11a) LO SCONOSCIUTO NEL FANGO

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Ormai si stava facendo tardi, allora decise di fermarsi a riposare. Mangiò e bevve a un piccolo torrentello che scorreva lì vicino e ai piedi di un albero si addormentò. Aveva fatto molta strada quel giorno, si sentiva stanco. Proseguire ancora non avrebbe avuto senso. Cadde subito in un sonno profondo e sognò di Lilith. Era da quella volta su al Nord, nella casa del Sanzara, che non gli capitava più di sognarla. Spesso sognava di Alfons, di Neko e della ragazza a cui aveva mozzato la testa anni prima a Vinland, ma di Lilith mai. Che emozione rivederla.

Era proprio come il padre l'aveva riprodotta sulla sua lastra di rame, bellissima ed eterea, con lunghissimi capelli avvolti attorno alla vita. Indossava uno strano vestito verde come lo smeraldo, lungo fino ai piedi, frusciante a ogni suo movimento. Gli ricordava qualcosa quel vestito, ma non si ricordava cosa.

La donna del sogno gli faceva dei cenni, dei segni che lui non riusciva a comprendere. Pareva ammonirlo verso qualcosa a cui lui non faceva attenzione, come quando era piccolo. Ma cosa?

Si svegliò di soprassalto. Era l'alba, aveva freddo, faceva fatica a ricordare quello che aveva sognato. Si guardò attorno. Era solo. Eppure gli era sembrato così vero, così tangibile quel sogno mentre lo viveva. Gli era quasi parso di aver toccato la mano di sua madre, anche se, nel contatto, lui si svegliò, stordito e confuso.

Andò a sciacquarsi il volto nell'acqua fredda del torrente, si rase e si lavò, poi si sentì meglio. Dopo una rapida colazione partì. Voleva vedere se riusciva a trovare qualche segno lasciato da quell'animale, dalla cerva bianca. Cercò invano. Nei successivi tre giorni non capitò nulla. Della cerva non vide traccia, anche se cercò a lungo nella zona dove l'aveva vista scomparire. Alla fine si decise a riprendere il suo cammino. Verso Sud, come al solito, anche se al mattino del terzo giorno dopo il sogno dovette cambiare direzione di marcia.

Già il giorno prima s'era accorto che i giganteschi alberi della foresta andavano diradandosi lentamente, distanziandosi e lasciando tra uno e l'altro del terreno sempre più pesante e umido.

Un leggero odore di putrefazione aleggiava nell'aria e ogni tanto ne trovava uno marcio caduto in terra.

La maggior parte si reggeva ancora in piedi, ma erano talmente fradici e inzuppati che il legno dei tronchi si spappolava al solo contatto.

La minima vibrazione era sufficiente a causare sbriciolamenti e cadute di rami piccoli e grossi che nel rovinare al suolo trascinavano con sé anche tutto quello che incontravano. Cercava di evitarli per quanto gli era possibile, solo che più avanzava in quella zona e più ne incontrava. Proseguire in quella direzione non avrebbe avuto senso. Era troppo pericoloso.

Decise che era meglio passare alla larga. Passò la notte in una zona un poco più sopra elevata delle altre e si adattò al terreno pesante e umido. Non poté nemmeno accendere un fuoco per scaldarsi e si risvegliò indolenzito e infreddolito. Preferì girare attorno a quella zona, piuttosto che attraversarla ancora.

Si diresse a Est e si tenne a debita distanza da quei colossi, ma anche così non fu facile evitarli. Camminare su quel terreno che risucchiava gli stivali ben presto gli appesantì le gambe e più di una volta si chiese se non avesse sbagliato direzione. Era da poco passata l'ora in cui il sole iniziava a declinare, quando, con suo immenso sollievo, sbucò in una radura pianeggiante in cui non c'era un solo albero. La foresta formava un enorme anello che si perdeva all'orizzonte tanto era esteso.

Al suo interno non si vedeva che erba ingiallita e bassa, pochi cespugli rachitici e ampie zone fangose. Il pensiero di lasciarsi alle spalle quei giganti fradici era troppo invitante per non approfittare dell'insperata fortuna di camminare per un po' alla vista del cielo. Così, riprendendo a fischiettare dalla contentezza, s'incamminò attraverso quella radura. Quasi subito, però, si rese conto che qualcosa non andava.

LA MASCHERA E LO SPECCHIO-Prima ParteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora