Capitolo 36

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Aprii di scatto gli occhi, per poi ritrovarmi a doverli richiudere velocemente, accecata dalla forte luce che inondava lo spazio circostante. Strofinai con forza il dorso delle mani contro le palpebre chiuse, cercando di spegnere l'insistente punto rosso impresso nella mia mente.

Una risata giunse alle mie orecchie. Una risata calda, e leggermente acuta, che ricordava vagamente il tintinnio delle campane a vento.

Riaprii lentamente gli occhi, abituandomi man mano alla luce che pervadeva quello che scoprii essere un'enorme giardino. Osservai i numerosi alberi dalle foglie di un verde intenso, per poi percorrere con lo sguardo l'erba, arrivando ad un'alta fontana in pietra chiara, al cui centro un piccolo getto d'acqua sgorgava direttamente dal cesto che la statua di una bellissima donna con dei lunghi capelli fluenti e una tunica morbida, portava in mano.

Riportai lo sguardo di fronte a me nel momento in cui vidi un piccolo luccichio muoversi con la coda dell'occhio. Osservai curiosa la figura che si stava avvicinando dal lato opposto del giardino. Impiegai qualche secondo a mettere a fuoco l'uomo, sicuramente non aiutata dalla scintillante tunica bianca che gli fasciava il corpo e dallo smagliante sorriso che sembrava emettere luce propria.

Mi alzai dall'erba solo quando l'uomo si trovava a pochi metri da me, e osservai i suoi lunghi capelli biondi ondeggiare leggermente, accompagnando i movimenti che faceva.

Mi si avvicinò guardandomi fisso negli occhi, per poi appoggiarmi una mano sulla spalla, e stavo quasi per indietreggiare, quando disse una frase mi fece cambiare idea.

"Sei cresciuta così tanto" disse prima di abbracciarmi.

Chiusi gli occhi a quel contatto, le mie narici si riempirono di un forte odore di fiori, e quasi mi scottai a contatto con il calore della sua pelle.

Quando si allontanò di qualche passo lo osservai confusa, ricevendo come risposta un'altra risata.

"Ah. Crescono troppo in fretta. Un giorni corrono nei giardini insieme ai satiri, e il giorno dopo li ritrovi nel mezzo di un impresa"
Disse l'uomo guardando oltre la mia spalla, ma, quando seguí il suo sguardo, non vidi nessuno.

Sembrò notare il mio sguardo confuso, rivolgendomi un ulteriore sorriso caloroso, prima di girarsi e iniziare a camminare verso la fontana.

Lo seguii, osservando affascinata i movimenti fluidi del corpo dell'uomo, che si accomodò composto sul bordo della fontana, battendo leggermente la mano sulla pietra chiara, facendomi segno di accomodarmi.

Mi avvicinai e mi sedetti sul bordo fresco, osservando curiosa l'acqua, che sembrava cosparsa di piccoli diamanti, tanto riluceva.

"Dove siamo?" Chiesi curiosa, ma sottovoce, quasi spaventata dal poter disturbare la figura accanto a me, che nel mentre aveva alzato il mento, chiudendo gli occhi e godendosi il sole.

"Ah, ormai non ti ricordi più di questo posto? Comprensibile." Rispose lui.

Lo osservai confusa, normalmente mi sarei irritata, per via di queste risposte così enigmatiche, ma, in quel momento, anche solo il pensiero di arrabbiarmi sembrava così lontano, quasi estraneo.

"Sono già stata qui?" Domandai arrivando a sfiorare con i polpastrelli la superficie dell'acqua.

Mi girai nuovamente verso la figura, che ormai avevo riconosciuto come il ragazzo che avevo spesso sognato, lo stesso che si era sporto sulla mia culla, così come lo stesso che mi aveva preso in braccio.

Lui si mise a ridere, puntando i suoi occhi azzurri su di me.

"Certo che sei stata qui. Amavi venirci quando eri più piccola" disse sdraiandosi lungo il bordo della fontana.

"Il tempo passa così velocemente per voi mortali" sospirò passandosi una mano fra i ricci dorati.

Ormai ero completamente convinta dell'identità del ragazzo accanto a me, sarà per l'aspetto, all'apparenza così divino da risultare quasi etereo, o, ancora, per l'estrema somiglianza con il will solace, il ragazzo che mi aveva curato più volte all'infermeria del campo mezzosangue.

Mi voltai verso Apollo, sperando in ulteriori spiegazioni, che però non arrivarono.

"Come mai sono qui? Perchè mi conosci così bene?" Subito mi pentì delle domande che posi, quasi spaventata dal tono con cui le avevo formulate, me, stranamente, il dio si limitò a ridere, per poi alzarsi a sedere e osservarmi.

"Tu sei qui perché hai bisogno di aiuto, e io sono qui perché sono una delle persone che può dartelo"

La risposta era troppo enigmatica, che non fece altro che confondermi ulteriormente.

Mille domande mi frullavano per la testa, e lui sembrò intuirlo, perché mi osservò con sguardo dolce.

"Senti, io non dovrei nemmeno essere qui. Però voglio avvertirti. Anni fa, alla tua nascita, nostro padre ha commesso un terribile errore, che ha scatenato l'ira di alcune persone, che non vorresti mai avere contro. Ti consiglio di stare attenta."

L'ultima frase la disse con un tono così greve, da farmi venire i brividi.

Avrei voluto fare un'infinità di domande, ma, proprio in quel momento, Apollo si alzò, passandosi le mani sulla veste, per poi voltarsi verso di me, e sorridermi.

"Spero di rivederti presto, Leda."

~~
All'alba del giorno seguente mi trovai al limitare del bosco insieme a Leo, gli zaini in spalla e gli occhi ancora leggermente impastati dal sonno.

Avevo legato alla vita la cintura con i due pugnali, e sentivo il bracciale stringere un po' troppo forte il polso.

Alzammo lo sguardo quando si sentirono una serie di passi sull'asfalto ciottoloso.

Feci un cenno con la testa ad Enea ed Achille, che si stavano avvicinando alla recinzione, Achille riuscì a scavalcarla con un'agilità che mi sorprese, Enea, invece, una volta arrivato in cima, perse l'equilibrio e quasi rischiò di cadere a terra.

Dovetti premermi una mano davanti alla bocca, nel tentativo di non fare rumore, e in cambio ottenni un leggero colpetto sulla nuca da parte del ragazzo, che nel mentre si era rialzato.

"Dovremmo fare tutto a piedi?" chiesi leggermente infastidita dall'idea di dover camminare così tanto, e, soprattutto, con ancora il sole che non aveva del tutto superato l'orizzonte, perciò, all'interno della foresta regnava una silenziosa penombra.

"Non lamentarti e muovi le gambe" disse Enea con un ghigno, per poi incamminarsi a passo svelto fra gli alberi.

Alzai gli occhi al cielo, ma incominciai a seguirlo velocemente.

Camminammo, quasi completamente in silenzio, per un tempo che mi sembrò infinito.

Iniziai a risvegliarmi dalla trans in cui ero caduta solo quando gli alberi iniziarono a diradarsi, rivelando l'asfalto malmesso di una statale in mezzo ai campi, al bordo della quale si trovava un'apecar arrugginita.

"E questa da dove esce?" Chiese Leo curioso.

"Diciamo che l'ho presa in prestito" rispose Enea sedendosi al posto del guidatore.

Quasi mi venne da ridere, quando io, Leo, e Achille, ci ritrovammo stretti dentro il cassone posteriore, mentre Enea metteva l'auto in moto con un cigolio pericolante che fece fare una smorfia sofferente a Leo.

E così partimmo.

DAUGHTER OF ZEUSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora