𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓𝐁𝐔𝐑𝐍, percy...

By -goosebumpss

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❛ ti fidi di me? ❜ ❛ come potrei non fidarmi? ❜ ▬▬▬▬▬▬▬▬ ⚔️ ⋆ ˚。⋆౨ৎ percy jackson and the olympians - book... More

𝐁𝐄𝐅𝐎𝐑𝐄 𝐒𝐓𝐀𝐑𝐓𝐈𝐍𝐆
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𝐒𝐄𝐐𝐔𝐄𝐋

xiv

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By -goosebumpss

- ̥۪͙۪˚┊❛ chapter fourteen ❜┊˚ ̥۪͙۪◌
𝙝𝙤 𝙥𝙧𝙤𝙥𝙧𝙞𝙤 𝙞𝙢𝙥𝙖𝙧𝙖𝙩𝙤 𝙙𝙖𝙡 𝙢𝙞𝙜𝙡𝙞𝙤𝙧𝙚

⸻  ✧ ⸻

𝐇𝐀𝐑𝐏𝐄𝐑

«Dove sono finiti?» chiesi quasi urlando, ai tre che erano rimasti con me.

«Li ho visti correre per di là e... beh, di certo quella bestia lascia una scia» rispose Bianca.

Effettivamente, guardandomi attorno, notai alberi caduti, rami spezzati, neve calpestata e impronte enormi, impregnate nella neve.

«Coraggio!» ci incitò Grover, iniziando a inseguire le forme delle zampe del maiale.

Ci mettemmo a correre dietro di lui. Seguimi la scia finché non arrivammo di fronte ad un burrone, che cadeva giù a strapiombo.

«Che siano...?» fece Zoe.

«No» dissi categorica «È impossibile».

Non volevo credere al fatto che potessero essere morti sul serio. Non anche loro. Avevo già due pesi enormi sulle spalle, non volevo aggiungerne altri. Sarebbe stato troppo da sopportare.

«Ci sieteeeee?» chiamò allora Grover.

«Quaggiù!» gridò la voce di Percy.

Non avevo mai tirato un sospiro di sollievo più grande, sul serio. Fu come se un macigno enorme mi si togliesse da sopra i polmoni, permettendo di tornare a respirare normalmente.

Qualche minuto dopo ,li raggiungemmo. Restammo lì a guardare il cinghiale che si divincolava nella neve.

«Una benedizione delle Selve» esclamò di nuovo Grover, anche se ora sembrava agitato.

«Hai ragione» convenne Zoe «Dobbiamo sfruttarla»

«Fermi tutti» sbottò Talia, seccata.

Sembrava reduce da un pessimo scontro con un albero di Natale.

«Spiegatemi perché siete così sicuri che questo maiale sia una benedizione»

Grover le lanciò un'occhiata distratta.

«È il nostro passaggio per l'ovest. Hai idea di quanto sia veloce questo cinghiale?»

«Divertente» commentò Percy «Come in un... rodeo di maiali?»

«Vi prego, basta rodei e toreri» sbuffai «Piuttosto vi porto tutti sulla mia groppa e vi trasporto ovunque vogliate».

Grover ridacchiò.

«Grazie, Harp, ma dobbiamo salire a bordo. Vorrei... vorrei avere più tempo per guardarmi attorno. Ma ora se n'è andato?»

«Che cosa?».

Lui sembrò non sentire nemmeno. Si avvicinò al cinghiale e saltò sulla sua groppa.

La bestia si stava già facendo un po' di strada nella neve. Una volta libero, sarebbe stato impossibile fermarlo.

Grover tirò fuori il suo flauto. Cominciò a suonare un motivetto allegro e lanciò qualcosa davanti al mostro. Era una mela, che rimase a volteggiare in aria proprio sopra il muso del cinghiale, facendolo impazzire per lo sforzo di acchiapparla.

«Sterzo automatico» mormorò Talia «Fantastico».

Poi si trascinò a fatica fino alla bestia e saltò in groppa dietro a Grover, lasciando spazio in abbondanza per il resto di noi.

Zoe e Bianca fecero per imitarla.

«Aspettate un attimo» protestò il figlio di Poseidone «Voi due sapete di cosa sta parlando Grover? Cos'è questa benedizione selvatica?»

«Naturalmente» rispose Zoe «Non l'hai avvertito anche tu, nel vento? Era così intenso... non avrei mai pensato di percepirne di nuovo la presenza»

«Si può sapere di cosa state parlando?» chiesi, aggrottando le sopracciglia.

Mi squadrò, con lo sguardo carico di odio e giudizio.

«Il Signore delle Selve, naturalmente. Solo per un istante, all'arrivo del cinghiale, ho avvertito la presenza di Pan».

⸻  ✧ ⸻

Cavalcammo il cinghiale fino al tramonto, più o meno il massimo che la mia schiena riuscisse a sopportare. Immaginatevi di montare una gigantesca spazzola d'acciaio su una strada di ghiaia per tutto il giorno. Ecco come si stava comodi in groppa a quel cinghiale.

Ovviamente, all'inizio mi ero rifiutata di salirci sopra. Avevo protestato come una bambina di tre anni, ma poco mi importava.

Alla fine, Talia era scesa, mi aveva presa in braccio e mi aveva portata con sé sulla groppa. Le avevo tirato pugni sulla schiena, ma lei non si era arresa, anzi.

Non ho idea di quanta strada percorremmo, ma le montagne svanirono in lontananza e furono rimpiazzate da chilometri di terra piatta e arida. Erba e sterpaglie si fecero sempre più rade, finché non ci ritrovammo a galoppare (ma i cinghiali galoppano?) nel deserto.

Quando calò la notte, il mostro si fermò davanti al letto di un ruscello e sbuffò. Prese a bere quell'acqua melmosa, poi strappò un cactus gigante da terra e lo masticò con le spine e tutto.

«Non andrà oltre» disse Grover «Dobbiamo allontanarci mentre sta mangiando»

«Grazie agli dei» borbottai, buttandomi giù e atterrando in piedi.

Non ci fu bisogno di convincere nessuno. Scivolarono tutti giù dalla groppa del cinghiale mentre era occupato a strappare altri cactus.

Poi ce la svignammo, accovacciati il più possibile, considerato che avevamo il sedere indolenzito dalla cavalcata.

Dopo il terzo cactus gigante e un altro sorso di acqua melmosa, il cinghiale grugnì e ruttò, quindi fece dietrofront e ripartì al galoppo verso oriente.

«Preferisce le montagne» commentò Percy.

«Non posso dargli torto» fece Talia «Guarda».

Davanti a noi c'era una strada a due corsie mezzo cancellata dalla sabbia. In fondo, un grappolo di edifici troppo piccolo per considerarsi una città: una casa con le porte e le finestre sprangate con delle assi, un ristorantino messicano che sembrava chiuso da prima che Zoe Nightshade venisse al mondo, e un ufficio postale intonacato di bianco, con un cartello storto appeso sopra la porta: gila claw, arizona. Alle sue spalle c'era una fila di colline... ma poi notai che non erano colline normali. Il territorio era decisamente troppo piatto. Erano enormi cumuli di vecchie automobili, elettrodomestici sfasciati e altri rottami di metallo. Una discarica che sembrava estendersi all'infinito.

«Cazzarola» esclamai.

«Ho il vago sospetto che non troveremo un autonoleggio» disse Talia.

Guardò Grover.

«Non hai un altro cinghiale nella manica, vero?».

Grover stava fiutando il vento, con aria nervosa. Tirò fuori le sue ghiande e le gettò nella sabbia, poi suonò il flauto. Le ghiande si ridisposero in un disegno che per me non aveva alcun senso, ma lui fece un'espressione preoccupata.

«Quelle siamo noi» spiegò «Quelle cinque ghiande, là»

«Io quale sono?» chiese Percy.

«Quella piccola e bitorzoluta» suggerì Zoe.

Scoppiai a ridere, tenendomi lo stomaco. Percy mi tirò uno spintone, sbuffando.

«Oh, piantala»

«Bella questa» tentai di calmarmi «Ma ti odio lo stesso» tornai seria.

«Quel mucchio di ghiande là, invece» continuò Grover «È un guaio»

«Un mostro?» domandò Talia.

Lui sembrò a disagio.

«Non sto fiutando niente, il che non ha senso. Ma le ghiande non mentono. La nostra prossima sfida...».

Indicò la discarica di rottami. Con il sole ormai quasi scomparso, le colline di metallo sembravano appartenere a un pianeta alieno.

⸻  ✧ ⸻

Decidemmo di accamparci per la notte e di addentrarci nella discarica il mattino dopo. Nessuno di noi voleva mettersi a rovistare in quella specie di cassonetto gigante al buio.

Zoe e Bianca tirarono fuori sei sacchi a pelo e sei materassini di gomma dagli zaini minuscoli.

Non so come facessero ma probabilmente, per contenere così tanta roba, erano incantati. Avevo già notato che anche gli archi e le faretre erano magici.

Non ci avevo mai pensato, ma ogni volta che le Cacciatrici ne avevano bisogno, gli comparivano loro sulla schiena. E quando non servivano più, sparivano.

La temperatura della notte calò alla svelta, così Percy e Grover raccolsero qualche vecchia tavola dalla casa diroccata e Talia accese il fuoco, fulminandole con una scossa.

Qualche attimo dopo ci eravamo già messi comodi... per quanto uno possa mettersi comodo in un villaggio fantasma nel bel mezzo del nulla.

«Sono uscite le stelle» disse Zoe.

Sorrisi come una bambina.

Aveva ragione. Ce n'erano a milioni, senza luci cittadine a tingere il cielo d'arancione.

«Incredibile» esclamò Bianca «Non avevo mai visto davvero la Via Lattea»

«Questo è niente» commentò Zoe «Ai miei tempi, ce n'erano molte di più. Intere
costellazioni sono scomparse a causa dell'inquinamento luminoso degli uomini»

«Grazie al cazzo» sghignazzai «Se sei nata nell'età della pietra, ci crede che ce n'erano di più»

«Parli come se tu non facessi parte della specie» replicò, invece, Percy.

Zoe inarcò un sopracciglio, per poi fulminarmi con un'occhiata.

«Sono una Cacciatrice. Mi sta a cuore la sorte dei patrimoni naturali del mondo. Guarda che desolazione, costì»

«Si dice "qui"» la corresse Talia «Non "costì"»

«Però si può dire "colà" quando una cosa è lontana, giusto?»

«Beh, no. Si dice solo "là"» replicò Talia «Oppure "lì", fa lo stesso»

«Età della pietra» borbottai, e cercando di coprirlo con un finto colpo di tosse.

Percy, accanto a me, si mise a ridacchiare.

Zoe alzò le mani esasperata.

«Detesto questa lingua. Cambia troppo spesso!».

Grover sospirò. Scrutava ancora le stelle come se stesse pensando al problema dell'inquinamento luminoso.

«Ah, se Pan fosse qui! Lui aggiusterebbe le cose».

Zoe annuì mestamente.

«Forse è stato il caffè» continuò Grover «Stavo bevendo il caffè quando è arrivato il vento. Forse, se ne bevessi ancora...».

Ero piuttosto sicura che il caffè non c'entrasse nulla con quello che era accaduto a Cloudcroft, ma non ebbi il cuore di dirglielo.

«Grover, pensi davvero che fosse Pan? Cioè, lo so che lo vorresti tanto» disse il figlio di Poseidone.

«Ci ha mandato un aiuto» insistette lui «Non so come né perché. Ma era la sua presenza. Quando questa impresa sarà finita, tornerò in New Mexico e berrò un mucchio di caffè. È la migliore pista che abbiamo da duemila anni a questa parte. Ero così vicino»

«Quello che invece vorrei sapere» intervenne Talia, guardando Bianca «È come sei riuscita a distruggere uno degli zombie. Ce ne sono ancora un sacco, là fuori. Dobbiamo capire come batterli».

Bianca scosse la testa.

«Non lo so. L'ho soltanto colpito con il coltello e ha preso fuoco»

«Forse il tuo coltello ha qualcosa di speciale» suggerì Percy.

«È identico al mio» replicò Zoe «È di bronzo celeste, sì. Ma il mio non ha avuto lo stesso effetto sui guerrieri»

«Magari bisogna colpirli in un punto specifico» provai.

Bianca sembrava imbarazzata nel trovarsi così al centro dell'attenzione.

«Non ti preoccupare» le disse Zoe «Troveremo la risposta. Nel frattempo, sarà meglio pianificare la nostra prossima mossa. Attraversata la discarica, dovremo continuare verso ovest. Se riusciamo a trovare una strada, possiamo fare l'autostop fino alla città più vicina. Credo che sia Las Vegas».

Stavo per ribattere che io, Percy e Grover avevamo avuto delle brutte esperienze in quella città, ma Bianca mi precedette.

«No!» esclamò «Non lì!».

Sembrava parecchio sconvolta, come se l'avessero appena spinta giù dal punto più ripido delle montagne russe.

Zoe si accigliò.

«Perché?».

Bianca fece un respiro tremante.

«Io.... io credo di averci già passato un bel po' di tempo. Con Nico, voglio dire. Durante il nostro viaggio. E poi, non riesco a ricordare...».

A un tratto, mi venne in mente un'ipotesi davvero grottesca. Ricordavo quando Bianca mi aveva detto che si erano fermati in un albergo per un po'.

E se...?

Incrociai lo sguardo di Grover, poi quello di Percy, ed ebbi la sensazione che anche loro stesse pensando la stessa cosa.

«Bianca, l'albergo in cui vi siete fermati» disse il corvino «È possibile che si chiamasse Casinò Lotus?».

Lei sgranò gli occhi.

«E tu come fai a saperlo?»

«Oh, per tutti gli dei» mormorai.

«Oh, fantastico» esclamò Percy.

«Aspettate» protestò Talia «Cos'è il Casinò Lotus?»

«Un paio di anni fa» spiegò il ragazzo «Io, Harper, Annabeth e Grover ci siamo
rimasti intrappolati. Una volta dentro, non hai più voglia di ripartire. Funziona così. Siamo rimasti lì per un'oretta. Ma quando siamo usciti, erano passati cinque giorni. Il tempo corre più veloce»

«No» fece Bianca «No, non è possibile»

«Mi piacerebbe dirti che è così, Bianca, ma...» cominciai.

«Hai detto che qualcuno è venuto a prendervi e vi ha fatto uscire» le ricordò Percy.

«Sì»

«Che aspetto aveva? Che cos'ha detto?»

«Io non... non me lo ricordo. Per favore, non ne voglio parlare, davvero».

Zoe si sporse in avanti, la fronte aggrottata per la preoccupazione.

«Hai detto che Washington era cambiata quando ci siete tornati, l'estate scorsa. Non ricordavi che ci fosse la metropolitana»

«Sì, ma...»

«Bianca» continuò Zoe «pPuoi dirmi il nome del presidente degli Stati Uniti?»

«Non essere sciocca» replicò lei.

Ci disse il nome giusto.

«E chi c'era prima di lui?» insistette Zoe.

Bianca ci pensò per qualche attimo.

«Roosevelt»

Zoe deglutì.

«Theodore o Franklin?»

«Franklin» rispose Bianca «Franklin Delano Roosevelt»

«Come il Viale?» chiese Percy.

«Bianca» continuò Zoe «Franklin Delano Roosevelt non è l'ultimo presidente. Risale a una settantina di anni fa»

«Impossibile» replicò lei «Io non... non sono così vecchia».

Si guardò le mani come per assicurarsi che non ci fossero rughe.

Gli occhi di Talia si rattristarono. Sapeva cosa significasse vivere fuori dal tempo.

«Va tutto bene, Bianca. L'importante è che tu e Nico siate salvi, che ne siate usciti»

«Ma come?» intervenne il figlio di Poseidone «Noi siamo rimasti lì per un'ora e siamo fuggiti per miracolo. Come avete fatto a fuggire dopo così tanto tempo?».

Percy aveva ragione: noi eravamo rimasti lì dentro per giorni, inconsapevolmente. Ero sicura che, se lui non si fosse accorta che c'era qualcosa che non quadrava, saremmo stati ancora lì.

«Te l'ho detto» Bianca sembrava sul punto di piangere «È venuto un uomo e ha detto che era ora di andare. E...»

«Ma chi? E perché?».

Prima che potesse rispondere, ci abbagliò una luce improvvisa. I fari di una macchina comparvero in fondo alla strada.

Ebbi la mezza speranza che Apollo fosse tornato a darci un passaggio, ma il motore era troppo silenzioso per essere il carro del sole, e oltretutto era notte.

Agguantammo i sacchi a pelo e ci togliemmo subito di mezzo, mentre una limousine pallida come la morte si fermava senza rumore davanti a noi.

Lo sportello posteriore si aprì proprio fra me e Percy, dividendoci. Prima che lui potesse scostarsi, si trovò con una spada puntata alla gola.

Udii il rumore di Zoe e Bianca che tendevano gli archi. Io presi un pugnale dalla mia cintura, pronta a scagliarlo.

Mentre il proprietario della spada scendeva dall'auto, Percy arretrò molto lentamente.

«Ora non sei più tanto svelto, eh, pivello?».

Raggelai.

Era un omaccione con i capelli rasati, un giubbotto da motociclista di pelle nera, i jeans neri, una maglietta bianca attillata e gli anfibi. Gli occhi erano nascosti dietro a un paio di occhiali a fascia, ma io sapevo cosa c'era dietro quelle lenti: due orbite cave piene di fiamme.

«Allora sono proprio sfigata» commentai, esasperata.

«Ares» ringhiò invece Percy.

Il dio della guerra ci lanciò un'occhiata.

«Calma, gente» disse, per poi spostare lo sguardo su di me e sfilare gli occhiali da sole «Nanetta» mi salutò.

In risposta al salutò, alzai un dito medio, sorridendo falsamente.

A quel punto, ci disarmò con un semplice schiocco delle dita. Il pugnale mi cadde dalla dita, stregato, senza che io potessi trattenerlo.

«Questo è un incontro amichevole» continuò.

Affondò un po' di più la punta della lama sotto il mento di Percy.

«Naturalmente, mi piacerebbe staccarti la testa e appenderla come un trofeo, ma c'è qui qualcuno che desidera vederti. E non decapito mai i miei nemici di fronte a una signora o a mia figlia»

«Quale signora?» chiese Talia.

Ares la guardò.

«Bene, bene. Mi avevano detto che eri tornata».

Abbassò la spada e scansò il ragazzo con una spinta.

«Talia, figlia di Zeus» rifletté Ares «Non frequenti una bella compagnia. Fortuna che qui in mezzo c'è Harper, anche se nemmeno lei dovrebbe stare con questa gente»

«No, aspetta, mi sono persa un pezzo. Quello in cui ti chiedo il tuo parere, se non hai capito» intervenni.

«Che cosa vuoi, Ares?» replicò Talia «Chi c'è nella macchina?».

Mio padre sorrise, godendosi l'attenzione.

«Oh, dubito che voglia incontrare il resto di voi. Soprattutto loro» indicò Zoe e Bianca con un cenno brusco del mento «Perché non vi prendete qualche tacos nell'attesa? Percy ci metterà solo qualche minuto»

«Non lo lasceremo solo con voi, divino Ares» replicò Zoe.

«Per una volta, concordo con lei» la appoggiai.

«E poi» balbettò Grover «Il ristorante è chiuso».

Ares schioccò di nuovo le dita.

Le luci del ristorantino messicano si accesero all'istante. Le assi volarono via dalla porta e il cartello chiuso si voltò sul lato con su scritto aperto.

«Stavi dicendo, ragazzo-capra?»

«Andate pure» ci disse Percy «Qui me la vedo io»

«Avete sentito il ragazzo» esclamò mio padre «È grande e forte. Ha tutto sotto controllo».

Grover e le ragazze si diressero con riluttanza al ristorante. Io mi piazzai di fronte al dio della guerra.

«Se gli torci anche solo un capello...» ghignai «Te la faccio pagare cara»

Per una volta, le mie parole sembrarono farlo arrabbiare. Mi afferrò il polso e me lo strinse, avvicinando il suo volto al mio.

«Sono stufo di sentirti mancarmi di rispetto. Impara un po' di buona educazione, Nanetta» ringhiò.

«Beh, sai com'è, mia madre non me l'ha mai insegnato» dissi ironica.

La sua presa sul mio polso iniziò ad affievolirsi, permettendo di nuovo al sangue di circolare.

«Sei sleale»

«Ho imparato dal migliore, no?» replicai, sempre con un ghigno stampato in faccia.

Mio padre sbuffò, stufo, e con la mano sinistra mi afferrò la mascella, affondando di poco le dita nelle guance.

Non mi lamentai, non emisi un suono. Continuai a ghignare, quasi come se lo trovassi divertente.

«Ascoltami bene: sono anni che cerco di essere... gentile con te, e tu mi ripaghi in questa maniera. Beh, mi sono stancato»

«Non ho chiesto io la tua gentilezza».

Il dio strinse più forte, portandomi ad emettere un lamento.

«La lasci stare!» gridò Percy, venendo furioso verso di noi.

Ma, prima che potesse anche solo spingere via mio padre da me, Ares si ritirò e mollò la presa. Si portò la mano all'altezza del viso, guardando con attenzione l'icore dorato che colava dal dorso della mano.

Rinfoderai il pugnale.

«È vero che hai imparato dal migliore» commentò.

«Hai ragione» risposi «Combattere contro Clarisse e Percy aiuta. Sono i migliori».

Iniziai ad allontanarmi, mentre il ragazzo mi fissava, con la bocca spalancata e gli occhi scintillanti.

«Lo ripeto: torcigli un capello e non mi limiterò ad un graffietto sulla mano».

Ares mi squadrò con odio, ma allo stesso tempo con ammirazione e quasi orgoglio.

Poi aprì lo sportello della limousine come uno chauffeur.

«Sali, pivello» disse «E ricordati le buone maniere. Lei non è comprensiva come me con la maleducazione».

⸻  ✧ ⸻

˗ˏˋ ꒰ 𝙖𝙪𝙩𝙝𝙤𝙧'𝙨 𝙣𝙤𝙩𝙚 !

Ieri Wattpad ha pensato bene di farmi prendere un infarto😀 ho pensato sul serio che gli girasse e mi cancellasse sta storia. Sarei morta.

Comunque, Harp il mio spirito guida.

Vi dico solo una cosa: il prossimo capitolo è... tosto. State prontx🫶🤩

Ci sentiamo presto ❥ sofi

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