11c) IL RIPARO

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Da quando l'aveva incontrata stesa nel fango non gli aveva nemmeno detto una parola di ringraziamento per quello che aveva fatto, però si stava prodigando per lui.

Mentre lui si era già lavato e asciugato, lei seguitava ad andare avanti e indietro ricoperta di fango, incrostata dalla testa ai piedi, e ora stava costruendo un riparo per tutte e due. Raramente parlava e ancora più raramente diceva cose gentili, eppure era molto più generosa di tante persone che aveva conosciuto in passato. Aldaberon non riusciva a comprenderla.

Alle volte la trovava irritante all'inverosimile, però non poteva negare che quella strana donna sapesse come sdebitarsi.

Quando lui ebbe finito di infilarsi i calzoni, lei lo chiamò.

"Puoi venire" gli disse secca "Il tuo riparo è pronto". Lui terminò di vestirsi, raccolse il pastrano e le armi da terra e andò verso di lei.

Avvicinandosi, Aldaberon non poté non stupirsi per le dimensioni della capanna di frasche e felci intrecciate. Era lunga poco più della sua altezza e alta quanto bastava per starci in ginocchio, però decisamente era troppo stretta per poterci stare in due.

"Staremo strettini, lì dentro" le disse "Non potremo nemmeno girarci", ma lei rispose subito:

"No, tu solo!".

"E tu? Non vorrai mica dormire all'esterno, bagnata come sei".

Senza rispondergli la donna si infilò veloce nel riparo, estrasse la daga e conficcò la lama in profondità nel terreno. Lo fece più volte, per tutta la lunghezza del riparo. Quando fu fuori, prese una bracciata di felci asciutte e le gettò all'interno, disponendole alla meglio come giaciglio. Una seconda bracciata lo rese spesso e confortevole.

"Entra" gli disse poi.

Lui pensò di chiederle se non sarebbe stato meglio accendere un fuoco per asciugarsi entrambi, ma lei fu secca.

"Non si può. Entra, tra poco farà caldo".

Non avesse avuto i denti che battevano dal freddo avrebbe continuato a discutere con quella donna inflessibile e cocciuta, però il sole stava rapidamente calando e un sottile vento gelido arrivava dalla foresta. Senza aggiungere altro fece come gli aveva detto. Gettò dentro lo scudo, la spada, l'arco e la faretra con le frecce. Il pugnale preferì indossarlo contro ogni evenienza. Averlo con sé lo tranquillizzava, anche se sperava sempre di non doverlo usare. Era un'abitudine Varega portare un coltello. Più volte Neko gli disse che un Varego senza il suo coltello era come una nave senza il mare. A lui invece piaceva pensare che avrebbe potuto anche farne a meno, ma nella foresta, da soli, era meglio essere prudenti. Sistemate le armi entrò anche lui e si mise a sedere sulle felci. Erano morbide e comode. Oltretutto, appena dentro, un piacevole tepore lo circondò. Prima che potesse dire qualunque cosa, lei gli fece:

"Hai visto? C'è caldo".

La donna rovistò dentro a una tasca del pastrano. Ne tirò fuori una manciata di funghi e glieli porse.

"Li ho raccolti per te. Mangiali, sono buoni. Domani cercheremo qualcosa di meglio". Sollevando il pastrano ne trasse una zucca vuota che portava a tracolla. Scuotendola si sentì un debole sciabordio.

"È tutta l'acqua che mi resta. Un sorso a testa, non di più. Bevi" gli porse la fiasca. L'acqua che conteneva era calda e sapeva di fango, ma Aldaberon ne bevve un sorso ugualmente. Solo allora si rese conto di quanto fosse assetato. Ringraziandola, ridiede alla donna la sua zucca, controllando prima che ce ne fosse abbastanza anche per lei. Invece di berne la sua razione, lei la tappò e la rimise a tracolla.

Dopo di ché si ritrasse dal riparo e chiuse l'ingresso con altre frasche e felci. In breve Aldaberon si ritrovò completamente chiuso. Gli ultimi raggi del sole filtrarono attraverso le felci ed i rami delle pareti quel tanto che bastò per non lasciarlo nell'oscurità. Il tepore che così tanto l'aveva sorpreso andava aumentando poco alla volta. Mangiò i funghi che la donna gli aveva portato. Li masticò a lungo; erano coriacei però saporiti, proprio come gli aveva detto lei. Nonostante i vestiti bagnati i brividi passarono. Si era lavato, aveva un riparo e aveva mangiato. Sistemò meglio le armi lungo le pareti, lo scudo lo mise come cuscino e il pastrano come coperta. Si allungò soddisfatto sulle felci. Erano morbide e attraverso a esse filtrava il caldo che asciugava i vestiti, lasciandolo con una piacevole sensazione di benessere.

LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Prima ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora