𝐇𝐄𝐀𝐑𝐓𝐁𝐔𝐑𝐍, percy...

Von -goosebumpss

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❛ ti fidi di me? ❜ ❛ come potrei non fidarmi? ❜ ▬▬▬▬▬▬▬▬ ⚔️ ⋆ ˚。⋆౨ৎ percy jackson and the olympians - book... Mehr

𝐁𝐄𝐅𝐎𝐑𝐄 𝐒𝐓𝐀𝐑𝐓𝐈𝐍𝐆
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𝐒𝐄𝐐𝐔𝐄𝐋

iii

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Von -goosebumpss

- ̥۪͙۪˚┊❛ chapter three ❜┊˚ ̥۪͙۪◌
𝙋𝙧𝙞𝙨𝙨𝙮 𝙢𝙞 𝙗𝙖𝙩𝙩𝙚 𝙖 𝙙𝙪𝙚𝙡𝙡𝙤

⸻ ✧ ⸻

𝐇𝐀𝐑𝐏𝐄𝐑

𝑰l pomeriggio seguente all'incidente del bagno, andai nell'arena per dare una mano a Luke, come avevo promesso. Nonostante non lo sopportassi, io mantenevo le promesse, e poi avrei dovuto insegnare ad altri ragazzi, quindi era un vantaggio.

Era presente pure il pivello. Avevo saputo da Annabeth che era letteralmente una schiappa in tutto: corsa, combattimento - questo mi era stato confermato da Clarisse, che aveva avuto il piacere di prenderlo a pugni -, tiro con l'arco e perfino il greco antico. A quanto pareva, era capace solo nel canottaggio.

Tutti i ragazzi della Casa 11 si riunirono nella grande arena circolare, dove io e Luke avremmo fatto da istruttori.

Partimmo prima dal combattimento con le armi.

Cominciammo con i colpi base, usando dei manichini imbottiti e vestiti in armatura greca. Mi toccava ammetterlo: Percy non sembrava così male come mi avevano detto. Se la stava cavando abbastanza bene, anche se probabilmente era la prima volta che impugnava una spada.

Io nel frattempo passavo in mezzo a tutti i ragazzi, correggendo le posture e dando consigli.

Osservai il fatto che Percy impugnasse una spada sbagliata per lui. Ecco un'altra cosa che mi aveva detto Annie: il pivello non riusciva a trovare una spada giusta; o era troppo pesante, o troppo leggera, o troppo lunga. Luke cercò di dargli una mano per sistemarsi, ma non c'era nulla da fare.

Passammo poi ai duelli. Luke mi ordinò di fare coppia con Percy. Tentai di protestare, ma mi zittì. Fosse stato un altro giorno, forse gli avrei tirato un ceffone, ma non avevo tanta voglia di discutere, così mi feci andare bene il mio compagno.

«Ma guarda te questo, oh...» sussurrai.

Mi avvicinai al ragazzo e mi piazzai davanti a lui, ghignando. Alla fine non mi sarebbe andata così male: avrei avuto pure io il piacere di prenderlo a botte.

Uno dei figli di Ermes gli disse qualcosa.

«Buona fortuna. Harper è una delle migliori combattenti degli ultimi 300 anni»

«Forse con me ci andrà piano» replicò.

«O forse ci andrò più forte, dal momento che mi stai sui cosiddetti» dissi.

I ragazzi lì attorno risero. Percy alzò gli occhi al cielo.

Iniziai ad insegnargli bene o male tutto quello che sapevo. Stoccate, parate e blocchi con lo scudo, andandoci giù più che pesante.

A ogni colpo che davo, Percy sembrava sempre più in difficoltà. Nel mentre che lottavamo, gli davo dei consigli e lo colpivo, confondendolo ancora di più. Era paonazzo in volto, e la misura sbagliata della spada non sembrava aiutarlo.

Mi interessava? Nah.

Quando Luke annunciò la pausa, eravamo entrambi fradici di sudore.

Tutti si accalcarono verso il frigo delle bevande. Luke si versò dell'acqua gelata in testa. Percy lo imitò al volo.

Nel mentre che bevevo una bottiglia d'acqua tutta d'un fiato, l'osservai. Quando ormai si era svuotato tutta la bottiglietta addosso, la lanciò per terra (i satiri lo avrebbero preso a mazzate, più tardi). Sembrava... diverso. Più forte. Emanava potere; quel genere di potere che ti fa venire voglia di chinare la testa, come quando sei in presenza di un dio. Peccato che io non mi inchinavo nessuno. Semmai il contrario.

«Okay, gente, in cerchio!» ordinò Luke «Se a Percy non dispiace, vorrei farvi una piccola dimostrazione».

Guardai il volto del diretto interessato farsi leggermente rosso per l'imbarazzo. Sembrava che avesse già capito come sarebbe andata a finire la faccenda. Avrebbe vinto il figlio di Ermes.

Luke spiegò che stava per dimostrare una tecnica di disarmo: piegare la lama dell'avversario con il piatto della spada e costringerlo a lasciar cadere l'arma.

Bene, sappiate che io questa cosa non la sapevo fare. Era una di quelle classiche mosse che, mentre sei in battaglia, non ti vengono in mente per utilizzarle. Io, se volevo disarmare qualcuno, usavo tutt'altre maniere.

«È difficile» sottolineò Luke «L'hanno usata contro di me. Quindi non ridete di Percy, adesso»

«Non garantisco nulla» dissi.

Gli altri ragazzi ridacchiarono. Il diretto interessato mi guardò negli occhi, infastidito.

«Ok, Harper. Fai pure lo spirito libero. Comunque, la maggior parte degli spadaccini deve faticare anni per impadronirsi di questa tecnica. Tu sai farla, Harper?» mi chiese poi.

Sapeva benissimo che non sapevo farla, ma voleva mettermi in imbarazzo davanti agli altri. Non ci sarebbe riuscito. Avevo imparato a non vergognarmi di non saper fare determinate cose con la spada. Non si può eccellere in tutto.

«Al momento no. Però, ad esempio, tu sai rompere le palle più di me. Ci sono cose che tu fai meglio e che io faccio peggio, e viceversa» conclusi con un sorrisetto finto stampato in faccia.

Lui ghignò, facendo finta di nulla. Avevo fatto centro.

Poi, mostrò la mossa al rallentatore, e, come previsto, la spada di Percy finì a terra.

«Ora in tempo reale» continuò «Andiamo avanti finché uno di noi due non ci riesce. Pronto, Percy?».

Il ragazzo annuì e Luke si fece avanti. In qualche modo, riuscì a impedirgli di colpire l'elsa della sua spada. Come avevo notato prima, sembrava diverso; più forte; più attento. Riusciva a prevedere gli attacchi di Luke e a respingerli. Fece un passo avanti e tentò un affondo. Luke lo schivò facilmente, ma notai che iniziò ad andarci giù più pesante di prima.

Percy parve leggermente in difficoltà a causa della spada non bilanciata. All'improvviso, tentò la tecnica di disarmo. La lama della sua spada colpì la base di quella di Luke e piegò il polso, alla svelta, facendo leva con il peso verso il basso.

Clang!

L'arma di Luke rimbombò sulla pietra. La punta della lama di Percy era a un paio di centimetri dal suo petto indifeso.

Noi altri eravamo tutti in silenzio, scioccati.

Il pivello abbassò la sua spada.

«Ehm, scusa» disse.

Per un attimo, Luke sembrò troppo sbigottito per parlare.

«Scusa?» disse.

Il suo viso sfregiato si aprì in un sorriso.

«Per gli dei, Percy, perché mi chiedi scusa? Fammelo vedere di nuovo!».

Percy tentò di dirgli di no, ma Luke insisteva. Così ritentò, ma stavolta ebbe la meglio il figlio di Ermes.

«La fortuna del principiante?» domandò dopo un po' qualcuno dei ragazzi accanto a me.

«Non esiste la fortuna del principiante» dissi sovrapensiero.

«Mh, forse» disse invece Luke «Direi di passare al combattimento corpo a corpo. Dopo, voglio che Percy combatta contro Harper. Con la spada».

Feci un cenno di approvazione, anche se non ne capivo bene la scelta. Che motivazione c'era di far combattere Percy di nuovo?

A partire da quel momento, l'insegnante fui io.

Purtroppo al campo venivano leggermente trascurati i combattimenti senza le armi, perché si dava per scontato di averne sempre una. Ma quando stai combattendo contro un mostro, può succedere di tutto, e se non hai più un'arma e non sai tirare pugni... beh, amico, sei spacciato.

Mostrai ai ragazzi le posizioni corrette da assumere, come tirare pugni e calci. Gli insegnai certe mosse per bloccare l'avversario, per farlo cadere per terra o per stordirlo. Tutte queste cose le avevo imparate grazie a mia sorella e al satiro che ci aveva accompagnate al campo; quest'ultimo era un vero e proprio fanatico delle arti marziali. Però, siccome Clarisse insegnava queste cose solamente agli altri ragazzi della nostra cabina e Gleeson non si occupava affatto di queste cose, degli altri mi occupavo io (solo perché mi divertivo a tirare botte a tutti).

Di nuovo usarono i manichini, colpendoli come gli stavo insegnando. Nel mentre, passavo fra loro. Mi fermai spesso a correggerli, ma non erano messi così male. Anche Percy se la stava cavando meglio di quanto pensassi.

Andammo avanti per un po', finché Luke non ci interruppe.

«Bene, direi che per oggi possiamo fermarci qui» disse «Nel mentre che vi riposate, potete osservare Harper e Percy combattere. Ragazzi, in posizione».

Io e il pivello ci sistemammo al centro dell'arena, uno davanti all'altro.

Per la prima volta da quando avevamo cominciato, evocai Sangue, la mia spada.

Si trattava di un regalino di papà, fatto non appena ero arrivata al campo. Era una spada fatta di bronzo celeste, argentata, con l'elsa di pelle bianca. Proprio lì, era inciso il nome dell'arma in greco antico: αίμα. Aima.
Occultata, la spada era una semplicissima cavigliera fatta di perline e piccole conchiglie.
Non era un regalo che avevo desiderato; inizialmente, non volevo nemmeno toccarla, solo perché mi era stata donata da Ares. Alla fine mi ero arresa, e mi toccava ammettere che la spada era veramente ottima. Non ne avevo mai usate altre.

Ci mettemmo in posizione, e ad attaccare per primo fu Percy. Mosse la spada velocemente, tentando di colpirmi il braccio con cui tenevo Sangue, ma io scartai di lato, evitandolo. Corsi verso di lui, feci una finta, e poi lo colpii sul retro delle ginocchia, facendolo cadere a terra con un tonfo.
Si alzò un polverone. Della terra mi entrò perfino negli occhi, facendomeli lacrimare.

Percy, però, non si arrese.

Si alzò in piedi e mi attaccò di nuovo. Colpì la mia spada, facendo cozzare le due armi e producendo un rumore assordante.

Attacca, schiva, ripeti. Attacca, schiva, ripeti.

Andai avanti così fino a che Percy non si rese conto dello schema che stavo utilizzando. Prima che potessi schivare, puntò la sua lama verso il mio polso e fece di nuovo la tecnica che gli aveva insegnato Luke.

La mia spada cadde per terra, tintinnando.

Nel fare questa mossa, mi aveva preso anche il polso, che ora stava sanguinando copiosamente. Però, non mi accorsi più di tanto del dolore. Ero troppo concentrata a fissare il pivello davanti a me. Mi aveva appena disarmata. Con una tecnica appena imparata. Solo due persone al campo riuscivamo a disarmarmi: Luke e Clarisse.

Presi il polso con la mano sinistra, stringendo le dita attorno al taglio. Chiusi un attimo gli occhi per il dolore e richiamai Sangue, che tornò una cavigliera.

«Scusami» mi disse Percy «Ti fa male?».

Sembrava... preoccupato. Preoccupato sul serio.

«Cosa?» dissi «Ah, no... scusate, vado in infermeria».

Mi diressi verso l'edificio dove lavoravano i figli di Apollo. Era una semplice casetta di mattoni, con il tetto fatto di assi di legno. L'interno era molto accogliente: c'era un'atmosfera tranquilla, foto dei campeggiatori appese alle pareti - perfino una mia, di quando avevo 10 anni: ero in compagnia di Annabeth, entrambe sedute sul molo a ridere.

Entrai spalancando la porta con il piede. Sembrava deserta. Non c'era traccia di nessuno, che fosse medico o paziente.

«Solace!» esclamai ad alta voce.

Silenzio.

«SOLACE!» ritentai, stavolta urlando.

Poi, dei passi svelti. Will apparve magicamente da una porta e mi venne incontro, tutto di fretta.

«Arrivo, arrivo. Non serve urlare, Harper» mi ammonì «Che è successo?»

«Quel pivello mi ha disarmata. Disarmata, Will. Ma ti rendi conto?» dissi.

Lui ridacchiò.

«Forza, vieni. Siediti qui. Arrivo subito, così mi racconti cosa è successo per bene».

Così come era arrivato, sparì di nuovo dietro ad una porta. Io intanto mi accomodai sul letto libero che mi aveva indicato.

Tornò pochi minuti dopo con disinfettante, garze e forbici.

«Ecco qua» annunciò «Ho preso tutto. Ora dimmi, come ha fatto a farti un taglio del genere?».

Gentilmente, mi prese la mano sinistra e la tolse dal polso destro. Osservò per qualche secondo il taglio, e poi cominciò a fare il suo lavoro. Mi ficcò in bocca un pezzetto di ambrosia, prese un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante e iniziò a tamponarlo sulla ferita.

Grazie all'ambrosia, il bruciore era diminuito, ma faceva comunque abbastanza male. Il polso è un punto delicato.

«Questo pomeriggio avevo promesso a Luke che l'avrei aiutato ad allenare gli altri ragazzi della sua cabina» cominciai a raccontare «Mi aveva chiesto se potevo dargli una mano con la lotta corpo a corpo, sai. Ho accettato. Prima abbiamo combattuto con le spade, poi abbiamo fatto lotta e infine Luke mi ha fatta combattere contro di Percy, il pivello. Non so come, ma ha usato una tecnica che gli è venuta una sola volta oggi, una tecnica che non so fare nemmeno io, e mi ha disarmata. Cioè, io sono scioccata, Will. Non mi era mai successa una cosa del genere».

Lui pareva divertito. Stava sorridendo nel mentre che finiva di pulirmi la ferita.

Will era decisamente il mio figlio di Apollo preferito: era sveglio, un bravo medico e sapeva il fatto suo. Se voleva, ti rimetteva al tuo posto. Era anche un bel ragazzo, ma non il mio tipo: biondo, abbastanza alto, occhi azzurri come il cielo e lentiggini sul naso. Un classico figlio del dio del sole.

Quando finì con il disinfettante, passò a fasciarmi il polso con la garza, coprendolo con vari giri. Poi tagliò la fine con la forbice e fissò il lembo.

«Perfetto» disse «Se ti fa male o ti prude, vieni qui, che ci do una sistemata. Torna fra un paio di giorni, che ti cambio la garza. E mi raccomando, mangia, Harper» concluse guardandomi negli occhi.

Era forse uno dei pochi a saperlo. Mi ero ritrovata costretta a dirglielo quando avevo avuto la prima ricaduta al campo. Mi aveva aiutata molto. Era seriamente un buon amico.

«Tranquillo, Solace. Non ti deluderò» dissi tirandogli una pacca sulla spalla.

Lui si lamentò un po', piegandosi in avanti e portandosi una mano sul punto colpito.

Uscii dall'infermeria e tornai nella mia cabina. Dopo essere entrata, mi buttai sul letto e chiusi un attimo gli occhi.

Sentivo il bisogno di starmene un attimo tranquilla: in due giorni era successo di tutto, e quel pivello stava esaurendo la mia scorta di nervi saldi e pazienza. Già ero una che si arrabbiava con poco, e lui sembrava mettercisi di impegno per farmi scoppiare...

Quando riaprii le palpebre, mi trovai faccia a faccia con mia sorella.

«Che hai fatto al polso?» chiese.

«È stato il pivello. Nell'arena. Mi ha disarmata» le dissi.

«Disarmata?!» chiese incredula.

«Giuro».

Rimase per un attimo in silenzio, poi parlò di nuovo.

«Quel Prissy vuole proprio farsi male, eh...» disse.

«Già» commentai «Mi fa solo un favore. Tanto già non lo sopporto».

Venimmo interrotte dalla conchiglia: era ora di cena.

Uscii assieme a Clarisse, e parlammo del più e del meno. Al padiglione, feci la mia solita offerta e mangiai tranquillamente, sotto lo sguardo attento di Clarisse e pure di Will.
Il fatto che quest'ultimo mi stesse guardando non l'avevo notato subito, ma solo quando uno dei suoi fratelli, Lee Fletcher, nonché capo della cabina, gli disse:
«Sei innamorato, Will? La fissi da quando ti sei seduto!».

I suoi fratelli risero assieme a lui, mentre Will gli diceva di stare zitti. Risi pure io. Lee aveva parlato un tantino troppo forte, tanto che in vari si erano girati e avevano lanciato prima un'occhiata a Will e poi a me.

La cena continuò tranquilla, accompagnata dal solito sfondo di chiacchiericcio e risate dei semidei.

Quella sera non mi fermai al falò. Andai dritta a letto, stanca morta per la giornata.

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