8a) ILLUDERSI

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Quando si incontrarono, illuminandosi la strada con piccole lanterne a olio in un tratto di galleria tra la casa del Riccio e quella dei Fagiani, fu un momento indimenticabile per tutti e due.

Erano soli, completamente soli. Nessun altro era così folle da andare in giro con quel tempo. Tutti erano chiusi dentro le case, rannicchiati sotto spesse pellicce accanto ai focolari, alla ricerca di quel poco calore che il fuoco poteva dare.

Quando Vandea sfondò la parete di neve venendo dalla casa dei Fagiani e Aldaberon quella dalla parte della casa del Riccio, videro una debole luce ondeggiare nei cunicoli scuri. Incuriositi si avvicinarono e per poco non si scontrarono. Fu solo allora che si riconobbero e si abbracciarono felici. Nessuno dei due pensava che l'altro avesse avuto la medesima idea e scoprirlo li rese euforici. Ma il freddo era intenso anche all'interno della galleria. Mentre parlavano si avvicinarono tremando, man mano sempre di più in cerca di calore, fino a quando la natura e il desiderio non ebbero il sopravvento. Si amarono appassionatamente, togliendosi solo le vesti necessarie per non gelare, in silenzio perché nessuno sentisse, con gli occhi ben aperti per non perdersi di vista un solo istante.

Quando ebbero finito si rivestirono. Nelle lampade l'olio scarseggiava, così ne spensero una, risparmiandola per il ritorno.

Scelsero insieme un luogo dove preparare una galleria tutta per loro e insieme la scavarono, lunga, alta, larga come meglio piaceva loro, con l'ingresso piccolo piccolo in modo che non potesse trovarsi facilmente e l'interno comodo e ben livellato. Lasciarono al suo interno una pelliccia a testa, divisero l'olio rimasto, poi si allontanarono veloci, ognuno di ritorno alla propria casa prima di rimanere al buio.

Si promisero di ritrovarsi il giorno dopo, portando ognuno una piccola scorta di olio per le lampade e un po' di cibo da consumare insieme.

Così fecero. Il giorno dopo ognuno dei due riuscì a portare quello che aveva promesso e il buio nascondiglio nella neve prese un aspetto più comodo, tanto da iniziare a sembrare una casa. Piccola, temporanea, fredda, però loro, esclusivamente loro. Poi lo rifecero il giorno dopo e il giorno dopo ancora. Separati da tutto, si dimenticarono delle leggi Vareghe e delle convenzioni. Lì sotto esistevano soltanto loro due, padroni del tempo e del destino.

Quando vi arrivavano al mattino chiudevano l'ingresso con la neve. Con l'eccezione di un piccolo foro per l'aria, tutto il resto restava fuori. Rimanevano sigillati e separati da tutti per giornate intere, trascorrendo ore in cui potevano parlare liberamente, conoscersi, condividere desideri e speranze. Quando si ritrovavano nel loro nascondiglio potevano dimenticarsi di chi erano fuori di lì, liberi finalmente di essere soltanto quello che erano, lontano da tutto e da tutti.

Niente li poteva ostacolare, lì dentro. Nemmeno la fame e la paura di morire.

Per Aldaberon e Vandea quel luogo fu la felicità perduta; in quel periodo non esistette altro nella loro testa che quel piccolo rifugio nella neve.

Lui arrivò quasi a dimenticarsi di essere un Sanzara; lei, Vandea, si comportò come se fosse sua moglie. Era solo un gioco, bello, felice, ingenuo.

Nessuno dei due avrebbe saputo dire come ebbe inizio. Nessuno dei due ne parlò mai, ma nel giro di pochi giorni avvenne una cosa che nessuno dei due avrebbe mai pensato: si innamorarono.

Si trovavano distesi sotto una spessa pelliccia, quando se ne accorsero. Avevano appena finito di fare all'amore e la debole fiammella di una lampada a olio rischiarava ondeggiando la loro piccola casa. Con un braccio sotto la testa, Aldaberon dormicchiava sereno e appagato con Vandea al suo fianco, assaporando soddisfatto il profumo di mirto che esalava dal corpo di lei. Gli piaceva annusarlo, sapeva di buono.

LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Prima ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora