Capitolo 16

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Mi svegliai la mattina seguente con un sorriso ebete stampato in faccia. Rimasi a fissare il soffitto per più di dieci minuti, rivivendo ogni singolo momento del giorno precedente.
Stavo diventando frivola. Non era da me.
Ma non potei fare a meno di ripensare a quel profumo così caldo, che mi faceva provare una piacevole stretta allo stomaco. Ci eravamo quasi bacati.

"Merda....diventerò un oca ad andare avanti così..." sussurrai tra me e me passandomi una mano sul viso.
Decisi di alzarmi dal letto, andai in bagno, mi feci una doccia veloce, mi lavai i denti e indossai la maglia del campo con un paio di jeans neri.

Legai i pugnali in vita e uscii dalla porta.

Quasi subito notai qualcosa si strano. Tutti i semidei si stavano dirigendo verso la casa grande, bisbigliando tra loro.
Decisi di seguirli.
Iniziai a camminare a passo svelto, preoccupata da uno strano presentimento.
Arrivata alla casa grande cercai di farmi strada tra il capannello di persone che si era creato davanti al portico.

"È tornata"
"Ma non aveva detto di non voler tornare"
"...Ne sarà distrutto"

Questi furono brandelli delle conversazioni che riuscivo a cogliere mentre mi facevo strada tra tutti quei ragazzi. Nessun soggetto. Avrei dovuto scoprirlo da sola.

Una volta arrivata in un punto che mi concedesse di vedere il portico mi ritrovai a guardare una ragazza.
Capelli color cannella raccolti in una treccia che le ricadeva sulla spalla, occhi castano scuro e una tunica bianca.
Mi chiesi il perché di tutta questa folla e trovai la risposta subito dopo.
Notai che la ragazza aveva lo sguardo puntato verso un punto preciso davanti a lei.
Seguii il suo sguardo e mi ritrovai ad osservare Leo, con un espressione distrutta.

A quel punto capii.

Mi aveva accennato di una certa Calypso, mi ha raccontato di come si era innamorato di lei, di come l'aveva  liberata da Ogigia, per poi vederla scappare via dal campo, e via da lui.
Ora capivo tutto. Capivo il suo dolore e soprattutto, guardandolo, notai cosa provasse ancora per lei.
Sentii un dolore forte al petto. Decisi di tornare alla mia cabina. Non volevo vedere una loro riconciliazione. Non volevo saperne assolutamente niente. Mi girai e me ne andai.

Non so per quanto tempo rimasi nella mia cabina. Nel mio letto, sotto le coperte.
So solo che passarono ore, forse addirittura un giorno.
Non mi sentivo tradita, e non ero arrabbiata con Leo. Perché avrei dovuto? Non ci eravamo neanche baciati. Ero semplicemente triste. Era normale....credo.
Mi sentivo stupida a comportarmi così, come una bambina. E quindi presi una decisione.
Sarei tornata a casa, per un po', dovevo distrarmi e trovare il modo di scacciare questi comportamenti che non erano mai stati parte di me.
Andarmene mi avrebbe fatto solo bene.

Era notte quando decisi di alzarmi dal letto per attuare il mio piano, dovevo convincere Nico a farmi fare un altro viaggio ombra. Dovevamo portare dell'ambrosia. Così non si sarebbe stancato al punto di svenire.

La prima cosa che feci fu preparare uno zaino con tutta la roba che avevo. Quando staccai la foto dal muro sorrisi, sarei tornata da Arianna.
Dopo decisi di andare in infermeria. Di notte non era chiusa. A nessuno verrebbe mai in mente di rubare qualcosa, non avrebbe avuto senso.
Quindi mi limitai a entrare cercando di fare il meno rumore possibile.
Mi ricordavo dove Will avesse preso l'ambrosia il giorno del mio arrivo, quando mi ero svegliata in infermeria.
Trovai il sacchetto di ambrosia sullo scaffale più prossimo alla porta.
Afferrai tre quadratini e mi affrettai ad uscire.

Raggiunsi la cabina di Nico e bussai alla porta.
Dovetti aspettare un po' prima di ricevere un qualunque segno di vita.
La porta si aprì rivelando un Nico con i capelli spettinati e lo sguardo stanco.
Appena mi vide si affrettò a chiudere la porta ma io fui più veloce. Infilai un piede tra il muro e la porta così da impedire la sua chiusura.

"Nico, ascoltami" sussurrai cercando di convincerlo a farmi entrare.

Mi guardò storto ma alla fine si arrese.

"Bene, non mi dilungherò troppo, non ho la più pallida idea di cosa tu abbia, e del perché non vuoi parlarmi. Ma io ho bisogno di aiuto."

Aspettai una sua eventuale risposta, ma mi dovetti accontentare di un sopracciglio alzato.

"Perfetto...." proseguii  "devo andarmene"
"Come mai?" Chiese lui apatico
"Sappiamo entrambi che non ti interessa il motivo... devo andarmene stanotte. Devo tornare in Ita....."
"No." Mi interruppe schietto
"Nico, sono seria, ho già tutto, la mia roba, l'ambrosia per il viaggio...."
"No." Mi interruppe nuovamente.
"Perché?!" Mi stavo veramente stancando
"È pericoloso, e io non metto la mia vita in pericolo per te" disse fissandomi negli occhi.

Fu un piccolo colpo, ma non demorsi.

"Io la mia vita l'ho messa in pericolo per te, sono entrata in una foresta, senza sapere dove stessi andando, perché TU eri privo di sensi, TU, non io" insistetti imperterrita
"Devi solo portarmi, avrai l'ambrosia per darti forza, ci metterai pochi minuti" aggiunsi addolcendo i toni.

Si mise a picchiettare la punta del piede sul pavimento, mentre pensava.
Scosse la testa esasperato e per un momento pensai che non avrebbe accettato.

"Va bene"

Non riuscii nemmeno a ringraziarlo che mi afferrò il polso.

Nero.

Quando riaprii gli occhi riuscii ad afferrare in tempo Nico, che stava cadendo.
Era debole, quindi mi affrettai a dargli l'ambrosia.
Solo allora ebbi il tempo di guardarmi intorno.
Ero a casa, davanti alla MIA casa, mi era mancata.
Sentii una specie di euforia prendere possesso di me, e solo allora mi resi conto del peso che avevo portato suo petto per tutto quel tempo.

Aiutai Nico ad alzarsi e lo aiutai a camminare fino alla porta, per poi bussare.
Fortunatamente mia madre guardava la televisione sul divano fino a tarda notte, così non dovetti aspettare per farmi aprire la porta.

All'inizio mi guardò spaesata, ma scossi la testa e le chiesi di farmi entrare. Capì di non dover fare domande. Appoggiai Nico sul divano per farlo riposare mente spiegavo a mia madre il motivo del mio ritorno... più o meno. Le raccontai di come Chirone avesse detto che se avessi voluto sarei potuta tornare a casa per rivedere la mia famiglia. Era una bugia, ma a fin di bene.

Mi sorrise e mi abbracciò, con le lacrime agli occhi.

"M-mi sei mancata..." disse tra un singhiozzo e l'altro.
"Anche tu...."

Non so per quanto tempo rimanemmo così, abbracciate.

Quando ci allontanammo decisi di correre in camere mia. Volevo stare sola.
Quando riuscii ad addormentarmi erano le 4 di mattina.

DAUGHTER OF ZEUSWhere stories live. Discover now