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Autorstwa september199six

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ยซLo faccio perchรฉ io ero come loro.ยป Cover / logaphile Trailer / @-Niaas : https://www.youtube.com/w... Wiฤ™cej

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๐จ๐ง๐ž
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epilogue
ANNUNCIO

fortyseven

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Autorstwa september199six

[Lionheart — Demi Lovato]

🌹 A R I E L 🌹

Le mie dita continuano a scivolare tra i suoi capelli e nessuna parola rompe questo assordante silenzio; soltanto i nostri respiri che si fondono.

La testa di Harry è ancora sulle mie gambe, distese davanti a me. Tiene gli occhi chiusi e il respiro si è regolarizzato.

La sua confessione mi ha sorpreso, ancora una volta, così come le sue lacrime. Si è lasciato andare, non ha avuto paura di farlo e continua a non averne, mentre le lacrime ormai secche rigano il suo volto meraviglioso.

I suoi occhi verdi sono quasi trasparenti, e sono intensi, più pieni quando mi guarda brevemente. I miei movimenti sembrano rilassarlo, e non mi ha mai fermata da quando ho iniziato a farlo. Nessuno dei due l'ha fatto.

Ci guardiamo entrambi, come se soltanto questo bastasse. Come se bastasse nonostante tutto.

Le porte davanti a noi sono ancora chiuse, e io non so quanto tempo passi prima che la figura di Liam si costruisca davanti ai miei occhi insieme a quella di Todd.

Distolgo lo sguardo da quello di Harry quando si solleva; la mia mano scivola via dai suoi capelli.

«Ehi», dice Liam, guardando prima me e poi Harry.

Io mi limito a sorridergli per poi rivolgermi a Todd. «Ehi, vieni qui.»

Lui annuisce e si siede accanto a me e a Harry sul pavimento. Una fila di sedie è di fronte a noi.

Todd poggia la testa sulla mia spalla. «Sono felice di aver rivisto papà.»

«Sono sicura che lo sia anche lui», sussurro prima di posargli un bacio tra i capelli. Avrei soltanto voluto trascorrere del tempo con loro; avrei voluto continuare a vivere l'incontro tra lui e papà, e avrei voluto che in questo momento fossimo tutti a casa, a parlare e a recuperare il tempo perduto.

«Quanto tempo è passato da quando tuo padre è entrato?» domanda Liam, ma è Harry a rispondergli prima che riesca a farlo io.

«Tre ore.» La sua voce è provata e roca, e lui sembra esausto. Esausto di tutto.

Tre ore. Sono quattordici ore che Andrew è lì dentro, a lottare per vivere la vita che merita. E noi siamo qui a sperare e a lottare per lui; con lui. Ma lui ce la farà. Deve farcela, perché ha bisogno di vivere ancora. Ha bisogno di respirare ancora, di innamorarsi, di amare e di essere amato. Più di quanto lo sia già.

«Sei qui da quattordici ore?» chiedo a Harry,  voltandomi a guardarlo.

Lui annuisce debolmente. «Sì.»

So che se gli dicessi di andare a casa, di cambiarsi e di riposare, lui non lo farebbe. Neanche se gli assicurassimo di tenerlo aggiornato se ci fosse qualcosa da sapere. Non lo farebbe, ma io lo capisco. In realtà, forse lo capisco meglio di nessun altro.

«Ariel, perchè non vai a casa con Todd? Posso restare io qui», propone Liam, e quando sollevo lo sguardo per guardarlo, lui annuisce.

Io sposto lo sguardo su Todd e poi su Harry, che si volta a guardarmi incrociando il mio sguardo. Non dice nulla, così mi alzo.

«Va bene», mormoro, aiutando Todd ad alzarsi. «Tornerò domani mattina.»

Vado verso Liam e lui mi abbraccia, stringendomi contro di sé. «Chiamami se c'è bisogno di me, o se sapete qualcosa di Andrew.»

«Lo farò», mii assicura, sciogliendo successivamente l'abbraccio. Dal modo in cui mi sta guardando, so che lui sa. E non solo di me e Harry, ma ogni cosa. Lui sa anche più di quello che credevo, ma sono stanca di combattere una battaglia dove io sono sola a lottare contro un esercito che mi rema contro.

Io annuisco ancora e guardo un'ultima volta Harry, prima di voltarmi e lasciare quella sala.

🌹

Un'ora più tardi sono con Todd a casa, e Liam non ha ancora chiamato. È sera, Todd ha la testa poggiata sulle mie gambe mentre le mie dita scorrono tra i suoi capelli, esattamente come hanno fatto con quelli di Harry. Un piccolo sorriso increspa le mie labbra, prima che i frammenti del nostro addio mi attraversino la mente. Credo che, in questo momento, passare del tempo l'uno lontano dall'altra sia inevitabile.

«Ariel», mi richiama Todd, interrompendo il flusso dei miei pensieri. «Chi è Andrew?»

Io esito prima di rispondergli. «Andrew è uno dei bambini dell'ospedale.»

«E cos'ha?», continua Todd, e io mi trovo ad esitare ancora. Ma questa volta il motivo lo conosco.

«Non lo so», sussurro. «Ma non sta molto bene.»

Le mie dita continuano a muoversi tra le ciocche folte, ma i movimenti non sono più guidati da me. È come se io lo facessi ormai per abitudine, senza prestarne più attenzione.

«Quanti anni ha?»

«Otto.»

Todd sospira, entrambe le sue mani sono sotto la sua testa, sulle mie gambe. «Si riprenderà?»

A quella domanda ripenso alle parole di mio padre. Poi penso a lui. Penso a cosa stia provando nel tentare di salvare ancora una vita, dopo aver passato così tanto a smettere di farlo perché non è riuscito a salvare la donna che amava.

«Spero di sì, così potrai conoscerlo», rispondo poi a Todd, e anche se non posso vederlo credo che stia sorridendo.

Dopo qualche minuto ci alziamo entrambi; io lo seguo nella camera di mio padre fino a quando si mette sotto le coperte e mi chiede di fargli compagnia, così mi siedo vicino a lui e lo osservo. Lo guardo mentre i suoi occhi si chiudono e mentre ascolto il suo respiro regolare e rilassato, pensando a quanto mi sia mancato averlo con me. A quanto mi ricordi mia madre e a quanto debba mancargli, come manca a me.

Poggio la testa alla testata del letto e chiudo gli occhi anch'io, prima che il suono del mio cellulare riecheggi nella stanza.

Lancio un'occhiata alla sveglia, e mi rendo conto che sono le cinque del mattino. Il panico mi assale mentre recupero il cellulare e leggo il nome di Liam sullo schermo. Todd continua a dormire quando io mi allontano e rispondo.

«Ariel», anche la sua voce ora è stanca, e io non so se sono pronta a qualsiasi cosa lui abbia da dirmi. Non sono pronta perché qualsiasi cosa dica, so che è legata anche a Harry.

«Cos'è successo?», riesco a chiedergli, a malapena in un sussurro.

«L'intervento è finito», annuncia, e non riesco più a controllare i battiti del mio cuore. «Andrew sta bene. È sotto osservazione, ma se l'è cavata.»

Un pesante sospiro che non sapevo di star trattenendo ricade dalle mie labbra, e mi passo una mano tra i capelli chiudendo gli occhi per qualche istante. Liam deve avermi sentita sospirare.

«Sì», sospira anche lui. «È stato intenso.»

«E papà?» domando, con il cuore che batte ancora troppo velocemente.

«Sta bene anche lui», mi assicura. «Resterò qui con lui ancora un po'.»

«Va bene.» Annuisco anche se non può vedermi.

«E Harry?» gli chiedo esitando, non riuscendone a fare a meno.

«È andato a casa. Tornerà domani», mi informa, io annuisco ancora. Avrei voluto essere lì con lui.

🌹

Il mattino dopo sono ancora con Todd; stiamo andando insieme in clinica. Mio padre e Liam non sono tornati a casa, così ci siamo fermati a prendere loro del caffè e qualcosa da mangiare da portargli.

Dopo la telefonata di Liam sono rimasta accanto a Todd per tutta la notte, ma non sono più riuscita a dormire. Continuavo a pensare soltanto a Andrew... e a Harry. Ho pensato a come dovesse sentirsi, e mi sono chiesta cosa lui stesse facendo in quel momento, mentre io pensavo a lui.

Ho detto a Todd di Andrew, e lui ha sorriso e ha detto di esserne contento, nonostante non lo conosca. Certe volte, in Andrew ho rivisto lui. È come se in qualche modo lui fosse stato parte di me mentre io ero lontana da Todd.

Quando arriviamo in clinica è presto, ma ci sono ugualmente persone che saettano da un corridoio a un altro, perché questo posto non ha orari. Qui non c'è un tempo, perché non c'è tempo per decidere quando stare male o quando stare bene. Non si può semplicemente decidere di non voler essere salvato, o di volerlo essere. Non si può e basta, e non sempre ne vale la pena.

Raggiungiamo il primo piano e incontriamo Liam. Mi abbraccia velocemente e saluta Todd, prendendo allo stesso tempo il caffè dalle mie mani.

«Andrew è di sopra, se volete vederlo. È ancora debole e sta riposando, ma il peggio è passato», ci informa.

Gli chiedo anche di mio padre, ma mi dice che in questo momento è impegnato e che posso raggiungerlo dopo nella sua stanza.

Todd è sempre al mio fianco mentre percorriamo i corridoi, ed entrambi ci fermiamo davanti alla vetrata che dà sulla stanza in cui c'è Andrew, sdraiato sul letto come se stesse dormendo e sognando la vita che ha davanti.

E vicino a lui, con la mano sulla sua, c'è Harry.

Si è cambiato; adesso una bandana avvolge i suoi capelli tenendoli fermi. È di spalle e non può vederci, ma noi possiamo vedere lui. Possiamo vedere il modo in cui parla al il bambino dai capelli biondi a cui tiene così tanto, quello in cui gli sorride e quello in cui lo guarda, mentre continua a stringere la sua piccola mano.

Poi si ferma e lo guarda prima di alzarsi. Si china su di lui e gli preme le labbra sulla fronte, prima di lasciarlo andare e voltarsi. Quando solleva lo sguardo, incrocia il mio.

Restiamo a guardarci fino al momento in cui i suoi occhi non cadono su Todd e prima che raggiunga la porta per uscire. E quando lo fa, non dice nulla. Mi guarda soltanto, come se non avesse bisogno delle parole, perché quello sguardo basta.

Ci supera e io chiudo gli occhi per un istante prima di seguire Todd all'interno della stanza e richiudere la porta dietro di noi.

Una maschera per l'ossigeno aiuta Andrew a respirare, e una cannula è inserita nella sua piccola mano. I suoi occhi azzurri si nascondono dietro le palpebre chiuse.

«Ciao, Andrew», lo saluto, lasciando scorrere dolcemente le dita sui suoi capelli e poi sulla pelle del suo volto.

«È piccolo», dice Todd guardandolo.

Io sorrido. «Sì, lo è.»

Restiamo lì per un po', prima che io lasci mio fratello con Liam e raggiunga la stanza di mio padre. Vado verso questa guardandomi intorno in questo corridoio; alcuni infermieri e medici mi salutano con un cenno che ricambio debolmente.

Quando sono a un passo dalla porta, mi accorgo che questa è socchiusa. E prima che mi accosti ad aprirla sento la voce di mio padre.

«Non possiamo saperlo.»

Mi sposto per guardare all'interno, ma non riesco a vederlo. E quando sento una seconda voce rispondergli, mi si blocca il respiro.

«Ma ha soltanto otto anni», dice Harry. «Io ne ho ventuno.»

«Lo so, Harry. E tu sai anche che non si può programmare niente», continua mio padre. «Possiamo soltanto aspettare.»

«Sai che aspettare è qualcosa che non posso programmare», sostiene Harry, e la sensazione di vuoto nel mio stomaco ritorna, amplificandosi e dilaniandomi da dentro.

«Nessuno lo sa davvero.»

Le persone continuano a passarmi davanti, ad attraversare questi corridoi pensando soltanto al loro lavoro e non fermandosi a guardarmi mentre io sto soltanto cercando di rimettere insieme i pezzi per l'ennesima volta.

«Sarebbe dovuto succedere a me. Io ho vissuto abbastanza.» La voce di Harry e le sue parole frantumano ancora una volta in mio cuore già in pezzi.

Io ho vissuto abbastanza.

«Ma non sei tu a decidere quando farla finita, Harry. E neanche io o nessun altro.» Le parole di mio padre sono decise, e il suo tono si è alzato leggermente, nonostante continui ad essere basso.

«Però entrambi sappiamo che non mi resta molto, e questo è inevitabile.»

A quel punto, cedo. Le mie mani raggiungono la maniglia della porta prima che riesca a precipitare. I volti delle due persone che amo di più sono su di me, e le loro espressioni mi fanno intendere che forse non avrei dovuto ascoltare le loro parole.

Ma l'ho fatto. Una volta per tutte, l'ho fatto. E adesso sto cercando di tenere insieme i miei pezzi, in attesa che qualcuno mi aiuti poi a recuperarli quando mi romperò ancora, e forse per sempre.

Perché anche io lo so, è inevitabile.  

🌹🌹🌹

Scrivere questa storia mi sta spezzando il cuore.

Nel prossimo capitolo troverete tutte le risposte che state aspettando, lo prometto.

Vi abbraccio forte,
Chiara 🥀

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