Capitolo 69

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"Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno nella tua vita"
-Confucio

Vi avevo promesso un regalino ed eccolo qui per voi, per ringraziarvi ancora per le 100k visualizzazioni raggiunte! Buona lettura❤

Mi fermo sulla soglia da cui si accede alla sala comune e non posso fare a meno di fermarmi a scrutare, con gli occhi a brillarmi di luce propria, i miei bambini. Sulle mie labbra si increspa un sorriso.
Io li guardo, osservando i loro volti spensierati, lontani da ogni dolore, e mi sento pervadere da una sensazione di profondo benessere.
Credo che per svolgere un tale mestiere si debba essere mossi da un moto coscienzioso, che ti impone di ricoprire la professione con passione e devozione. Non è un lavoro che si può pensare di prendere sottobanco, o perché animati da un solo scopo monetario. Dietro di esso si celano sudore e sacrificio, ma da cui si ricava una ricompensa che va al di là dei soldi.
Da quando ero solo una bambina e ambivo a una tale professione, non potevo mai immaginare che il mio sogno potesse realizzarsi. Ma ora che lo so, avverto come se questo ruolo mi fosse stato cucito addosso da sempre. Quando ho deciso di divenire medico, e ho intrapreso la specializzazione in pediatria, mi sono ben presto resa conto che i bambini sappiano amare in un modo puro e senza malizia, investendoti con il loro affetto incondizionato. Riescono a scaldarti il cuore con un solo gesto, il più piccolo, ma che racchiude un significato profondo, e non chiedono nulla in cambio.
Sarebbe bello se riuscissimo a vivere così come fanno loro, con l'ingenuità che li contraddistingue, e che con il tempo ci abbandona, mangiando il mondo con gli occhi dolci e colmi d'amore che sanno ancora stupirsi davanti al bello della vita.
Questo lavoro mi ha insegnato molto, e credo che continuerà a farlo ancora e ancora, e io me ne nutrirò senza mai smettere di sentirmi, in confronto a questi bambini, piccola piccola.

Muovo un passo, uno avanti l'altro, facendomi spazio nella sala, timidamente, come se avessi paura di intaccare un clima tanto disteso, eppure senza che me ne accorga, vengo presto investita da un'ondata di piccoli pazienti che si apprestano a stringersi alle mie gambe, arrampicandosi lungo il mio corpo, pur di reclamare la mia attenzione.
E io mi abbasso, e mi lascio invadere dal loro affetto che ha un sapore piacevolmente dolce e li cullo al mio petto, nutrendomi delle loro espressioni entusiaste.
Io sono nata per questo, lo comprendo ogni giorno di più, e continuerò a combattere affinché il mio lavoro non si riveli mai vano.

Rischiando di incespicare sui miei passi, barcollo rimettendomi in piedi, ma senza fare a meno di dedicare una carezza o un sorriso ai miei bambini.
Mi accorgo, però, nel momento in cui mi volto per guardarmi indietro, della presenza del dottor Visconti sulla soglia della stanza.
I miei pazienti si rendono conto ben presto che la mia attenzione sia altrove e in un modo chiassoso richiamano il mio interesse, ma sono costretta, a malincuore, a doverli salutare, non appena il mio tutor mi richiama a sé con un cenno della mano.

Lo faccio, raggiungendolo a un passo svelto ma che si rivela allo stesso tempo incerto.
"Dottore, è successo qualcosa?" Proferisco, arrivandogli di fianco e palesandogli i miei dubbi.

Lui inforca le mani nelle tasche del camice, scuotendo il capo.
"No" ammette, scrollando le spalle. "Vorrei solo parlare un secondo con lei".

Pondero le sue parole, prima di acconsentire, anche se ancora un po' insicura davanti alla sua richiesta.
"Va bene..."

Visconti annuisce, accennando un piccolo sorriso, così nel momento in cui prende a muoversi verso il suo studio, lo seguo, senza pronunciare verso.

Non appena la porta si richiude dietro di noi, separandoci dalle occhiate curiose del reparto, il mio tutor rimane in piedi davanti a me, lasciando che le sue mani si giungano, giocando a strofinarsi tra di loro.

Ricominciamo da qui (COMPLETA)Where stories live. Discover now