𝐅𝐈𝐗 𝐀 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓 [𝐇𝐀𝐑�...

september199six

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«Lo faccio perché io ero come loro.» Cover / logaphile Trailer / @-Niaas : https://www.youtube.com/w... Еще

𝐂𝐚𝐬𝐭 / 𝐍𝐀
𝐅𝐈𝐗 𝐀 𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓
𝐨𝐧𝐞
𝐭𝐰𝐨
𝐭𝐡𝐫𝐞𝐞
𝐟𝐨𝐮𝐫
𝐟𝐢𝐯𝐞
𝐬𝐢𝐱
seven
eight
nine
ten
eleven
twelve
thirteen
fourteen
fifteen
sixteen
seventeen
eighteen
nineteen
twenty
twentyone
twentytwo
twentythree
twentyfour
twentyfive
twentysix
twentyseven
twentyeight
twentynine
thirty
thirtyone
thirtytwo
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thirtynine
forty
fortyone
fortytwo
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fifty
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fiftytwo
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fiftyfive
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fiftyseven
fiftyeight
sixty
sixtyone
sixtytwo
sixtythree
sixtyfour
sixtyfive
epilogue
ANNUNCIO

fiftynine

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september199six

[Someone you loved Lewis Capaldi]

🌹 A R I E L 🌹

Quando mi sveglio sono ancora nel letto di mio padre. Solo che adesso è completamente vuoto, sono coperta dalle lenzuola e sono ancora vestita nel modo in cui lo ero ieri sera quando sono tornata.

Mi passo le dita sul volto e mi strofino gli occhi, poi piego le gambe e le incrocio quando mi sollevo, lasciandomi scorrere una mano tra i capelli e abituandomi velocemente alla debole luce che filtra dalle tende chiare della piccola stanza.

Sposto lo sguardo sul comodino alla mia destra e c'è un biglietto, così mi allungo e lo recupero.

Finchè c'è vita c'è speranza, e finchè ti permetti di sperare, la paura non esiste. Sei più forte della paura, Ariel. Combattila e vivi.

A più tardi,
papà.

Rileggo quelle parole più volte, nella grafia in cui le lettere sono grandi e scritte in modo deciso. Le rileggo e poi sorrido, socchiudendo gli occhi e sospirando.

Mentre chiudo gli occhi rivedo anche tutto quello che sono riuscita a vivere ieri. Perché io ieri ho vissuto, e l'ho fatto in un modo in cui non ero più riuscita a fare dopo la morte di mamma e dopo Harry. Mi sentivo viva: sentivo tutto quello che mi sono costretta a lasciare andare riscorrermi dentro, nelle vene e attraversarmi interamente.

Sto rasentando la superficie, quella che credevo fosse ormai irraggiungibile, quella che non riuscivo più a vedere, che non volevo neanche esistesse, perché io volevo soltanto scivolare nell'oblio.

Ma Harry è stato la mia luce, e mi ha portata con lui dove sono ora senza neanche che io me ne rendessi conto, e senza che io glielo chiedessi. Lo ha fatto e basta, nonostante tutto.

È stato la mia speranza e io sarò la sua. Ho bisogno di vivere e di sperare, di continuare a combattere, e mio padre ha ragione. Lo devo a me stessa, ma lo devo soprattutto a Harry.

Con ancora il biglietto tra le mani mi alzo, raggiungo il bagno accanto alla mia stanza e mi faccio una doccia dopo aver legato i miei capelli in uno chignon sulla cima della testa per far sì che non si bagnino.

Avvolgo un asciugamano intorno al mio corpo e vado nella mia camera, dove mi cambio e da dove esco poco dopo per attraversare la piccola sala all'ingresso e andare verso la cucina, dove mio fratello e Liam si voltano quando varco la soglia.

Mio fratello mi ha rivolto a stento la parola in questi ultimi giorni, e tra due lui e Liam ripartiranno.

Todd si volta prima di incrociare il mio sguardo e torna a mangiare i suoi pancakes, Liam invece è in piedi con la spatola in una mano e il manico della padella nell'altra. Quando ricambio il suo sguardo mi fa cenno di avvicinarmi e andare verso di lui.

Guardo un'ultima volta Todd e poi raggiungo Liam, che mi avvolge un braccio intorno alle spalle e posa le sue labbra sulla mia guancia.

«Buongiorno, piccola Bobo.»

Sorrido quando pronuncia quel nomignolo che usa soltanto lui e che soltanto lui e la mia famiglia conoscono.

«Ciao», ricambio il suo saluto e il suo sorriso; un mio braccio è intorno al suo bacino.

«Vuoi fare colazione con noi?» Mi domanda, e so che lo sta facendo per spronarmi a reagire e a fare qualcosa con Todd, un passo in avanti esattamente come ho fatto con mio padre.

«Certo», rispondo, e lo lascio andare mentre continua a cuocere gli ultimi pancakes.

Mi sposto sul tavolo e mi siedo di fronte mio fratello, che sta quasi finendo di mangiare. Incrocio le braccia sul piano e lo guardo.

Liam ci raggiunge dopo qualche minuto, sedendosi tra me e Todd. Mi fa scorrere un piatto davanti e io lo ringrazio, lui mi sorride e sospira.

«Domani sarà il nostro ultimo giorno qui», dice, prendendo in mano la situazione e guardando Todd, ma lui scrolla le spalle senza neanche guardarlo.

«Ti piacerebbe fare qualcosa in particolare?» Gli domando senza pensarci troppo, e dalla mia voce traspare più sicurezza di quanta ne abbia in realtà.

Todd scrolla di nuovo le spalle, però questa volta i suoi occhi grandi si alzano, incrociando i miei.

«Vorrei andare al mare», aggiunge poi, come se un ricordo lo avesse attraversato. E io credo di conoscere quel ricordo.

Un piccolo sorriso si costruisce sulle mie labbra. Il mare è qualcosa che ci ha sempre accomunati. «Non ti hanno mai portato al mare da quando io e papà ce ne siamo andati?»

Scuote la testa, finendo poi il succo rimasto nel bicchiere.

Il pensiero che sia stato privato di tutto quello che a ogni ragazzo della sua età dovrebbe essere dato mi stringe il cuore, perché specialmente nella sua condizione, dopo tutto quello che ha passato, avrebbero dovuto prendersi cura di lui nel modo in cui merita. Quello che ha sempre meritato per la mamma, per mio padre e per me.

«Ci andremo», affermo in modo deciso.

Liam si volta a guardarmi. «Posso chiedere a Harry o a Stephan se conoscono un posto vicino che potremmo raggiungere per starci un solo giorno.»

«Potresti chiederlo a Harry e potresti chiedergli di venire, se vuoi», propone Liam, io riporto lo sguardo su Todd.

Il pensiero di passare un'intera giornata del genere con Harry con la consapevolezza di quello che abbiamo ora mi scaturisce brividi lungo tutto il corpo.

«Per me va bene», conferma Todd, accennando un piccolo sorriso.

A quel punto sorrido anch'io, perché non riesco a fare altro.

🌹

Due ore più tardi sono fuori l'appartamento di Harry, che mi sorride mostrando una fossetta a lato della sua bocca quando mi vede. Si appoggia alla porta aperta e mi guarda; io faccio lo stesso.

I suoi capelli — ormai lunghi — sono raccolti in una piccola crocchia e il suo volto è completamente scoperto. È terribilmente bellissimo, e per quanto possa sembrare romantico e patetico, sembra un angelo che non merita di appartenere a questo mondo.

«Ariel Green.» La sua voce è sempre roca e i suoi occhi sembrano quasi trasparenti. Il sorriso è ancora impresso sul suo volto.

È come se non mi vedesse da giorni, quando in realtà sono passate ore da quando me ne sono andata da qui. Sembra passato così tanto da quando eravamo su quella pista di pattinaggio e poi qui, le mie dita che scorrevano sui tasti del suo pianoforte. E invece era soltanto ieri.

Solo che con lui è tutto più amplificato.

«Ehi.» Entro nell'appartamento quando lui si sposta per farmi passare, ma non smette mai di guardarmi neanche quando richiude la porta.

Fa scivolare le sue dita lungo il mio braccio fino a raggiungere la mia mano, e io ho bisogno di controllare ciò che sento.

Mi tira dolcemente verso di sé e preme le sue labbra sulla mia tempia; il mio cuore sembra forzare il mio petto per saltare fuori e correre vero di lui.

«Stai bene?» mi domanda, preoccupato che io sia lì per rifugiarmi da tutto il resto. In parte è così, ma prima lo era di più.

«Sì, sì», gli rispondo, accennando un sorriso sincero. «Sto bene. Devo chiederti una cosa.»

Ci spostiamo nella sua camera, dove le tende sono aperte e la luce la illumina completamente.

Sulla scrivania c'è un quaderno rilegato aperto, mentre sul ripiano del piano contro la parete sono sparsi più fogli e spartiti.

«Cosa scrivi?» gli chiedo. Harry va verso la scrivania e chiude il quadernetto avvolgendo il nastro intorno per non far cadere alcuni fogli dall'interno.

«Qualcosa», mi risponde, guardando ancora il quaderno e poi me quando lo ripone di nuovo sulla scrivania.

«Qualcosa può essere tutto», dico, non provando neanche a reprimere un sorriso.

Harry fa lo stesso, incrocia le braccia e si appoggia alla scrivania. La maglia bianca che indossa gli cade perfettamente sulle spalle e sull'addome.

«O può essere niente. Dipende dai punti di vista.»

Nessuno dei due distoglie lo sguardo, e nessuno dei due smette di sorridere. Una strana, nuova e intensa sensazione mi preme nel centro del petto.

Faccio un passo verso di lui, avvicinandomi. «Se si tratta di te non può essere niente.»

Quando sono abbastanza vicina lui slega le braccia e le porta intorno al mio corpo, le mie mani sono sul suo petto.

Esita prima di rispondermi, mi guarda intensamente come soltanto lui riesce e entrambe le fossette si costruiscono ai lati delle sue labbra quando le solleva verso l'alto.

«Adesso te lo griderei», afferma sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Cosa?» riesco a mormorare mentre sento ancora il suo tocco incidere la mia pelle.

Prende il mio volto tra le mani sfregando i pollici vicino al mio labbro inferiore.

«Qualcosa», sussurra, la sua voce bassa e profonda. «Però in senso di tutto.»

E con ancora quel sorriso sulle labbra, il cuore che mi vive dentro e senza paura mi aggrappo al retro del suo collo e lo avvicino a me, fino al momento in cui le sue labbra toccano le mie.

Harry respira nella mia bocca quando dischiudo le labbra, e prende la mia mano che è rimasta sul suo petto.

Le mie dita accarezzano la base dei suoi capelli e le sue premono gentilmente sul mio fianco, tenendomi stretta a lui e curando le mie ultime ferite.

Ci allontaniamo e lui appoggia la fronte contro la mia, come ogni volta.

«Anch'io», sussurro, e so che lui mi ha capita. Lo fa sempre, anche quando la prima a non capirmi non io.

«Cosa devi chiedermi?» dice tenendo entrambe le mie mani tra le sue.

«Liam e Todd torneranno in America tra due giorni», inizio, distogliendo lo sguardo dal suo. «Ho chiesto a mio fratello cosa gli sarebbe piaciuto fare, e lui mi ha risposto che vorrebbe vedere il mare. Credo non lo faccia da tanto e che gli manchi anche se non lo ha detto, nostra mamma ci portava spesso.»

Le dita di Harry mi accarezzano la guancia, salendo allo zigomo e poi alla tempia.

«C'è Wenston», dichiara, continuando a tenermi. «È a un paio d'ore, ma è il posto più vicino a Nottingham.»

«Davvero?» Replico retoricamente, perché una parte di me temeva che avrei spezzato quel poco che ne resta del cuore di mio fratello.

Harry sorride e annuisce. «Sì, davvero.»

«In realtà, c'è anche un'altra cosa», aggiungo poi, la mia voce si abbassa e un brivido mi attraversa, come la prima volta in cui ci ho pensato.

«Ti ascolto.»

Sospiro e socchiudo gli occhi, tornando a premere i palmi delle mani sul suo petto. «Se venissi con noi?»

Prima che lui risponda sono io ancora a parlare, scuotendo impercettibilmente la testa. «Cioè, potrebbe comunque farti bene, giusto? Il mare fa bene a tutti, e ho pensato che magari tu potresti venire, anche Todd mi ha detto che per lui va bene, e anche Liam e mio padre, insomma...»

La risata roca di Harry mi interrompe, insieme alla sua testa che cade sulla mia spalla.

«Dio, non hai proprio idea di quello che ti griderei.»

Adesso sono io a seppellire il volto nel suo petto quando lui solleva il suo, e riesco a sentire la sua risata scuotere lui e me.

«Guardami, Ariel Green», mi chiede dolcemente, cercando di ricomporsi e premendo la sua mano sul fondo della mia schiena.

«Voglio solo che tu stia bene, Harry.»

Lui mi guarda ancora, i suoi occhi chiari sono limpidi ed è come se stesse soppesando le parole da dirmi, quando per me ogni cosa che lascia le sue labbra è perfetta.

«In questo momento, e domani, e ogni volta che sono e che sarò ancora con te, starò meglio di quanto io sia mai stato ogni attimo trascorso ad aspettarti.»

Ed è in questi momenti che mi domando cosa io abbia fatto per meritare lui, se poi mi verrà portato inevitabilmente via. Mi domando perché lui abbia scelto me, anche se io sono stata la prima ad averlo fatto con lui. Anche questo è stato inevitabile, ma non tornerei indietro. Non cancellerei niente.

Se potessi, fermerei il tempo nel momento in cui le sue braccia si avvolgono intorno al mio corpo e mi tengono stretta; le sue mani tra i miei capelli e sulla mia schiena. La sua stretta e, ancora una volta, il silenzio che parla per noi sussurrando quelle parole che ancora non abbiamo avuto il coraggio di pronunciare ad alta voce.

Posa le sue labbra sulla mia fronte e indugia sulla mia pelle mentre io socchiudo gli occhi.

Ci allontaniamo e io vado verso il piano, che non mi fa più paura come prima, ma non mi siedo.

Recupero alcuni degli spartiti sparsi sul ripiano, e soltanto leggendo le note disegnate tra le righe riesco a ricordare il momento in cui le ho ascoltate per la prima e ultima volta.

I miei occhi si spostano verso l'alto, sul titolo della canzone. Sento quasi un pezzo di cuore lasciarmi andare e poi tornare da solo a ricomporsi.

«Non lasciarmi andare», sussurro tenendo ancora lo spartito tra le mani.

Me lo immagino, vestito in questo modo, con una sola manica della maglia che indossa arrotolata fin sopra il gomito mentre scrive su quel quaderno o mentre compone, magari con una matita o l'estremità di quegli occhiali tra le labbra e i capelli raccolti, proprio come adesso. I suoi occhi verdi concentrati sul foglio e i piedi nudi al di sotto dei pantaloni di tuta.

Poi sento due mani afferrarmi da dietro e cingermi la vita, il suo mento si appoggia sulla mia spalla. Sembra quasi essere diventata un'abitudine.

«La ricordi?»

Annuisco e sorrido debolmente. «Sì.»

Ricordo il modo in cui quel suono mi aveva attirata lì, mi aveva portata da lui e dalla sua voce, come l'aria che ognuno ha bisogno di respirare per vivere.

Ricordo i suoi occhi, come mi guardavano e le sue parole, tutte le sue parole. E anche le mie, quando gli dissi che ero innamorata di Zayn anche se non era vero. Lui forse in quel momento ci aveva creduto, ma nemmeno io lo avevo mai fatto.

«L'ho finita quando tu te ne sei andata», sostiene, il suo respiro caldo sulla mia pelle.

«È bellissima.»

«Tu sei bellissima», replica, poi io lo guardo brevemente e sorrido, lui mi stringe di più e mi bacia sulla spalla mentre io riappoggio lo spartito sul ripiano per prenderne un altro.

«E questa?» domando quando lo tengo tra le mani.

Non c'è un titolo, ci sono ancora soltanto note e correzioni sopra quasi ogni rigo. Come se ci avesse lavorato giorno e notte, come se non riuscisse a trovare una soluzione.

«Questa è per quando mi lascerai andare», mi risponde dopo qualche istante, il suo tono è serio ma il modo in cui mi guarda quando mi volto verso di lui è diverso.

È consapevole, intenso e io ho bisogno di sperare. Devo iniziare a sperare e a non avere paura.

«Allora credo che aspetterò», dico, ricambiando il suo sguardo. Porto una mano sul suo volto e continuo a guardarlo con lo spartito ancora tra le mani.

«Non ti lascio andare», sussurro nello stesso modo in cui lui ha pronunciato le sue parole, anche se sappiamo entrambi che sarà lui a lasciare me.

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