7d) LA BENEDIZIONE

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Una profonda tristezza gli riempì il cuore. I dubbi mai sopiti vennero accettati con la saliva che trangugiò a forza e gli occhi si velarono di lacrime. Eppure continuò a guardare diritto davanti a sé. Adesso aveva capito cosa poteva aspettarsi dalla sua gente.

Anche Neko al suo fianco proseguì diritto, silenzioso dopo aver salutato la donna. La bocca gli si strinse un poco, i lineamenti del suo volto si indurirono. Poggiò ancora la mano sulla spalla al ragazzo. Senza forza questa volta, senza fierezza, ma da quel contatto Aldaberon capì che il maestro sapeva quello che stava provando in quel momento. Gliene fu grato, anche se non glielo disse. Non aveva proprio voglia di parlare.

Come aveva supposto i bambini avevano fatto presto a spargere la voce del suo arrivo. Tutti nel villaggio gli fecero gesti di saluto e gli diedero il benvenuto. Si comportarono come se fosse tornato da un lungo viaggio, invece che da una capanna a poca distanza dalle loro. Erano cortesi come aveva visto fare molte volte con visitatori di altri villaggi Vareghi, vicini o distanti che fossero: non dubitava che fossero sinceramente contenti, ma coscienti del prossimo, inevitabile distacco che avrebbe seguito la breve permanenza.

Era una gentilezza fredda, fine a sé stessa. Un commiato velato di cortesia.

Erano cortesi come lo era stato anche lui fino alla stagione passata, come lo erano sempre stati i Vareghi nei confronti degli altri Vareghi: stessa gente, ma diverso villaggio. Stesso destino, ma diverso futuro.

Passando vicino alla casa comune sentì il lento martellare di un incudine che ben conosceva. Altre risuonavano assieme a quella, eppure quel suono inconfondibile per l'orecchio di Aldaberon, allenato fin da piccolo ad ascoltarlo per sapere quando era l'ora di mangiare, lo confortò. Riconoscerla gli diede una stretta al cuore, gli fece tornare alla mente la bella Lilith e il suo profumo delicato. Lo riportò indietro nel tempo, a quando era stato felice prima di partire per la scorreria, assieme a sua madre e a suo padre.

Quel lento martellare lo attrasse come una farfalla al fuoco, pensò che avrebbe potuto fare una sorpresa ad Alfons; anche solo un momento, così, solo per vedersi, un cenno, una parola, un po' di calore, ma quando fu quasi sul punto di cedere al divieto di vedersi, vide uno dei ragazzini uscire di corsa dalla casa comune, pronto a recarsi verso la sua prossima meta. Ormai anche Alfons sapeva, non sarebbe più stata una sorpresa nemmeno per lui. Nemmeno da lui avrebbe potuto cogliere quell'attimo di smarrimento di fronte alla novità che dice più di cento parole di cortesia.

Ci ripensò e cambiò direzione, andando spedito verso la casa del Mirto. Si era quasi scordato di Vandea e di quello che voleva chiederle, eppure in quel momento si rese conto che quella era l'unica cosa che avrebbe potuto ancora dargli un senso al restare in quel villaggio.

Mentre si avvicinarono all'ingresso spalancato della Casa del Mirto, Neko e Aldaberon videro sgusciare via veloce lo stesso ragazzino che aveva avvisato gli artigiani della casa comune. Per un attimo Aldaberon lo guardò allontanarsi con rabbia; ormai anche in quella casa sapevano, nemmeno i suoi occupanti, Vandea compresa, se mai ci fosse stata, sarebbero stati spontanei. Eppure subito dopo la vide comparire sulla soglia della sua casa. Gli occhi le brillavano dalla gioia, era bellissima agli occhi turbati di Aldaberon, che in quegli sguardi poté trovare un po' di pace. Al fianco della ragazza comparvero sia la madre che il padre di lei. Erano seri. Nessuno dei due dava l'impressione di essere sorpreso e il ragazzo gliene fu grato. Almeno si evitava l'ipocrisia.

Il padre di Vandea fece cenno ai due visitatori di entrare, di accomodarsi al suo focolare.

L'interno della casa era vuoto, pulito e luminoso. Le grandi pulizie di primavera avevano raggiunto ogni angolo nascosto e nell'aria aleggiava l'aroma del mirto che impregnava ogni cosa vi fosse contenuta. Il grande inverno era passato, la paura di non superarlo anche. Attorno agli altri focolari vi erano pochi anziani non più in grado di lavorare che accudivano i bambini più piccoli e i malati. Quando videro entrare i nuovi venuti fecero cortesi cenni di saluto, poi ritornarono alle loro occupazioni, come se niente fosse successo.

LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Prima ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora