4) NEKO

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Preso dallo sconforto, Aldaberon si tirò le coperte sulla testa e si rannicchiò nel letto.

Una tremenda paura si impossessò di lui, che da quando nacque mai conobbe la solitudine. Nessun Varego sapeva cosa volesse dire sentirsi solo, perché accanto aveva sempre qualcuno che andava o veniva. La loro non era una  scelta, era una necessità. Dovevano farlo, perché in gioco vi era la sopravvivenza stessa dell'individuo e di tutta la loro gente. I territori che abitavano erano troppo pericolosi  per rischiare inutilmente di cadere, ferirsi o morire.

Ogni volta che qualcuno si avventurava lontano dal villaggio passando per la scogliera, era molto alta la probabilità di non rivederlo mai più tornare.

Ma quelle rare volte che salivano a piedi su quelle rocce infide e scivolose, passando da un fiordo all'altro, seguivano per lo più sentieri stretti e impervi, adatti più a capre che a uomini.

Erano veramente pochi coloro che avrebbero osato farlo da soli e solamente per casi eccezionali.

Ragion per cui, quando si recavano  nei fiordi vicini, preferivano spostarsi  per mare, sulle loro lunghe, agili, sicure  navi.

Visto l'isolamento in cui vivevano i Vareghi, i contatti tra  villaggi avvenivano sporadicamente e  per lo più per organizzare matrimoni, partecipare a funerali o stringere alleanze per le scorrerie.

Era più sicuro passare attraverso la foresta che si trovava oltre la scogliera, ma in tal caso il viaggio avrebbe richiesto almeno un giorno in più per l'andata e altrettanto per il ritorno.

In tutto facevano quattro, cinque giorni di marcia veloce e  solo per arrivare ai  vicini più prossimi. Facile comprendere come la maggior parte di loro non si spostasse che due, forse tre volte in tutta la vita dal villaggio di nascita e per occasioni importantissime.

Quelli, poi, che andavano oltre erano ancora meno.

Solo pochi giovani guerrieri in cerca di moglie e di fama si allontanavano di più, sprofondando nella foresta vera e propria. Andavano a Sud  per  quello che tra i Vareghi era conosciuto come il "Matrimonio con la Foresta". Era una cerimonia antichissima la cui origine si perdeva nella notte dei tempi.

Era difficilissimo riuscire a portarla a termine e  diventava motivo di grande onore e orgoglio per coloro che se la sentivano di tentare e tornavano vivi.

Ma la maggior parte di quei giovani valorosi tornavano dopo pochi giorni, sconfitti più dalla paura della solitudine che dal non averlo potuto consumare.

Quelli più arditi  tornavano raccontando storie fantastiche di donne bellissime con cui si erano congiunti.

Ma alcuni, pochi, molto pochi, al ritorno avevano con sé una di queste donne e un bambino maschio appena nato avvolto nelle fasce.

E quando accadeva, ogni volta era fonte di gioia  per tutto il villaggio a cui apparteneva il guerriero. Sia la donna che il bambino erano i benvenuti, stimati e ammirati da tutti.

Queste donne erano diverse dalle donne Vareghe.

Infatti, se queste ultime erano grandi lavoratrici dalle scarse pretese  generalmente non molto alte, solide e robuste,  adatte per la vita dura in cui si svolgeva la loro esistenza, le donne della foresta  erano alte, slanciate, di carnagione e occhi chiarissimi, lente nei movimenti e con lunghissimi capelli che portavano avvolti alla vita. Erano mogli devote e ottime madri, dolci nel parlare e gentili con tutti, eppure sempre schive e distanti.

Nonostante l'evidente differenza  tra queste donne e le femmine locali,  il loro comportamento modesto e riservato raramente suscitava invidia o perfidia,   perché si adattavano volentieri alla dura vita di un villaggio Varego. Non si lamentavano mai, rispettavano le regole e ogni lavoro non era mai troppo umile, per loro.

LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Prima ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora