Shiver || Michael Clifford

By accolasvoice

3.1M 165K 88.3K

«Respingo tutti quanti, non prenderla sul personale.» highest rank in fanfiction #1 More

cast
Prologue.
1. A New Beginning
2. Echo
3. Cookies
4. Little crush
5. Moe
6. Rain And Green Eyes
7. Melting
8. Innocent
9. Overthinking
10. Bravery
11. Confessions
12. Brothers
13. Battleships
14. Miss Marple
15. Challenge
16. Revenge
17. Affection
18. Nightmares
19. Madness
20. Sweatshirt
21. Awkward
22. Feelings
23. Let Me In
24. You
25. The First Time
26. Feel Again
27. Make Me Fall
28. The Last Time
29. Remember
30. Change My Mind
31. Up
32. She Is The Sunlight
33. I Won't
34. You And Me
35. Tear Me In Two
36. Best Of Me
37. Sweet Despair
38. I Will Be
THANKS.
39. Broken
40. No More Lies
41. Demons
42. Wasted
43. Everything Has Changed
44. All About Us
45. Look After You
46. Sparks
47. Unbreakable
48. Holding On And Letting Go
50. Reason
51. Hush Hush
52. Can't Stop
53. This Love
54. Find My Way Back
55. Firefly
NON ODIATEMI
It All Ends.
Ringraziamenti
Characters Ask

49. Mine For A Night

50.3K 2.5K 2.4K
By accolasvoice

Throwing rocks at your window at midnight
You met me in your backyard that night
In the moonlight you looked just like an angel in disguise
My whole life seemed like a postcard.

[Wrapped Around Your Finger - 5 Seconds Of Summer]

----------------

La mia vista era sempre stata pressoché perfetta, a parte quelle saltuarie occasioni in cui, alla sera tardi, indossavo gli occhiali di mia madre per leggere; ma in quel preciso istante, fissando la pagina del mio libro attraverso la patina di lacrime che si era formata nei miei occhi, mi sentivo più cieca di una talpa. Era da quasi tutto il giorno che cercavo di andare avanti nella lettura, ma ogni volta finiva allo stesso modo: mi veniva un tale magone da impedirmi di continuare e chiudevo il manoscritto con uno scatto deciso e qualche lamento incomprensibile.

A quel punto, non sapevo nemmeno più se il mio principale stato emotivo fosse la tristezza o la frustrazione.

Rinunciando all'ennesimo tentativo di scoprire come sarebbe andata avanti la storia, chiusi per l'ennesima volta il libro, asciugai le poche lacrime ribelli che erano sfuggite dai miei occhi e controllai l'ora sulla sveglia a forma di pesce rosso che c'era sul mio comodino. Mancavano soltanto pochi minuti alla mezzanotte e io ancora non avevo voglia di dormire, ma, siccome Jenna era tornata a casa quel pomeriggio, non avevo nemmeno una compagna per lanciarmi in una delle mie tanto amate maratone film a tarda notte. Beth, d'altro canto, era tornata da qualche ora ormai, ma si era quasi immediatamente chiusa nel suo studio sostenendo di avere una montagna di lavoro da sbrigare, quindi anche la possibilità di fare qualcosa insieme a lei era esclusa.

Sospirai profondamente e ripresi in mano il mio libro, questa volta più che decisa a non lasciarmi fermare dalle lacrime. Aprii alla pagina giusta, presi un bel respiro ed iniziai a scorrere velocemente le parole, sentendo quasi subito tornare quel fastidioso senso di pressione allo stomaco che si accompagnava al proverbiale groppo in gola. Le lacrime iniziarono a scendere lentamente sulle mie guance, ma questa volta non chiusi il libro, continuai a leggere sforzandomi di trattenere i singhiozzi e asciugandomi il viso con la manica della felpa ogni dieci secondi circa.

Ero davvero convinta che questa volta sarei riuscita a superare la parte con cui avevo metaforicamente combattuto per tutta la giornata, davvero... Ma poi uno strano e fastidioso ticchettio mi interruppe nuovamente, spazzando via una volta per tutte la mia concentrazione e facendomi alzare gli occhi al cielo e sbuffare sonoramente.

«Oh, sul serio?» sbottai, chiudendo il libro di scatto per l'ennesima volta, asciugandomi il viso - che ormai doveva essere un disastro comunque - ed alzandomi dal letto per cercare di capire da cosa fosse provocato quell'insolito rumore. «Non finirò mai questo maledetto libro.» sospirai con rassegnazione, sporgendo in fuori il labbro inferiore.

Prima che potessi muovere anche soltanto un passo nella stanza, un altro colpo, decisamente più forte e definito dei precedenti, ruppe il silenzio, non lasciando alcun dubbio sul fatto che tutto quel fracasso provenisse dalla mia finestra. Mi avvicinai a grandi passi e, quello che vidi di sotto prima di aprirla, creò principalmente tre emozioni dentro di me: sorpresa, un po' di irritazione e felicità.

Invece di limitarmi a spalancare la finestra, a quel punto, decisi di recarmi - o meglio, precipitarmi - direttamente al piano di sotto, dove trovai mia zia Beth in quella che supposi essere una tuta da casa, che fissava la porta finestra che conduceva al nostro cortile con le sopracciglia aggrottate e un'espressione leggermente sconcertata sul viso.

Non appena si accorse della mia presenza, spostò i suoi grandi occhi chiari su di me ed indicò con il dito il punto in cui sapevo trovarsi il mio inatteso ospite, facendomi premere le labbra in una linea sottile e stringere gli occhi. «Shiver, sei consapevole del fatto che un tizio dai capelli verdi sta tirando sassolini alla tua finestra da almeno dieci minuti?» domandò in tono indecifrabile. Per un attimo mi domandai se Beth fosse arrabbiata con me, ma quando le sue labbra si piegarono in un sorriso malizioso, capii che probabilmente era anche più felice di me.

Io sorrisi brevemente a mia volta e lei sporse la testa sempre in direzione del cortile. «Forse dovresti andare a vedere perché è qui. Ma prima di uscire, prendi una giacca dal corridoio, fuori fa freddo e non vorrei mai che ti venisse una brutta influenza.» si raccomandò, puntandomi contro l'indice come segno di ammonimento. Il mio sorriso si allargò ancora di più e per un attimo mi dimenticai di Michael fuori dalla finestra e di tutto il resto. «Che c'è?» domandò a quel punto Beth, confusa probabilmente dalla mia espressione da ebete.

«Sembravi proprio la mamma.» le spiegai, senza abbandonare il mio sorriso.

«Ringrazia del fatto che non sembrassi tuo padre, o quel povero ragazzo sarebbe già appeso ad un albero per la camicia... o per qualcos'altro.» ridacchiò Beth, spalancando leggermente gli occhi al pensiero. «E comunque, portalo dentro prima che si congeli in cortile. Ho sempre detestato le sculture di ghiaccio, e una di un ragazzo con i capelli verdi sarebbe ancora più strana del solito. Anche se lui è davvero carino. Shiver, non mi avevi detto che fosse così carino.» iniziò a parlare come una macchinetta, gesticolando in tutte le direzioni e facendomi ridere forse un po' più del dovuto.

«Beth, stai straparlando.» la ripresi io affettuosamente, alzando leggermente le sopracciglia e poggiando le mani sui miei fianchi.

«Lo sto facendo, vero?» ridacchiò nervosamente, torturandosi una ciocca di capelli ramati che era sfuggita alla sua coda disordinata. «È davvero meglio che tu ora vada a vedere perché è qui. Anche se posso immaginarne il motivo.» disse la seconda frase più come se stesse parlando tra sé e sé, ma io la sentii comunque e un sorriso imbarazzato si fece strada sul mio viso.

Scuotendo ironicamente la testa, mi avviai alla porta finestra, mi avvolsi in una delle felpe con la cerniera che mio fratello aveva dimenticato lì appesa ed uscii, facendo attenzione a non inciampare nella miriade di vasi di fiori che Beth teneva attaccati al muro della casa. Gli occhi di Michael scattarono immediatamente nella mia direzione ed un'espressione addolorata e colpevole gli attraversò il viso, portandomi a dimenticare per un secondo del fatto che si trovasse a casa mia senza un apparente motivo e facendomi montare dentro un'imminente preoccupazione.

«Hai pianto, Moe?» domandò dopo qualche istante, a voce talmente bassa che quasi non lo sentii nemmeno. Portai subito le mani sulle mie guance, dove, evidentemente, vi erano ancora tracce del pianto che avevo fatto poco prima.

Non mi era mai piaciuto piangere - o mostrare di averlo fatto - alle persone, ero troppo orgogliosa per permettermi di farlo. Ma Michael mi aveva vista piangere in più di un'occasione, così come io avevo visto piangere lui più volte di quante mi piacesse ammettere, e ormai non lo consideravo più un dramma così grande. Solo che, questa volta, il motivo per cui avevo pianto avrebbe potuto sembrargli davvero, davvero stupido.

«Moe...» sussurrò lui di nuovo, avvicinandosi di qualche passo ed intensificando l'espressione che già prima si trovava sul suo viso.

«Ti sembrerà una cosa da idioti.» esordii, sbuffando una risata imbarazzata e grattandomi la nuca. «Ma stavo leggendo un libro in cui il protagonista ad un certo punto è costretto ad uccidere uno dei suoi migliori amici e io... E io mi faccio sempre coinvolgere troppo dalle storie.» alzai le spalle, simulando indifferenza, e guardai verso i miei piedi, ancora coperti soltanto da un paio di pantofole blu scuro.

Quando mi azzardai ad alzare nuovamente lo sguardo su di lui, non riuscii ad interpretare l'espressione che trovai sul suo viso. Era un misto di stupore, confusione e... Sollievo?

«Perché mi guardi in quel modo?» domandai allora, aggrottando le sopracciglia ed incrociando le braccia al petto.

«I-in che modo?» balbettò, avvicinandosi di qualche passo.

«Come se ti sentissi sollevato dal fatto che stessi piangendo per un libro.» replicai, inclinando la testa ed osservandolo con espressione confusa.

«Posso capire che tu ti faccia coinvolgere dai libri, ed è una cosa bella, non fraintendermi, ma avevo paura che fosse successo qualcosa di peggio.» Questa volta sorrise e si avvicinò definitivamente a me, facendomi rilassare.

«Che ci fai qui?» domandai, sorridendo a mia volta ed ignorando il suo precedente commento.

Lo vidi esitare soltanto per un secondo, ma poi tornò a sorridere - forse in modo soltanto un po' più spento rispetto a prima - e posò le mani sulle mie braccia, che erano ancora incrociate sul mio petto. «Dovevo riportarti il cellulare.» replicò, lanciando una veloce occhiata alla mia camicia da notte bianca, scarsamente coperta dalla felpa.

«Avresti potuto aspettare un altro paio di giorni e ridarmelo direttamente al campus.» il mio sorriso si allargò e i miei lineamenti assunsero una sfumatura leggermente maliziosa.

«Ho incontrato Colton e mi ha detto che saresti stata sola per qualche giorno.» ritentò lui, cercando di replicare la mia espressione, ma mantenendo sempre quella sfumatura incerta e leggermente preoccupata, che però decisi di non sottolineare, con la speranza che sarebbe sparita da sola.

«E non ti ha detto che ci sarebbe stata Jenna con me? O che Beth aveva deciso di tornare prima perché aveva del lavoro da sbrigare?» lo punzecchiai, alzando un sopracciglio in modo vagamente accusatorio e sarcastico.

«Soltanto Jenna?» domandò lui, tornando improvvisamente serio e aumentando un pochino la presa sulle mie braccia.

Aggrottai nuovamente le sopracciglia per la confusione e feci un passo indietro, impedendogli di mantenere la presa su di me. Non sapevo cosa gli fosse preso, ma quello che sapevo era che, per quanto Michael fosse in grado di essere un ragazzo molto dolce e protettivo, era anche in grado di tirare fuori un lato di sé che faceva quasi paura. «Si, soltanto Jenna.» replicai, in tono incerto e cauto.

Lui si accorse quasi immediatamente del mio gesto e del mio tono, e i suoi lineamenti si addolcirono in un'espressione dispiaciuta. «Scusa Moe, il viaggio per arrivare qui è stato un incubo, sono stanco morto e infreddolito.» ammise, abbassando il capo e sfregando la suola della sua scarpa destra sulle foglie secche che erano sparse in tutto il cortile.

Rilasciai il respiro che avevo trattenuto fino a quel momento e mi avvicinai nuovamente a lui per prendergli la mano quasi congelata, sorridendogli sinceramente e tirandolo con delicatezza verso la porta finestra da cui ero uscita qualche minuto prima. Entrammo in silenzio, sempre mano nella mano, e venimmo accolti subito dal sorriso malizioso di Beth.

«Ciao.» si limitò a dire, senza abbandonare la sua espressione compiaciuta. Scrutò Michael con il capo leggermente inclinato, poi il suo sorriso si allargò ulteriormente. «Tu devi essere...» iniziò, ma lui la bloccò quasi subito, con tono leggermente allarmato e quasi malinconico.

«No, non sono Nol...»

«... Michael.» concluse comunque mia zia, osservandolo poi confusa per quello che stava per dire. «Shiver mi ha parlato di te.» proseguì, in tono leggermente più incerto.

A mia volta rivolsi un'occhiata sconcertata a Michael. Sul serio pensava che avrei parlato a Beth di Nolan e non di lui?

Strinsi maggiormente la sua mano e sorrisi nella sua direzione, incurante del fatto che Beth fosse esattamente davanti a noi e che stesse studiando ogni nostra mossa con occhio critico. Mike si rilassò soltanto un pochino, ma non staccò lo sguardo da mia zia nemmeno per un secondo, inconsapevole del fatto che probabilmente lei già lo adorava.

«Anc-anche a me ha parlato di lei.» balbettò lui, spostando il peso da una gamba all'altra, palesemente a disagio.

«Dammi del tu, Michael.» replicò semplicemente Beth, lasciandosi andare ad una risata cristallina. «E Shiver, posso scambiare una parola veloce con te mentre il nostro ospite va di sopra ad avvolgersi in una coperta?» poi si voltò direttamente verso di lui e gli rivolse un sorriso comprensivo. «Devi essere congelato, tesoro.»

Michael spalancò leggermente gli occhi per la sorpresa e un pallido rossore gli colorò le guance, obbligando me a trattenere una fragorosa risata, ma alla fine si limitò ad annuire in modo incerto.

«Camera mia è al secondo piano, la seconda porta sulla destra. Aspettami lì.» lo informai, sorridendogli in modo rassicurante. Lui annuì ancora una volta, rivolse un piccolo sorriso e un saluto a Beth e poi sparì in direzione delle scale più velocemente di Beep-Beep che fugge da Willy il Coyote.

«È davvero carino.» squittì Beth, arricciando il naso ed esibendosi in un'espressione addolcita.

«Lo so.» annuii io timidamente, sorridendo come un'ebete ed arrossendo.

«E cosa ci fa qui a mezzanotte passata?» domandò mia zia, mantenendo un'espressione compiaciuta e vagamente maliziosa.

«Sinceramente non mi ha dato una risposta precisa.» ponderai, aggrottando le sopracciglia e rendendomi conto che, effettivamente, non l'aveva fatto.

«Già, io un'idea ce l'avrei...» bofonchiò Beth, in tono basso ed ulteriormente sarcastico, poi alzò di nuovo lo sguardo su di me e sorrise per l'ennesima volta. «Io ora me ne vado a letto, e tu sai quanto io abbia il sonno pesante.» proseguì, facendomi aggrottare le sopracciglia per la confusione.

«Uhm, ok.» annuii, esitante e sempre più perplessa, mentre lei si allontanava in direzione della sua camera.

«Oh, Shiver?» si voltò all'ultimo secondo, rivolgendomi un altro sorriso enigmatico. «Controlla nel cassetto accanto al tuo letto.» ammiccò un'ultima volta.

Poi, prima che avessi l'occasione di risponderle, sparì dietro la porta in legno chiaro, lasciandomi in mezzo alla cucina da sola e completamente confusa dal suo comportamento. Rimasi imbambolata ancora per qualche istante, fissando il punto in cui Beth era scomparsa dalla mia vista, poi scossi la testa e mi diressi rapidamente al piano di sopra, impaziente di scoprire il vero motivo per cui Michael si fosse presentato a casa mia nel cuore della notte.

Non appena aprii la mia porta, notai la sua figura accanto alla scrivania e, quando mi avvicinai silenziosamente, lo vidi intento a sfogliare i disegni che vi erano sopra. Osservai l'espressione concentrata sul suo volto e un sorriso spontaneo si formò sulle mia labbra, non appena mi resi conto di conoscerla già nei minimi dettagli: le labbra premute insieme, le folte sopracciglia scure leggermente aggrottate e i grandi occhi chiari assottigliati. Sembrava quasi un bambino delle elementari alle prese con la tabellina del sette - avevo sempre odiato quella tabellina -, o un pittore in procinto di completare il suo più grande capolavoro. Ed era semplicemente perfetto.

«Non sono Michelangelo, lo so, ma è un hobby che ho avuto sin da bambina.» affermai, facendolo sobbalzare per lo spavento e rischiando di fargli sparpagliare tutti i fogli in giro per la stanza.

«Scusa, non volevo mettermi a curiosare.» sorrise brevemente lui, rimettendo tutto sulla scrivania e alzando lo sguardo sulla parete di fronte al mio letto, quella piena di foto, di altri piccoli disegni e circondata quasi interamente da lucine di Natale. «Ma la tua camera è così particolare e dice così tanto di te.» sorrise ancora, avvicinandosi alla suddetta parete.

Mentre Michael era intento a studiare tutto ciò che vi era sopra, io ne approfittai per sedermi sul letto e controllare perché Beth mi avesse detto di aprire il cassetto lì accanto, ma, non appena lo feci, mi ritrovai a richiuderlo immediatamente, con le guance in fiamme e gli occhi spalancati. Era pieno di preservativi.

«Moe, perché fai quella faccia?» mi chiese lui, ridendo brevemente e allontanandosi dalla parete per venire a sedersi accanto a me. «Che succede?»

«Nulla, soltanto Beth e il suo spiccato senso dell'umorismo.» borbottai, finalmente arrivando a capire perché si fosse sentita in dovere di precisare che avesse il sonno pesante.

«Cosa ti ha detto?» domandò ancora Michael, prendendomi per un braccio e facendomi capire che voleva che mi sedessi in braccio a lui, in modo da potermi vedere meglio in faccia. Non mi opposi e, quando mi ritrovai a cavalcioni sulle sue gambe, posai senza esitazione le mani sul suo petto.

Sorrisi a mia volta e mantenni lo sguardo lontano dal suo viso, senza un vero motivo, in realtà. «Che sei carino.» replicai, allargando il mio sorriso e prendendo a giocare distrattamente con il colletto della sua felpa.

«Lo sono?» chiese ironicamente, ma, non potei fare a meno di notarlo, quell'ombra di preoccupazione e tristezza riapparve sul suo viso.

«Lo sei. Soprattutto con questi capelli verdi.» annuii io, sorridendo a mia volta e passando una mano nelle ribelli ciocche color menta. «Per ora è il colore che mi piace di più.»

«Davvero?» Spostò le sue mani sulle mie cosce e prese a carezzarle delicatamente, raggiungendo più volte l'orlo della mia camicia da notte bianca e spingendolo sempre un po' più su ad ogni carezza.

«È lo stesso colore dei tuoi occhi.» replicai semplicemente, lasciandolo fare e spostando le mani dietro al suo collo, in modo che il mio corpo fosse ancora più vicino al suo. «Che ci fai qui realmente, Mike?» bisbigliai, rimanendo a pochi millimetri soltanto dalle sue labbra.

Sentii immediatamente il suo corpo tendersi sotto di me, ma decisi di non farglielo notare, preferendo invece ascoltare ciò che aveva da dire. «Mi mancavi.» sospirò, abbassando leggermente lo sguardo e strofinando con delicatezza il pollice sulla mia coscia ormai nuda.

«Mike, sei sicuro di essere soltanto stanco? Mi sembri... Triste.» domandai infine, non riuscendo più a tollerare quell'alone negativo che vedevo nei suoi occhi ogni volta che parlava.

Invece di rispondermi, e dopo parecchi secondi di silenzio, Michael si limitò ad alzare il viso e a poggiare le labbra sulle mie, non esitando a far scivolare le mani sotto la mia camicia da notte per raggiungere il mio fondoschiena e per spingermi ulteriormente verso di lui. Nonostante l'iniziale sorpresa, mi rilassai quasi immediatamente e risposi al bacio senza indugi, riconoscendo subito quella piacevole sensazione di vuoto allo stomaco che si ripresentava ogni volta che ero insieme a lui. Era forse questo che le persone intendevano quando affermavano di sentire le farfalle nello stomaco?

«Shiver.» sussurrò sulle mie labbra e, se non fossi stata così presa da ciò che stavamo facendo, probabilmente lo avrei guardato con gli occhi spalancati e le sopracciglia aggrottate perché aveva usato il mio nome. Era la prima volta che glielo sentivo pronunciare e, detto da lui, sembrava il nome più bello dell'universo.

«Shiver, fai l'amore con me?» mormorò ancora, con il respiro leggermente affannato.

A quelle parole, non potei più fare a meno di staccarmi da lui per osservarlo con gli occhi spalancati. Non ero particolarmente sconvolta per la richiesta in sé, quanto per il fatto che Michael non avesse parlato di "sesso" o di "andare a letto"... Lui aveva parlato di amore. Quante volte avevo pensato che nessun ragazzo avrebbe mai voluto qualcosa di più che una notte di divertimento o una breve storia destinata a finire con il mio sempre imminente trasferimento, quante volte mi ero ripetuta di non essere fatta per l'amore, quante volte mi ero ripromessa di fuggire a gambe levate prima che qualcuno fosse in grado di entrare nel mio cuore.

E poi eccomi lì, irreparabilmente innamorata di uno strano ragazzo dai capelli verdi, con seri problemi di fiducia e con più sbalzi d'umore di Jenna con il ciclo; irreparabilmente innamorata del ragazzo dagli occhi più belli del mondo, che mi aveva fatta soffrire e ridere come nessun altro era mai stato in grado di fare, che mi aveva fatta piangere, che mi aveva fatta sentire al sicuro e che, si, per la prima volta mi aveva fatto provare quell'amore incondizionato che si sente cantare nelle canzoni, quell'amore di cui parlano le favole, quell'amore che, nonostante tu ti senta irreparabilmente danneggiata, ti fa sentire di nuovo completa dopo tanto tempo.

«Ho appena detto una cosa davvero stupida, vero?» ridacchiò lui nervosamente, abbassando lo sguardo ed arrossendo. «Nella mia testa suonava molto meglio, ma ora suona stupido. Si, è decisamente stupido. E ho appena usato la parola stupido almeno tre volte nella stessa frase. Oh Dio, è imbara...» Prima che Michael potesse proseguire il suo sproloquio, che, tra parentesi, avevo trovato alquanto adorabile, tornai a poggiare le labbra sulle sue, sorridendo nel bacio e stringendolo ancora di più a me.

Non fu necessario rispondere alla sua domanda, perché, da quel momento, tutto venne spontaneo ad entrambi. Le sue mani risalirono la mia schiena e sfilarono delicatamente la mia camicia da notte, che finì sul pavimento senza rumore, poi le sue labbra scesero sul mio collo e fu il mio turno di far scivolare la sua felpa e la sua maglietta oltre la sua testa, lasciandolo a petto nudo. Scivolai sul letto fino a poggiare la testa sul cuscino, tirandolo giù con me e portando nuovamente le sue labbra sulle mie per un lungo bacio.

Senza staccarmi dal suo viso, feci scorrere delicatamente le mie mani sul suo petto, fino a raggiungere l'orlo dei suoi pantaloni neri. Slacciai con estenuante lentezza il bottone, stuzzicandolo di proposito, e abbassai la zip, poi lo spinsi via da me e fu il suo turno di stendersi sul letto, di modo che io potessi sfilargli di dosso quei jeans maledettamente stretti.

«Sul serio, non potevi metterti un paio di pantaloni della tuta?» borbottai, ma poi mi lasciai andare ad una breve risata e lo vidi alzare gli occhi al cielo scherzosamente.

«Ehi, quei jeans mi fanno delle gambe e un sedere spettacolare!» protestò, ridendo a sua volta. «E non venirmi a dire che non l'hai pensato anche tu... Più di una volta.» si alzò sui gomiti e mi rivolse un'occhiata ammiccante, che mi portò ad alzare gli occhi al cielo a mia volta. Certo che l'avevo pensato... Più di una volta.

«Oh, sta zitto.» sorrisi, sfilando definitivamente i maledetti jeans dalle sue gambe e tirandolo di nuovo su di me. Questa volta lo sentii chiaramente sorridere nel bacio e mi resi conto che nella mia vita non ero mai stata più felice di così.

Mentre le sue labbra si spostavano ancora una volta sul mio collo, ne approfittai per slacciare il gancetto del mio reggiseno e dargli così la possibilità di sfilarlo del tutto. Michael cercò di mantenere un'espressione pressoché impassibile davanti al mio petto nudo, ma non potei fare a meno di notare i suoi occhi spalancarsi ulteriormente e il suo sguardo rimanere sul mio seno forse un po' più del dovuto.

«Puoi toccarle, sai?» lo informai scherzosamente, afferrando poi le sue mani e posizionandovele sopra, con un sorriso divertito. «Come ti senti ora?»

Le sue mani rimasero immobili e i suoi occhi spalancati ancora per qualche secondo, poi mi rivolse uno sguardo di rimprovero. «Puoi smettere di essere così sarcastica, Moe? Ho già toccato delle tette prima.» bofonchiò, facendomi soltanto ridere sommessamente.

«Ehi, sono poco più di un metro e sessanta di pelle pallida e ossa fragili, il sarcasmo è la mia unica difesa.» protestai, senza smettere di ridere.

«E non cercare di usare Teen Wolf contro di me!» questa volta anche a lui scappò una breve risata.

«Guardi Teen Wolf?» domandai incredula, spalancando gli occhi e non curandomi del fatto che stessimo conversando di telefilm mentre le sue mani erano ancora poggiate sul mio seno nudo.

«Si, lo guardo.» annuì lui, alzando brevemente gli occhi al cielo.

«Oh Dio, quanto mi piaci in questo momento.» sospirai, tirando nuovamente il suo viso verso il mio e baciandolo con passione, mentre le sue mani finalmente iniziavano a muoversi sul mio corpo. Di tanto in tanto, un gemito strozzato lasciava le mie labbra, lasciandogli intendere quanto mi piacesse il modo in cui mi toccava; come se conoscesse il mio corpo a memoria, come se non fosse mai stato di nessun altro se non suo.

A mia volta carezzai la sua schiena tesa, le sue braccia, il suo petto e non mi fermai finché non raggiunsi l'orlo dei suoi boxer. Ci feci scorrere due dita sotto e a quel punto fu lui a lasciarsi scappare un sospiro più profondo del solito.

«Moe,» sussurrò a quel punto, staccandosi dalle mie labbra di pochissimi millimetri. «per quanto sarebbe carino avere una piccola fotocopia di te al mondo, suppongo che siamo un po' troppo giovani per diventare genitori.»

Se avevo pensato che il tempo degli scherzi fosse finito, quello fu il momento per ricredersi. Mi lasciai andare ad una risata sentita e portai una mano alla bocca nel tentativo di coprire almeno in parte il rumore, poi lo guardai e scossi la testa, senza abbandonare il mio sorriso. «Soltanto tu avresti potuto chiedermi un preservativo in questo modo.»

Lui alzò velocemente le sopracciglia per un paio di volte e mi rivolse un sorriso da idiota. «Sono una persona originale.»

«Nel cassetto.» mi limitai a rispondere, scuotendo un'altra volta la testa e ringraziando mentalmente il senso dell'umorismo di Beth, che alla fine si era rivelato più che altro realismo.

«Moe, perché il tuo cassetto è pieno di preservativi?» domandò Michael, in tono piuttosto sconcertato.

«Ricordi quello che hai appena detto sul diventare genitori?» Lui annuì. «E ricordi che mia madre è rimasta incinta più o meno alla mia età?» Annuì ancora. «Suppongo che Beth volesse evitare che la cosa diventasse una tradizione di famiglia.»

«È strano, ma ha il suo senso.» annuì lui, sporgendo in fuori il labbro inferiore.

Da quel momento in poi, gli scherzi terminarono davvero e sia io che lui tornammo seri senza il bisogno di proferire parola. Le sue labbra tornarono sulle mie, questa volta senza fretta, assaporando ogni secondo di quel contatto. Le mie mani si allacciarono intorno al suo collo, mentre le sue scesero di nuovo sul mio corpo per accarezzare delicatamente la cicatrice che avevo sotto il seno, come a volermi dimostrare ancora una volta che per lui ero perfetta così com'ero, nonostante tutti i difetti che io vedevo in me stessa.

Le sue mani scesero ulteriormente e raggiunsero l'elastico dei miei slip neri, passando le dita su di esso in modo esitante. Alzai gli occhi al cielo mentalmente - si, lo facevo davvero spesso - e portai le mie mani sulle sue, dandogli la spinta finale per sfilare l'indumento dalle mie gambe.

Tutto quello che accadde dopo mi sembrò durare un secondo ed un'eternità allo stesso tempo, come se tutto stesse andando velocissimo, ma anche a rallentatore. Non avrei saputo trovare le parole per descriverlo. Ogni movimento di Michael sul mio corpo, ogni carezza, ogni bacio, ogni gemito e sussurro... Era tutto così giusto. E nonostante non fosse la prima volta per nessuno dei due, ero sicura che l'avremmo ricordata entrambi come una notte speciale, o almeno, io sicuramente l'avrei fatto. Perché, per la prima volta in vita mia, amavo davvero il ragazzo che era nel mio letto.

E quello che stavamo facendo era una dimostrazione d'amore, non del semplice sesso. Ora ne ero sicura più che mai.

Quando sentii rilasciarsi la tensione che si era costruita nel mio ventre ad ogni suo movimento dentro di me, non provai vergogna nel gemere il suo nome, non mi sembrò un obbligo baciarlo quando sentii che anche lui stava provando la stessa ondata di piacere che aveva sopraffatto me pochi secondi prima, non mi sembrò sbagliato vederlo sdraiato accanto a me nel letto, con quel suo sorriso così sincero, con quegli occhi così grandi e perfetti, con i capelli sparati in tutte le direzioni. Nulla di ciò che era successo mi sembrò sbagliato.

Io ero sempre Shiver Mosey, ma una Shiver Mosey innamorata e felice.

«Cosa sarei senza di te, Michael Clifford?» sussurrai a voce bassissima, carezzandogli la fronte e guardandolo dormire accanto a me.

E per la prima volta in vita mia, mi sentii completa.

You were mine for a night
I was out of my mind
You were mine for a night
I don't know how to say goodbye.

-------------------

Leggere please.

Oh, quindi vi aspettavate una catastrofe a livelli epici?! MI DISPIAAAAAAAACE! Hahahah penso che questa volta non abbiate motivo per odiarmi perché:

1. Vi ho finalmente scritto questa scopata Miver, magari non con tutti i dettagli che avreste voluto, ma questa versione mi sembrava più in linea con la storia e sinceramente ne sono abbastanza fiera.

2. Questo capitolo è di oltre 4700 parole, ossia 1700 in più di quelle che scrivo di solito.

3. Vi ho stupite come sempre (o almeno spero) trasformando quella che voi credevate essere una catastrofe nel capitolo che tutte stavate aspettando.

Detto questo, la storia sta lentamente volgendo al termine e spero che avrete la pazienza di rimanere con me fino alla fine.

Inoltre, sto per pubblicare un'altra serie delle vostre domande o comunque delle domande che mi vengono poste più spesso, perciò, se c'è qualcosa - qualunque cosa - che volete sapere, questo è il momento di chiedere. OH E SU POYVORE TROVATE TUTTI GLI OUTFIT DEI MIEI PROTAGONISTI, SE VI VA DI DARE UN'OCCHIATA. MI CHIAMO COME QUI.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto almeno quando piace a me è come sempre, vi mando il più grande degli abbracci.

love you all,
accolasvoice.

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📌Attenzione. Si rischia di ridere, amare e odiare i personaggi, e perché no, ritrovarsi in un mare di lacrime. Buona lettura.🌻 📌Non fermatevi ai...