Capitolo 4

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Quando riaprii gli occhi mi trovavo in quello che sembrava un rudimentale ospedale, le pareti, così come tutto ciò che vedevo intorno a me era bianco, ma non riuscivo a vedere i soliti macchinari dal ronzio fastidioso che si vedevano sempre negli ospedali.
Inalai a pieni polmoni il caratteristico odore di disinfettante, e mi ritrovai inevitabilmente a tossire. Provai a mettermi seduta in cerca di un'aria che non mi soffocasse. La situazione migliorò, ma venni afferrata quasi subito da quello che probabilmente era un infermiere e venni fatta sdraiare sul letto. Cercai di divincolarmi ma presto capii che ero in una situazione di svantaggio, e soprattutto le condizioni in cui mi trovavo non erano certamente delle migliori. "Calmati,furia" disse il ragazzo ridendo. La sua voce era tranquilla ed ebbe un effetto calmante su di me. Mi lasciai andare sul morbido lenzuolo del letto e sospirai. "Cosa ci faccio qui?" La domanda che gli rivolsi era più che altro per avere una conferma dei miei sospetti, perché ricordavo benissimo tutta la storia del campo, e dubitavo che un luogo dove la gente aveva delle spade potesse non avere un ospedale.
"Sei dentro l'infermeria del campo mezzosangue, dove sennò?" Rispose con quel tono allegro che capii lo distingueva.
"E Nico?" Chiesi sentendo una punta di ansia stringermi lo stomaco. "Nico sta bene, gli avevo già detto che non doveva fare dei viaggi ombra, ma ovviamente non mi ha ascoltato" rispose. *ovviamente, chi mai darebbe ascolto a una persona che parla con l'allegria di un cartone animato?* pensai tra me e me. "Dovremmo poterlo dimettere tra poco, tu invece puoi andare via subito,basta un po' di ambrosia" continuò. Mi porse un quadratino dorato, che rifiutai categoricamente. Se non sbaglio esisteva un mito, di un uomo, Tantalo, che rubò l'ambrosia e venne polverizzato all'istante. Preferivo evitare di fare una fine del genere. Il ragazzo insistette dicendomi che furono gli dei stessi a donare l'ambrosia ai semidei,per curarli e che se ne avessi mangiato poco non mi sarebbe successo niente. Accettai, anche se con riluttanza, il cibo, sperando di non morire seduta stante.
Non successe niente, anzi, l'ambrosia sapeva di lasagna. Mi sentii subito meglio, non so se fosse per la magia contenuta in essa o perché sapesse di lasagna. Probabilmente la seconda.
Fatto sta che vidi i vari tagli e lividi sparire all'istante, così come la stanchezza. Mi alzai e mi diressi verso la porta, venni però fermata dal ragazzo che mi prese per il polso "comunque io sono Will" disse "Leda" risposi con un mezzo sorriso "sarai abbastanza confusa immagino, se cerchi qualcuno che ti dia indicazioni vai alla casa grande, lì troverai Chirone, il nostro mentore" concluse. Gli risposi annuendo e uscii dall'infermeria. Appena attraversai la soglia mi guardai intorno, non troppo lontano si trovava un'enorme casa dipinta di blu. Non ci voleva un genio per capire che quella doveva essere la casa grande. Iniziai a camminare in quella direzione e dopo poco mi ritrovai sotto un portico, a guardare un signore in sedia a rotelle e un tizio con una ridicola camicia hawaiana giocare a poker. Aspettai che mi notassero, cosa che non tardò ad arrivare. Io signore in sedia a rotelle si alzò... rivelando un corpo equino. Beh almeno non doveva farsi problemi su quali scarpe comprare. "Tu devi essere Leda" constatò il centauro(Harry Potter mi aveva fatto bene) "sì, sono io, lei invece deve essere Chirone". In quel momento feci due più due e capii che era proprio quel Chirone, l'addestratore di eroi.  "Sono io" confermò "e questo è il signor D. il direttore" il signor D. alzò lo sguardo su di me e mi fece segno di avvicinarmi. Il centauro ci lasciò soli sul portico, avviandosi verso una serie di capanne. "bene,sarò breve ragazzina, solo con la tua nascita ti sei messa contro forze che puoi solo immaginare, quindi ti consiglio di tenere un profilo basso nel mio campo"Disse sventolando un cilindro di alluminio. E con questo si alzò ed entrò nella casa. *Perfetto, un tizio strano mi ha appena minacciato con una lattina di Diet Coke* pensai. Riamasi sul portico a guardare la vallata per un po', prima di dirigermi nella direzione in cui era andato in centauro

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