Capitolo 44: Il ciliegio.

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MAX

Rimango fisso di fronte la tomba di famiglia.
La scritta "Wheeler" riflette alla luce del sole anche se tutto mi sembra nuvoloso.

Guardo fisso davanti a me mentre vengono depositati i fiori accanto alla tomba di mio nonno, messo sopra la tomba di mia nonna.

La lastra di marmo definisce bene i nomi scritti di entrambi in oro.

Thomas James Wheeler.
Rose Jolanda Visser.

Per sempre insieme.

Dopo aver sistemato i fiori, la porta si chiude e, con il vetro oscurato, diventa quasi impossibile rileggere quei nomi più di quanto già non volessi fare.

Rimango con le mani in tasca, soffrendo nella mia maglia a collo alto che stringe contro la giacca.
Nonno mi avrebbe detto di venire in tuta.

Sbuffo un sorriso al pensiero di quanto quest'uomo, nel suo essere nato negli anni '40, sia sempre stato un uomo moderno e libero d'espressione.
E quanto abbia fatto si che questo risultasse anche in me.

Tanto libero d'espressione, ma non credo sia molto felice di vedermi fare uso di droghe pesanti. Che tra l'altro mi stanno causando una forte tosse.

«Allergico ai fiori?» Sento dietro di me.
Mi giro e trovo Jonah, mio cugino.
Mi rigiro senza rispondere e lui mi butta una pacca sulla spalla.

Sempre avuto un rapporto distaccato con tutti i miei cugini, che hanno sempre approfittato del fatto che siamo una famiglia benestante e sono sempre rimasti in fila ad aspettare che paparino desse loro soldi e chiavi delle loro aziende.

Io ho sempre preferito sperperare i miei soldi acquistando la mia moto e approfondito la mia indipendenza con lavori umili, a differenza loro.

«Grande uomo.» Mormora. Caccio un altro colpo di tosse, omettendo la mia risposta. «Mancherà anche a me.» Continua.

Non vuole capire proprio che voglio stare da solo.
«Ricordi quella volta che nonno ci portò in campagna e diede quella mancia spropositata al fattorino perché noi piccoli volevamo la pizza? Come ci viziava bene.» Dice.

«La voleva anche lui.» Rispondo freddo.
«Cosa?» Domanda.
«Anche lui aveva cuore di pizza quella sera.» Lo guardo con la coda dell'occhio. «Quattro formaggi, la sua preferita.»

Finalmente toglie la mano dalla mia spalla e, spacciando di saperlo già, mugola dei versi di approvazione. Si passa una mano tra i riccioli, mettendo poi le mani in tasca come me, sfoggiando il suo abito firmato. Mi fa ridere.

Poi, dopo un breve momento di silenzio, interrompe di nuovo riprendendo a parlare. Mi giro per mandarlo via quando vedo mia cugina Clarissa raggiungerci. Sua sorella.

«Jonah, dobbiamo andare.» Pronuncia, guardandomi di striscio.
È davvero grande adesso, quanto avrà? 17 anni?
Assomiglia alla nonna Rose da giovane.

Jonah le fa cenno e si gira a salutarmi, con un abbraccio.
«Felice di averti rivisto.» Pronuncia, fastidiosamente. «Qualche volta dovresti venire a cena da noi.» Dice ancora.

Annuisco, ma non ci andrò mai.
Se ne vanno insieme, e finalmente posso rimanere solo a riflettere, se non fosse che questa tosse mi sta disturbando.

Dopo un po', mi raggiunge mio padre, stranamente.
Mi porge un pacco di caramelle per la gola con una mano ma io scuoto la testa.

Lui rimette il pacchetto in tasca, senza obiettare.
«Quel Jonah è proprio un deficiente.» Pronuncia, portando una sigaretta alla bocca e accendendola.

Non rispondo. Mi limito a tentare di allargare il collo della maglia per prendere un po' di aria. E funziona.

Restiamo un po' in silenzio.
Il silenzio è ovunque adesso.
La tomba di famiglia si trova un po' isolata dal resto del cimitero, con altre tombe vicino ma non troppo.
C'è qualche albero piantato attorno.

«Lo vedi quello?»
Mi dice, indicando una piantina isolata, piantata da poco con un cartello accanto.
«È stato uno degli ultimi desideri di tuo nonno: il ciliegio. I preferiti di mamma.» Prende una boccata dalla sigaretta e aspetta una mia risposta che, prontamente, non arriva.

Poi, con un sorriso amaro in bocca, continua dicendo: «Che ne sanno i tuoi cugini che nonno era interessato solo al tuo futuro matrimonio.»

Non riesco ad ascoltare molto così mi allontano.
Tornerò un altro giorno per rimanere solo con mio nonno.

«Figliolo.» Lui mi richiama, in modo triste. «Dai. Max!» Dice, alzando un po' la voce.

Prendo parola.
«Scommetto che uno dei suoi ultimi desideri era quello di vederti fare il padre con me.»

Mi guarda un po' e poi risponde:
«Ci sto provando, Max, ma non rendi le cose facili.»

«Non ti riesce bene. E poi adesso non mi va.» Controbatto.

Mi giro per andare via, dirigendomi verso mia madre, che sta parlando con mia zia. Si gira a guardami con i suoi occhi lucidi.
«Mamma, io vado.»

«Vuoi venire a casa? C'è Thomas.» Propone.
Ho un tentennamento.
«Con chi è?» Domando in primis.
«L'ho lasciato con tua cugina Marienne che non se la sentiva di venire.» Dice, asciugandosi una lacrima cadente sul volto. Come se le lacrime le cadessero senza che lei pianga in modo esplicito.

«No, ho da fare adesso.» Rispondo.
Lei non si sconvolge più di tanto, però ripropone, dopo aver dato un occhiata a mio padre.
«Io e tuo padre siamo d'accordo se domani passi una giornata con Thomas, anche senza il giorno stabilito. Che ne pen-»

La interrompo.
«Si va bene, a domani.» Le dico, stampandole un bacio in guancia. Lei mi stringe rapidamente il braccio ed io vado via.

Mentre cammino per andare verso il parcheggio, sento il telefono vibrare.
Sarà di nuovo Vanessa, o Poser o Kyle.

Guardo lo schermo del telefono ed è un messaggio da parte di Vanessa:
«Ho saputo che oggi avevi i funerali di tuo nonno, sono lì con te.»

C'è dell'altro ma preferisco non leggerlo adesso.
Ho la testa piena di pensieri e ho bisogno di pensare ad altro.

Vado nella rubrica e cerco il numero di Ginger.
Chiamo e porto il telefono all'orecchio.
La tosse continua intrepida e mentre mi avvicino alla moto, cerco ancora di allargare il collo della maglia.

«Pronto?» Risponde Saint, perché questo è il numero di telefono che hanno per i loro "affari".
«Amico, sei lì?» Domando.
Lui ha un momento di pausa e poi risponde affermando.
«Va bene, arrivo.» Dico freddo.

Lui ha di nuovo quel momento di pausa ma dopo la discussione dell'altra sera, non mi dicono più niente perciò si limita ad approvare e chiudere la chiamata.

Io monto in sella alla mia moto.
Voglio una dose che mi permetta di cancellare i miei pensieri e mi attivi per la giornata di domani con mio figlio.

Forse è sbagliato, come sicuramente stanno tentando di farmi capire Kyle e Poser da giorni ormai, o come hanno tentato anche Ginger e Saint.

Ma ne ho bisogno.
Soprattutto se voglio compiere l'impresa più difficile della mia vita: dimenticare Vanessa Scott.

Max Level. || Arón PiperWhere stories live. Discover now