustrazione e me la sfilai di dosso, per poi lanciargliela letteralmente in faccia. «Non ho detto che la rivoglio indietro, ti stavo soltanto dando un po' fastidio. Sai, come ai vecchi tempi.» sorrise ancora lui, questa volta senza malizia, sedendosi all'altro lato del letto.

Gli lanciai un'occhiata di traverso, ma non commentai. L'ultima volta in cui ci eravamo visti, Luke mi aveva letteralmente lasciata senza parole con tutte quelle frasi a effetto su quanto fossi una persona straordinaria e sul fatto che volesse cambiare per arrivare un giorno a meritare di stare con una ragazza come me, e a quel punto non sapevo come avrei dovuto comportarmi con lui. Non ero più arrabbiata per ciò che era successo tra di noi e, in tutta sincerità, un po' mi erano mancati i nostri continui battibecchi, ma non ero nemmeno ancora certa di potermi fidare di lui. Né ero certa di cosa provassi per lui.

Sapevo com'era fatto e sapevo che ci voleva molto poco perché passasse dall'essere dolce, gentile e premuroso all'essere un bastardo senza cuore a cui importa soltanto di sé stesso. Ci ero già cascata due volte e non ci tenevo a replicare. Ma allo stesso tempo, quelle parole pronunciate al matrimonio di Beth erano sembrate così sincere da insinuare in me il dubbio che Luke potesse davvero essere cambiato.

«Pensi che le cose si sistemeranno?» domandò, dopo svariati minuti di silenzio. «Le cose tra Moe e Mike, intendo.»

Io sospirai profondamente, grata che avesse rotto quel silenzio carico di imbarazzo, ed alzai le spalle. «Lei non è ancora tornata qui piangendo, quindi suppongo di sì.» annuii, voltandomi verso di lui e trovando i suoi occhi già fissi sul mio viso. «Grazie per avermi aiutata con questa cosa.» sussurrai dopo qualche altro secondo, rivolgendogli un piccolo sorriso.

«Ehi, Mike è il mio migliore amico.» sorrise a sua volta, in modo decisamente più sentito di quanto avessi fatto io. «Proprio come Moe è la tua migliore amica. Mi ha fatto piacere.»

Nell'ennesimo silenzio che seguì quelle parole, continuai a spiare Luke con la coda dell'occhio e lo vidi aprire e richiudere la bocca un paio di volte. Ma alla fine nulla uscì dalle sue labbra, e io mi ritrovai a sperare che invece avesse detto qualcosa.

«Non mi hai ancora spiegato perché l'Italia.» sussurrai allora io, spostandomi verso la testiera del letto e poggiandovi la schiena. «Vi sareste esibiti nel Regno Unito tra due mesi e non penso che avrebbe fatto qualche differenza nei sentimenti di quei due.» alzai le spalle e scossi brevemente la testa, poi rimasi in silenzio per qualche istante, incerta se aggiungere o no ciò che mi stava frullando per la testa. «E... E grazie per aver pagato l'albergo e il volo, ti ridarò i soldi al più presto.» sussurrai infine, abbassando lo sguardo.

«Non voglio indietro i soldi, Jenna.» sorrise brevemente, spostandosi a sua volta e sistemandosi non lontano da me. «È in assoluto il modo migliore in cui potessi spendere il mio primo stipendio.» aggiunse, guardandomi con occhi carichi di sincerità.

Gli rivolsi il primo sorriso genuino da quando era entrato nella stanza e ricambiai il suo sguardo con la stessa intensità. «Grazie.»

L'ennesimo silenzio scese tra di noi e nessuno dei due accennò a voler spostare gli occhi dal viso dell'altro. Non avevo mai odiato nessuno quanto avevo odiato lui, non avevo mai sofferto così tanto a causa di una persona prima che lui entrasse nella mia vita e non avevo mai sentito la mancanza di qualcuno che mi aveva fatta sentire come mi aveva fatta sentire lui. Eppure Luke Hemmings mi era mancato e, nonostante tutto quello che avevamo passato, in fondo ero felice che ora fosse lì con me.

«Non mi hai ancora detto perché l'Italia.» gli ricordai, tornando a sorridere brevemente.

«Oh, giusto!» esclamò lui, balzando giù dal letto e mettendosi a frugare nella custodia della sua chitarra. Tornò a sedersi accanto a me soltanto pochi minuti dopo, ma non mi permise di vedere cosa avesse nella mano sinistra, tenendola accuratamente nascosta dietro la schiena. «Sai cosa c'è a Milano?» domandò a quel punto, rivolgendomi un sorrisetto entusiasta.

«Un sacco di nebbia?» azzardai io, corrugando le sopracciglia e guardandolo come se fosse impazzito. Non ricordavo di preciso dove avessi letto quella cosa della nebbia - e non ero nemmeno sicura di aver azzeccato la città -, ma era la prima cosa che mi era venuta in mente.

Lui mi rivolse uno sguardo sconcertato. «Ora che mi ci fai pensare, sì, in effetti c'è un sacco di nebbia.» annuì, mantenendo la sua espressione stupita. «Ma non era quello che intendevo io.» riprese il suo sorriso entusiasta, simile a quello di un bambino la mattina di Natale, quando non vede l'ora di poter aprire tutti quegli scintillanti pacchetti presenti sotto l'albero.

«Illuminami, microcefalo, cosa c'è a Milano?» sospirai, scuotendo brevemente la testa.

«Sul serio, siamo tornati al microcefalo?» si rabbuiò, lanciandomi un'occhiata truce.

«Oh, non ho mai smesso di chiamarti così.» gli rivolsi un sorriso sarcastico, e in tutta risposta ottenni un basso grugnito. «Continuo a pensare che ti si addica.» questa volta il mio tono fu più gentile e genuinamente divertito.

«Come stavo cercando di dirti,» riprese, ignorando il mio commento e ricominciando a parlare, però con un tono più serio rispetto a prima. «non lontano dal nostro albergo si trova la Pinacoteca di Brera, dove, come penso tu già sappia...»

«È esposto "Il Bacio" di Francesco Heyez.» completai la sua frase, in tono serissimo. Lui mi rivolse un sorriso raggiante e tirò fuori il braccio da dietro la schiena, rivelando due biglietti poco più piccoli del palmo della mia mano, con sopra scritta la data del giorno seguente. «Ci hai fatte venire fin qui perché potessi vedere il mio quadro preferito dal vivo?» domandai in un sussurro, passando due dita tremanti sui foglietti di cartoncino che mi aveva appena dato.

«Non hai mai avuto voglia di mettere da parte i soldi per venire in Italia a vederlo. Ho... Ho solo pensato che sarebbe stata una cosa carina.» mi spiegò lui, con un sorriso sempre più incerto sulle labbra. «È stata una cattiva idea?»

Rimasi in silenzio a contemplare il suo regalo ancora per svariati minuti, senza riuscire a capacitarmi che avesse fatto tutto ciò soltanto per me, poi mi voltai verso di lui, lo osservai per alcuni istanti, spostai ancora lo sguardo sui biglietti e infine feci qualcosa che nemmeno io mi sarei mai aspettata da me stessa.

Io lo abbracciai.

Senza preavviso e senza alcun rimorso, avvolsi le braccia intorno al suo petto e nascosi il viso nell'incavo del suo collo, beandomi del calore provocato dalla vicinanza dei nostri corpi.

«Jenna, stai provando una sottospecie di nuova tecnica di soffocamento?» bofonchiò, rimanendo paralizzato per lo sconcerto.

Io risi brevemente, ma non abbandonai la mia posizione. «Ti sto abbracciando, Luke.» sussurrai, soffiando delicatamente sulla sua pelle e provocandogli un leggero brivido.

«Oh.»

Gli ci vollero ancora alcuni istanti prima di rilassarsi contro di me e ricambiare il gesto, allacciando le braccia intorno mia schiena e poggiando la guancia sui miei capelli. Restammo in quella posizione, in totale silenzio, per una manciata di minuti, poi fu lui a riprendere la parola. «Tutto questo è strano.»

Io annuii brevemente, ma non mi mossi. «Lo so. E se lo racconterai a qualcuno, ti raserò metà della testa mentre dormi.» sentenziai infine, con un tono falsamente dolce.

«Perché soltanto metà?» chiese, per niente turbato dalla mia minaccia.

«Perché se ti rasassi completamente potrebbe sembrare un taglio voluto, invece con metà testa rasata saresti ridicolo e basta.» gli spiegai, chiudendo gli occhi e respirando profondamente.

Nemmeno la prima volta in cui avevamo dormito insieme ero riuscita a categorizzare il profumo di Luke. Non era intenso e fresco come mi sarei aspettata, era più che altro dolce e leggero, e si abbinava perfettamente alla sua pelle sempre così calda.

«Ha senso.» annuì lui, distraendomi da quei pensieri per cui mi ritrovai ad arrossire. Era pur sempre lo stesso Luke che mi aveva fatta soffrire in passato e, anche se ora non provavo più il minimo senso di rabbia nei suoi confronti, non potevo mettermi a fantasticare sul suo profumo.

Un breve silenzio scese di nuovo nella stanza e finalmente mi decisi a staccarmi da lui. Ero talmente imbarazzata per qual gesto, che non avrei mai pensato di compiere, che non riuscii nemmeno a guardarlo in faccia, nonostante percepissi distintamente i suoi occhi su di me.

«Quindi sei felice?» chiese dopo un po', rivolgendomi un adorabile sorriso speranzoso. «Non ho incasinato tutto come faccio sempre?»

Io gli sorrisi a mia volta, decidendomi finalmente ad alzare lo sguardo nei suoi occhi. «Stai scherzando? È... È il regalo più bello che mi abbiano mai fatto. Questo è... Un sogno che si avvera.» replicai, ancora incredula e con voce tremante. «Grazie, Luke.»

«Per la prima volta in vita mia sono riuscito ad azzeccare un regalo.» gongolò, allargando ulteriormente il suo sorriso e provocando una mia breve risata. Mi tornò in mente quando Shiver mi aveva raccontato che Luke aveva regalato un mazzo di carote a Claire e sorrisi tra me e me, rendendomi conto che il mio regalo era mille volte meglio di quello che aveva fatto a lei.

L'ennesimo silenzio invase la stanza e, nonostante i miei occhi si fossero nuovamente abbassati, continuai a sentire i suoi su di me.

Mi era sempre piaciuto essere osservata. Mettevo così tanta cura nel mio aspetto anche per quello: perché le persone fossero incentivate a guardarmi. Chiamatela vanità, chiamatela insicurezza, chiamatela come vi pare. Io l'avevo sempre pensata così. Ma in quel momento? In quel momento mi sentivo come se i suoi occhi fossero in grado di arrivare a vedere fino in fondo alla mia anima. Non volevo propriamente che smettesse, ma allo stesso tempo non sapevo cosa fare, né come sentirmi a riguardo.

«Verrai con me?» bisbigliai, nel tentativo di scacciare quella tensione che sentivo esserci ancora tra di noi.

«Dove?» domandò ingenuamente, aggrottando le sopracciglia.

«A-al museo. I biglietti sono due e ho pensato che forse...» balbettai, ma poi alzai lo sguardo, notai la sua espressione perplessa e scossi la testa. «No, hai ragione, è un'idea stupida.» ridacchiai nervosamente, prendendo a giocherellare con una ciocca dei miei capelli.

«N-no!» si affrettò ad esclamare lui, tirandosi su dalla sua posizione semi sdraiata e gesticolando febbrilmente come faceva sempre. «No, mi piacerebbe molto, in realtà. Anche se di arte ci capisco meno di zero.» ponderò, aggrottando di nuovo le sopracciglia. «Ma puoi spiegarmi tu le cose.» sorrise poi, tornando ad appoggiarsi con la schiena alla testiera del letto, ma mantenendo un atteggiamento nervoso.

«E allora perché hai fatto quella faccia da pesce lesso?» lo rimbeccai, ma finendo per sorridere a mia volta.

«Perché...» esordì, riprendendo a gesticolare febbrilmente nella mia direzione. «Perché tu sei sempre così decisa e sarcastica, e invece fino a pochi istanti fa mi stavi abbracciando e... E ora balbetti e sei gentile.» blaterò a vanvera, spalancando gli occhi e non smettendo di muovere le mani. «Mi hai colto alla sprovvista, ecco.»

«Già, prova a dire anche questo e...»

«Mi raserai metà della testa mentre dormo.» concluse la frase al posto mio, prima sorridendo e poi ridendo brevemente.

«Impari in fretta.» ammiccai, ma poi i miei occhi si soffermarono su qualcos'altro. «Perché hai portato la chitarra?» domandai, dopo qualche altro istante di silenzio, indicando l'involucro scuro accanto alla finestra.

«Abitudine, credo.» alzò le spalle, seguendo il mio sguardo e rimanendo voltato per alcuni secondi. «Al campus me la portavo dietro spesso e un po' mi manca farlo. Oh, e poi a volte mi piace suonarla prima di dormire.» aggiunse, senza riportare gli occhi su di me.

Sorrisi nonostante non potesse vedermi. «Hai scritto anche tu qualche canzone dell'album?»

Il mio sguardo tornò sul suo viso, talmente indecifrabile da non farmi capire quali emozioni stesse provando. Ma probabilmente nessuna. Era pur sempre un microcefalo.

«Ho collaborato in quasi tutte,» sentenziò, in tono stranamente serio. «ma non ne ho scritta nessuna di mio pugno. Non che sia in questo album, almeno.»

«Che significa?»

«Che prima non avevo qualcosa per cui valesse la pena scrivere una canzone.» alzò le spalle e mantenne lo sguardo lontano dal mio viso.

«E ora ce l'hai?» insistetti, sorridendo nonostante non potesse vedermi.

«No.» sospirò, alzando finalmente gli occhi su di me, ma mantenendo quell'espressione indecifrabile. «Però a volte basta un singolo momento. Di un momento si può fare una canzone.»

«Quindi hai scritto una canzone?» domandai ancora, inarcando le sopracciglia. I miei discorsi con Luke erano raramente così profondi e ancora facevo fatica ad accettare che potesse avere un lato maturo, un lato che fosse in grado di scrivere canzoni con un vero significato.

«Ho trovato la melodia e ho scribacchiato qualche verso, ma non è completa.» alzò le spalle lui, prendendo a giocherellare con la zip della felpa che gli avevo tirato addosso poco prima. «E comunque non è niente di che.» sporse in fuori il labbro inferiore e scosse brevemente la testa.

«Questo fallo decidere a me.» proposi, ancora prima che il mio cervello potesse registrare del tutto quello che le mia labbra avevano già sputato fuori. «Sai che sarò sincera.» aggiunsi, alzando le sopracciglia in modo sfacciato.

«È proprio questo che mi preoccupa.» rise brevemente, mantenendo lo sguardo sulla felpa.

«Su, fammela sentire.» lo incitai, sistemandomi a gambe incrociate in mezzo al letto, in modo da poterlo vedere meglio in faccia.

«No.»

«Che c'è?» lo stuzzicai, sfoderando un sorriso malizioso. «È talmente personale che hai paura che dopo che l'avrò sentita inizierò a pensare che da qualche parte in quel tuo corpo da gigante ci siano tracce di umanità?»

Luke rimase stranamente serio e per qualche istante non disse né fece nulla, poi sospirò e si alzò per andare a recuperare l'involucro nero in cui si trovava la sua chitarra. Lo aprì, si sistemò lo strumento in grembo e lo accordò sempre senza proferire parola. Ero emozionata e allo stesso tempo spaventata all'idea di sentire la sua prima canzone, ma non avrei saputo spiegare la ragione della mia seconda emozione. Avevo paura che parlasse di me? O forse... O forse avevo paura che non lo facesse?

Le sue dita presero ad accarezzare le corde delicatamente ed una melodia più dolce di quella che mi sarei aspettata si diffuse nella stanza, strappandomi ai miei pensieri paranoici una volta per tutte. Per svariati secondi Luke continuò semplicemente a suonare senza aggiungere le parole, ma quando finalmente arrivarono, un lungo brivido percorse la mia schiena.

I don't wanna say goodbye to another night
And watch you walk away
I don't wanna let it burn in the city lights
And make the same mistakes

This time
I don't wanna waste it, don't wanna waste it
I don't wanna waste it, don't wanna waste it
I don't wanna waste it
Don't wanna waste the night
I don't wanna waste it, don't wanna waste it
I don't wanna waste it, don't wanna waste it
I don't wanna waste it
Don't wanna waste the night.

Smise improvvisamente di pizzicare le corde ed alzò le spalle, non azzardandosi a spostare lo sguardo sul mio viso. Restammo entrambi in silenzio per quelli che a me parvero secoli, ma che probabilmente furono soltanto pochi secondi, poi fu lui a prendere la parola.

«Per ora è soltanto un abbozzo e non sono nemmeno del tutto convinto di quel poco che ho scritto, quindi, se proprio devi demolire quel briciolo di autostima che ancora ho, fallo ora e togliamoci il pensiero.» sospirò, stringendo gli occhi e poggiando la chitarra accanto a sé sul letto.

«Per chi l'hai scritta?» domandai dopo pochi istanti, inclinando leggermente il capo e osservandolo con sincera curiosità.

«Come... Come fai a dire che è per qualcuno?» balbettò lui, scuotendo la testa e aggrottando le sopracciglia.

«Perché quella melodia e quelle poche strofe non possono essere uscite dal tuo cervellino di loro spontanea volontà. Devi per forza aver avuto un'ispirazione.»

«Beh, grazie per la fiducia sulle mia capacità creative Jenna, sono commosso.» replicò, in tono palesemente sarcastico.

«Ma ho ragione. Giusto?» insistetti, ignorando il suo commento, senza spostare lo sguardo dal suo viso.

Luke sospirò e si risistemò contro la testiera del letto, senza guardarmi in faccia. «Può darsi.»

Restammo in silenzio per alcuni secondi, entrambi con la schiena appoggiata alla testiera del letto e lo sguardo abbassato. In quel momento avrei pagato qualsiasi cifra per sapere quali fossero i suoi pensieri, ma Luke rimase in un ostinato silenzio.

«Claire?» sussurrai con voce incerta, come se la risposta a quella domanda quasi mi spaventasse.

Tornò a voltarsi verso di me e, nonostante i miei occhi non si fossero mossi di un millimetro, vidi i suoi studiare il mio viso e le sue sopracciglia aggrottarsi.

«Non le parlo da quando ce ne siamo andati dal college.» replicò cautamente, senza staccare gli occhi dal mio volto. Mi sentii come se un peso si fosse appena sollevato dal mio stomaco e finalmente anch'io spostai lo sguardo su di lui.

«Hai conosciuto qualcuno mentre eri in tour?»

Luke abbassò ancora una volta lo sguardo e rise brevemente. Una risata calcolata, né spontanea né divertita. Poi i suoi occhi tornarono sul mio viso. «Proprio non ci arrivi, eh?»

Fu il mio turno di aggrottare le sopracciglia ed osservarlo con occhi pieni di confusione. Lui ripeté la stessa risata di poco prima e riprese a parlare.

«Ricordi quel giorno in cui sono venuto in camera tua per chiederti come avrei dovuto comportarmi nel caso in cui avessi considerato di impegnarmi davvero con una ragazza?»

Io annuii con aria incerta. «Ricordo di averti detto che avresti bisogno di un cartellone con tanto di frecce luminose e lettere cubitali per capire se qualcuno prova dei sentimenti per te.»

«E anche di qualcuno che distolga la mia attenzione dalle frecce luminose per ricordarmi di leggere il cartello, sì.» sospirò lui, fingendosi esasperato, ma non riuscendo ad evitare che un sorriso si facesse strada sulle sue labbra. «Ma mi hai detto anche un'altra cosa quel giorno.» Restai in silenzio, non capendo dove Luke volesse andare a parare. «Mi hai detto che speravi che quella persona sarebbe riuscita a cambiarmi, a farmi mettere la testa a posto.»

Ora che le aveva pronunciate, ricordavo perfettamente quelle parole. Ricordavo di averlo davvero sperato, ma ricordavo anche di averci creduto ben poco. E soprattutto, non capivo perché le avesse tirate fuori proprio ora, visto che a quel tempo si riferivano a Claire e lui mi aveva appena detto che non si parlavano da più di un anno.

«Ancora non ci arrivi, eh?» rise nuovamente, questa volta in modo più genuino, alzandosi dalla testiera del letto e sporgendosi verso di me. «C'è stata un'unica persona che non ha mai smesso di provare a mettermi in testa cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato, che ha continuato a credere che un giorno sarei maturato, che ha visto in me qualcosa di più di un bel sorriso e due occhi azzurri.»

Restai in silenzio e non mi resi conto di aver trattenuto il respiro finché sulle labbra di Luke non si aprì il sorriso più sincero che gli avessi mai visto fare, e che sarebbe stato addirittura contagioso, se solo in quel momento non mi fossi sentita come se tutte le emozioni fossero state risucchiate via dal mio corpo.

«Sei tu Jenna. Sei sempre stata tu.»

Rimasi a fissarlo con gli occhi spalancati e la gola secca. Luke Hemmings, lo stesso Luke Hemmings con cui avevo litigato per la maggior parte del tempo che avevamo trascorso insieme, lo stesso Luke Hemmings che mi aveva spezzato il cuore l'anno precedente... Ora veniva a dirmi che io ero la ragazza che era riuscita a cambiarlo e a fargli mettere la testa a posto? Il destino aveva davvero uno strano senso dell'umorismo.

«Penso... ehm,» ricominciò lui, grattandosi la nuca. «penso che ora tocchi a te dire qualcosa.»

Lo guardai stranita e aprii e richiusi la bocca un paio di volte prima che dalle mie labbra uscissero delle frasi con un senso quasi compiuto. «E cosa dovrei dire?»

«Non lo so, di solito siete voi ragazze le esperte di queste frasi a effetto!»

«Uhm...» ponderai per qualche istante, ancora vagamente sconvolta dalla sua dichiarazione e confusa su quale sarebbe stata la mia prossima mossa. «Prego?!» buttai lì alla fine, scuotendo la testa per la consapevolezza di quanto fosse stupida la mia risposta.

Luke tornò a voltarsi verso di me con una lentezza quasi inquietante e quando i suoi occhi si posarono sul mio viso, pensai che fosse sull'orlo di una crisi di nervi. «Io praticamente ti ho appena detto che sono innamorato di te e tu mi rispondi "prego"?» sbottò, probabilmente nemmeno rendendosi conto di ciò che le sue labbra avevano appena pronunciato. «Non puoi essere seria... Tu non...»

«Tu... Mi ami?» domandai, interrompendo il suo sproloquio isterico.

Non riuscii a capire cosa stessi provando, né quale speravo che fosse la sua risposta. Mi sentivo come se fossi uscita dal mio corpo e stessi assistendo alla scena da fuori, come un osservatore estraneo all'intera situazione. Forse perché non avrei mai, nemmeno lontanamente, immaginato di vivere un momento come quello con Luke.

Avevamo un passato insieme, più o meno, ed io ero stata innamorata di lui, ma pensavo che ormai entrambi ci fossimo lasciati la cosa alle spalle. Evidentemente mi sbagliavo.

«Io...» esordì, con ogni probabilità realizzando solo in quel momento ciò che aveva detto poco prima. I suoi occhi si spalancarono a dismisura e si fissarono sul mio viso con un misto di stupore e terrore. «Non lo so, ok? Sei tu l'esperta di amore qui, io non so nemmeno come sia fatto!» bofonchiò, prima gesticolando e poi incrociando le braccia al petto con fare indispettito.

«Beh, io so solo che in questo momento vorrei davvero un cartellone con frecce luminose e scritte a caratteri cubitali per capire cosa diavolo sta frullando in quella tua testolina!» sbottai a mia volta, alzando le braccia e lasciandole poi ricadere pesantemente sul letto.

«E la persona per distogliere la tua attenzione dalle frecce luminose?» aggiunse dopo qualche istante, senza guardarmi, ma con un tono vagamente divertito.

«La mia capacità di concentrazione è perfetta così com'è, grazie.» accennai una risata, portando anche lui a fare la stessa cosa. L'ennesimo silenzio carico di tensione scese nella stanza e ci vollero svariati minuti prima che trovassi il coraggio di porgergli di nuovo quella fatidica domanda. «Luke, sei davvero innamorato di me?»

Un'altra manciata di minuti passò prima che le sue labbra fossero in grado di formulare una risposta coerente, e il mio cuore prese a battere così velocemente che non mi sarei stupita se l'avessi visto schizzare fuori dal mio petto.

«Non lo so.» sospirò, in modo combattuto. «So solo che... Che vedo la tua mano appoggiata sul letto e ho voglia di prenderla e intrecciare le dita con le tue. So anche che probabilmente farebbe uno strano effetto all'inizio e che tu ti lamenteresti per i miei calli o perché la mia mano è troppo calda. Ma forse alla fine ci abitueremmo e a te non verrebbe più voglia di rasarmi mezza testa mentre dormo se lo raccontassi a qualcuno. Magari... Magari un giorno saresti proprio tu a prendere la mia mano davanti a tutti e, anche se poi commenteresti la cosa in modo sarcastico, perché sappiamo entrambi che lo faresti, io saprei anche che quello sarebbe il tuo modo per dirmi che forse... Che forse non avrei più bisogno del cartello, delle frecce luminose e delle scritte a caratteri cubitali... Che forse potrei smettere di cercare una persona disposta ad innamorarsi di me.»

Non mi resi conto di aver trattenuto le lacrime fino a quando una di esse non scese sulla mia guancia, lasciandomi sbalordita e imbarazzata. Mi ero ripromessa che non avrei mai più pianto di fronte a Luke e ora eccomi lì, con il volto rigato dalle lacrime come una cretina.

Cercai di asciugarle senza che se ne accorgesse, ma lui si voltò immediatamente verso di me con un'espressione sconvolta stampata in faccia e per un attimo pensai che anche lui sarebbe scoppiato in lacrime. «No, no, no, ti prego. Non volevo di nuovo farti piangere, lo giuro!» si avvicinò ulteriormente e a quel punto avrei voluto ridere per la sua espressione terrorizzata, ma l'effetto delle sue parole era ancora troppo forte, perciò me ne rimasi lì a fissarlo con gli occhi gonfi e rossi. «Dimentica quello che ho detto, ok? Tirami uno schiaffo se ti fa stare meglio. Ma non piangere, ti prego.»

A quel punto, per la seconda volta in quella serata, feci qualcosa che non mi sarei mai aspettata da me stessa. Le mie mani si mossero come se avessero una volontà propria e si posizionarono sulle guance vagamente ruvide di Luke, tirandolo verso il mio viso.

Nel momento esatto in cui le mie labbra si poggiarono sulle sue, il mio primo istinto fu nuovamente quello di ridere. Non avevo programmato di abbracciarlo, figuriamoci di baciarlo. Ma dopo ciò che aveva detto... Non ci sarebbero state parole abbastanza profonde per fargli capire che ciò che lui aveva buttato lì di getto era esattamente ciò che io avevo sognato di sentirmi dire per tutta la vita.

Aveva commesso tanti errori in quegli anni e non ero nemmeno sicura che ciò che stava accadendo in quella stanza avrebbe in qualche modo avuto un futuro, ma quello che sapevo per certo era che in quel momento io amavo lui e lui amava me. In quel momento io ero soltanto sua e lui era soltanto mio. Indipendentemente da quello che sarebbe successo il giorno dopo o un anno dopo.

Quando ci separammo, non saprei dire dopo quanto tempo, mi resi conto che la sua espressione terrorizzata era sparita e aveva lasciato il posto ad una del tutto esterrefatta. Mi limitai a sorridergli e mi risistemai con la schiena appoggiata alla testiera del letto, evitando accuratamente il suo sguardo ancora sconvolto.

Nessuno dei due proferì una parola, ma, quando anche lui tornò a posizionarsi con la schiena appoggiata al suo cuscino tirato su, allungai la mano per afferrare la sua, che era distesa accanto alla sua gamba. Intrecciai le nostre dita come aveva detto lui e fui subito colpita da quanto effettivamente le sue fossero ruvide e calde, ma non mi lamentai.

Gli lanciai un'occhiata di traverso e lo vidi sorridere, ma prima che parlasse ci vollero ancora svariati minuti.

«Hai ancora intenzione di rasarmi mezza testa mentre dormo se lo racconto a qualcuno?»

Non mi voltai verso di lui, ma risi brevemente e annuii. «Puoi dirlo forte.»

It's only been
One night of love
And maybe
That is not enough

Hold me tight
Don't let me breathe
Feeling like
You won't believe.

-------------

READ PLEASE.

Ok, sento di dovervi una spiegazione per questa mia assenza così prolungata.
Ho iniziato a scrivere Shiver tre anni fa, in un momento di smarrimento e mentre ero completamente innamorata di un ragazzo che per me non provava nulla. Ora, a tre anni di distanza, sono una persona completamente diversa. Non fraintendetemi, sono sempre abbastanza smarrita, ma quel ragazzo? Oh, per carità, non ne voglio più sapere nulla! Mi ci sono voluti anni per capire che Michael e tutta questa storia fossero in realtà riferiti a lui e in questi mesi non sono riuscita a continuare perché forse non volevo ammettere a me stessa che un periodo della mia vita si sta concludendo.

Molte di voi mi hanno scritto che Shiver è stata una parte importante della loro vita, che le ha aiutate a crescere e a capire chi fossero. Beh, provate solo ad immaginare se a voi lettrici ha fatto questo effetto come mi sono sentita io quando mi sono resa conto che con questa storia si concluderà una volta per tutte una parte della mia vita. Non sono stata pronta a dirle addio per mesi, ma ora sento che è giusto farlo. Ma non disperate, abbiamo ancora l'epilogo!

Dopo tutte queste smancerie sentimentali, le solite informazioni di servizio:

1. SHIVER POTREBBE DIVENTARE UN LIBRO CARTACEO! Sono stata contattata da una casa editrice e sono interessati a collaborare con me. Ho promesso loro che non appena sarò a posto con l'Università correggerò l'intero libro e manderò loro il pdf definitivo della storia. QUINDI GRAZIE PER AVERMI AIUTATA A RENDERE QUESTA COSA POSSIBILE.

2. Alphabet ha vinto in una categoria degli Wattys 2016 (e si, prima che me lo chiediate, continuerò anche quella appena mi verrà l'ispirazione divina)

3. Ho iniziato a scrivere una cosuccia per puro divertimento sul mio profilo inglese (hollandsvoice) e probabilmente presto la pubblicherò, quindi vi consiglierei di tenerlo d'occhio.

4. Vi ho regalato una piccola gioia Juke. Il capitolo si sarebbe dovuto concludere in modo completamente diverso (con molti meno vestiti), ma non volevo ridurre tutto alla solita storia di sesso. Magari mi odierete, ma io sono fiera di com'è uscito alla fine. E spero che abbiate letto accuratamente la canzone legata al capitolo, dall'inizio alla fine.

5. Ho due opzioni per l'epilogo e, quella che non sarà la definitiva, la scriverò comunque nel libro "Le vostre domande".

6. Regalate a me Sebastian Stan e a yourmomo Lauren Jauregui e nessuno si farà male.

Ok, credo di aver detto/spiegato praticamente tutto. Spero che nonostante la mia infinita assenza non mi avrete abbandonata e che avrete ancora la pazienza di sopportarmi fino all'epilogo.

Love you all more than ever,

effi.

Continue Reading

You'll Also Like

55.2K 2.9K 47
Chissà perché ci era stato insegnato che i simili erano soliti respingersi, che due menti e due caratteri fin troppo uguali non erano fatti per stare...
417K 20.9K 31
[NECESSITA DI UN'ACCURATA REVISIONE: CONTIENE NOTEVOLI ERRORI GRAMMATICALI E ORTOGRAFICI, L'AUTRICE CHIEDE VENIA E NE E' AL CORRENTE. (Appena potrò r...
31.4K 995 5
ROMANZO COMPLETO SU AMAZON - Parte prima - Jaxon Clark ne ha abbastanza del liceo, vuole il college, l'aria fresca di libertà e soprattutto il footba...
1.2M 48.4K 43
Sara è una normale adolescente, con un particolare talento per le figure di merda. Ma questa sua dote sembra aumentare in modo esagerato quando incon...