Capitolo 22

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Dopo cena ci ritrovammo tutti intorno al tavolo dove avevamo mangiato, guardando una cartina del mondo e ascoltando la parlantina di Annabeth.

"Perfetto, adesso dovremmo trovarci qui"
Disse indicando un punto sulla cartina poco lontano dalla alla costa americana.

"Ci troviamo a circa 600 km dalla costa americana, adesso stiamo viaggiando verso la costa portoghese" disse facendo scorrere il dito verso est, fino ad incontrare una striscia di terra nella penisola iberica.

"In seguito, dopo una breve sosta per rifornirci-disse guardando Leo- ripartiremo alla volta dell'Italia, per poi scendere lungo l'ex-Jugoslavia fino ad arrivare a Delfi" concluse con convinzione.

"E quanto durerà il viaggio?" Chiede Frank senza staccare gli occhi dal tavolo.

"Dipende quante volte ci fermeremo, ma, se tutto va bene, dovrebbe durare all'incirca di 2 settimane"

L'idea di un viaggio così lungo mi provocò sentimenti contrastanti: da un lato l'idea di un avventura del genere mi entusiasmava, ma dall'altra parte l'idea di spostarsi così lontano da casa, verso un posto che non si conosceva e verso una possibile morte mi spaventava.

Fin da piccola ho sempre avuto paura del buio, probabilmente collegandolo con l'ignoto e, molto probabilmente, anche con la morte.

Ed è stato così fino a qualche mese fa.

Mi ricordo tutto nei minimi particolari.
Mi ricordo la leggera brezza calda che soffiava via l'aria umida di inizio primavera.
Ricordo i piccoli germogli che stavano iniziando a crescere lungo gli alberi.
C'era silenzio, un silenzio dolce e carico di odori. Odore di terra bagnata e di polline.
Ricordo che le strisce pedonali su cui stavo passando erano state verniciate di recente.
Ricordo tutto così bene.
Tutto tranne quello che avvenne subito dopo.
Ho il vago ricordo di un forte rumore che infranse il silenzio della periferia della mia città.
Poi non ricordo più nulla, nessun suono, nessun odore, nessuna sensazione,
Ricordo solo l'odore di disinfettante che percepii appena mi svegliai in ospedale.

Mi avevano investito.

Quando mi svegliai  provai un dolore al fianco, che sembrava provenire dall'interno del mio corpo, mi sembrava quasi di poter sentire la mia anima lamentarsi.

Fui fortunata, i danni erano solo superficiali, però mi ero procurata un brutto livido che mi ricopriva buona parte del fianco destro.

Nel breve periodo in cui rimasi in ospedale, per  i vari controlli, ebbi tempo di riflettere sull'accaduto.
Sentii il rumore, ma non sentii alcun tipo di dolore, se non dopo, non mi resi conto di nulla.

Questo mi diede un idea generale su come dovesse essere morire. Non si provava nessun tipo di dolore né di emozione, se non probabilmente dopo, nell'Ade.

Questo ragionamento mi è stato decisamente di aiuto nel superare la mia paura, però ha portato allo svilupparsi di una nuova fobia.

Ho una paura folle della sofferenza.

Non tanto del mio dolore, quanto quello dei miei cari
Ho paura che mi vengano portati via, o che soffrano in generale. Al solo pensiero spesso non dormo la notte.

Venni riscossa dai miei pensieri macabri dalla mano di Leo sulla spalla, durante il mio momento di riflessione non mi ero nemmeno resa conto di come la riunione fosse terminata e di come tutti si stessero dirigendo verso le proprie cabine.

Il moro mi guardò negli occhi con sguardo preoccupato, come se avesse intuito l'argomento dei miei pensieri.

"Hey, tutto bene?" Chiese senza smettere di scrutarmi l'anima con quegli occhi scuri che sembravano avere vita propria.

"Certo, tutto ok" dissi scostando la sua mano con aria distaccata, ma me ne pentii subito dopo, nei suoi occhi riuscii ad vedere quanto questo mio gesto lo avesse ferito.
Mi ritornò in mente il nostro patto di amicizia, e, per provare a mettere una pezza al mio comportamento brusco, gli rivolsi un leggero sorriso, che ricambiò allegramente.

Subito dopo questo scambio lui si girò e si diresse verso la porta.

"hai intenzione di rimanere lì un altro po' o vuoi seguirmi?" Chiese con voce divertita.

"Seguirti dove?" Replicai confusa.
"Lo vedrai!" Rispose allegro lasciando la stanza.

«Perfetto-borbottai- adesso mi uccide in qualche modo brutale e doloroso»
Ma alla fine lo seguii comunque.

DAUGHTER OF ZEUSWhere stories live. Discover now