Capitolo 26

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La luce del sole mi accecò per qualche secondo di troppo, impedendomi di vedere bene.

Sentivo un forte profumo di agrumi e un intenso calore che si irradiava per tutto il mio corpo.
Finalmente riuscii a vedere quello che mi stava succedendo intorno.

Mi trovavo tra le braccia di una donna che mi assomigliava molto, occhi nocciola e capelli castano chiaro raccolti un una pettinatura elaborata.
Era mia madre, non avevo dubbi.
Indossava un chitone bianco e portava in testa una piccola corona di alloro.
Sembrava sprizzare gioia da tutti i pori.
Aveva un sorriso stupendo, e tutte le rughe dovute all'età non c'erano, era sicuramente molto giovane.

Eravamo in un enorme giardino, pieno di fiori e di alberi di un verde brillante.
Si sentiva un rumore di flauto e un canto melodioso. Tutti i presenti si trovavano intorno a noi, ma non ci guardavano, bensì osservavano un uomo massiccio, con una barba scura e con degli ipnotici occhi blu scuro.
Quello doveva essere mio padre, Zeus.

Teneva in mano un calice trasparente, che conteneva un liquido dorato.

Sorrise compiaciuto e alzò il calice per richiamare l'attenzione, per poi parlare con voce forte.

"Vi ringrazio per essere qua...-esordì allegramente- ...per festeggiare un occasione importante... la nascita di mia figlia"

Rimasi paralizzata, la mia nascita?!

Si avvicinò sorridente a mia madre, che mi adagiò tra le sue braccia.
Appena toccai la sua pelle sentii una scarica elettrica pervadermi fino all'osso, però non mi spaventai, anzi lo trovai piacevole.

Piano piano mi alzò sopra la sua testa, e fu allora che riconobbi le persone che si trovavano intorno a noi.
Erano gli Olimpi.

Questa volta non mi svegliai di soprassalto, mi limitai ad aprire gli occhi tranquillamente, come fanno le persone normali, per poi tirarmi a sedere con una smorfia di dolore... ecco, questo le persone normali non lo fanno.

Non dovevo essere svenuta per molto tempo, all'incirca pochi di minuti, perché i miei vestiti erano ancora fradici e la ferita che mi ero procurata con l'acido dell'Idra non era nemmeno fasciata.

Mente osservavo la ferita qualcosa attirò la mia attenzione, era una macchia rossastra, un po' più su rispetto alla bruciatura, la osservai a lungo, prima di riconoscere la forma di una mano e rabbrividire. Avevo impresso nella mente il momento in cui Leo, per evitare di farmi cadere, mi afferrò per la vita, procurandomi un bruciore insopportabile, probabilmente dovuto al fatto che avesse appena usato i suoi poteri da fiaccola umana.

Mi riabbassai la maglia per poi alzarmi. Dovevo andare a cercare qualcuno.

Ma venni interrotta dal rumore della porta della stanza che mi apriva, per poi ritrovarmi di nuovo con lo sguardo incatenato a quegli occhi furenti di rabbia.

Bastò un attimo per ritrovarmelo d'avanti, con le sue mani che mi stringevano le spalle, ma questa volta non bruciavano.

"COSA TI È SALTATO IN MENTE?! VOLEVI MORIRE PER CASO?!" Sbraitò scuotendomi leggermente.

"Leo...io...." cercai di trovare una giustificazione al mio atto sconsiderato, ma venni interrotta prima.

"NO! «Tu» un bel niente- esclamò allontanandosi di qualche passo, per poi indicare con il dito la direzione in cui si trovava il ponte principale della nave- SAI CHE COSA TI SAREBBE SUCCESSO SE NON FOSSI STATO LÌ PER TE?!"

Mi guardava con uno sguardo che non gli avevo mai visto, sembrava volesse strangolarmi per quello che avevo fatto.

Non mi lasciò rispondere che completò lui la frase.

"SARESTI MORTA! -mi guardò con sguardo truce prima di prendere un respiro profondo -ecco cosa sarebbe successo" concluse con la voce ridotta quasi ad un sussurro e gli occhi leggermente lucidi.

"Leo...mi dispiace" fu tutto quello che riuscii a dire, ma sembrò funzionare, perché il suo sguardo si addolcì.

Mi si avvicinò e mi strinse a se, come se avesse paura che me ne potessi andare.
Sarei potuta rimanere così per sempre, se la ferita non avesse iniziato a bruciare come non mai.
Faci una smorfia di dolore, e Leo, notandola, si ricordò della ferita.

Mi prese la mano e mi fece sedere sul letto, prima di alzarmi leggermente la maglia per guardare il punto leso. Avvampai a quel contatto, distogliendo lo sguardo e immaginandomi quanto potessi sembrare stupida in quel momento.

Leo sfiorò leggermente con le dita la ferita, prima di prender dal comodino una strana crema dal colore verdognolo e spalmarmela sulla bruciatura.

Dopo aver massaggiato il punto leso prese una fasciatura e la fece passare due volte intorno alla mia vita, per poi fermarla con un cerotto.

"Non sapevo fossi anche un dottore!"

Mi rivolse un mezzo sorriso divertito alla mia battuta.
Distolsi lo sguardo, aspettando che si allontanasse, ma, quando notai che non accennava a muoversi, riportai lo sguardo su di lui. Stava osservando con gli occhi sgranati un punto sul mio busto poco sopra la ferita. Guardai dove stava puntando lo sguardo e osservai l'impronta della sua mano.
Non capivo perché fosse così sconvolto, era stato un incidente, e l'impronta se ne sarebbe andata da lì a poco.

"Hey, Fiamma! Che ti prende?" Chiesi preoccupata.

Il suo sguardo si indurì ancora di più a quel soprannome, e mi sembrò anche di vedere la sua mano tremare leggermente.

"Non mi chiamare così." Affermò duro, per poi alzarsi e dirigersi verso la porta.

Cercai di fermarlo prendendogli il polso, ma ritrasse la mano, come se si fosse appena scottato.

Sentii la rabbia montare dentro, e, questa volta, fui io a parlare con tono duro.

"Bene-dissi in un sibilo- fai pure, ignorami.
Anzi, fai finta che io non esista. Ma poi non provare a cercarmi. Io non ho bisogno di te."

Non capii quale fosse la sua reazione, perché non si girò a quelle parole. Si limitò ad uscire dalla stanza, sbattendosi la porta alle spalle.

La rabbia continuava a ribolliamo dentro.
Mi avvicinai a passo svelto al mio zaino, che si trovava dalla parte opposta della stanza, per poi estrarne la rosa di ferro che mi aveva regalato. Me la rigirai fra le dita per qualche secondo, prima di prenderla e di chiuderla un un cassetto insieme alla scatolina che mi aveva dato la sera precedente.

«io non ho bisogno di lui.» mi ripetei.

DAUGHTER OF ZEUSWhere stories live. Discover now