Capitolo 23

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Parlare con Luca mi sembra fuori discussione, come potrei avere il coraggio di dirgli che mi sono innamorata di lui, ancora?
Non dopo quello che è successo tra noi, non dopo che lui ha una ragazza e diventerà padre.

Questo pensiero mi ha tartassato per tutto il weekend e sento che, se continui a farlo, la testa mi scoppierà.

"Tutto bene?" domanda Maria, affiancandomi.

"Ho avuto un weekend da schifo" ammetto sbuffando.

"Cosa è successo? chiede lei, con apprensione.

"Sabato sera ho passato davvero una brutta serata e poi, c'è una cosa che mi ha assilato per molto tempo"le spiego.

Lei mi fissa, seriosa. "Cosa?"

Mi appoggio al muro dietro di me, incrociando le gambe, e portando le mani nelle tasche.
"Voglio fare qualcosa per Lucia. Insomma Maria, io so che l'unica cosa che possa farla stare davvero bene sia un cuore, ma al momento non ce n'è uno compatibile. Lucia ha bisogno di tanto amore, di essere normale, almeno per una volta".

Maria mi osserva silenziosa, ma con il sorriso sulle labbra. "Cosa vuoi fare?"

"Oh, beh, lo vedrai, al momento c'è sola una persona che potrebbe aiutarmi"le confesso e, nel momento in cui lo faccio, sorrido.

Parlare con Luca, adesso, mi sembra la cosa più giusta da fare. La causa è quella più giusta che ci sia, penso, mentre busso alla porta del suo studio.
Ne seguono attimi di silenzio, forse troppi, e io arrivo a pensare che non ci sia. Sono pronta a fare dietrofront, quando avverto la sua voce dall'altro lato, e abbasso, lentamente, la maniglia.

Come pensavo, non sono pronta ad affrontarlo, non dopo quello che è successo sabato sera. La tensione è palpabile nell'aria, l'avverto. I miei muscoli si tendono all'allerta, quasi fossi pronta a scappare da un momento all'altro, ma non lo posso fare.
"Ciao"lo saluto, cercando di accennare un sorriso cordiale.

Lui alza lo sguardo dal suo pc e, finalmente, mi guarda. Ma i suoi occhi non trasmettono nessuna emozione.

Sento le mie gambe tremare lievemente.

"Ciao" ricambia lui, aggiustandosi gli occhiali sul naso, apparentemente calmo. "Vuoi sederti?"mi indica le sedie di fronte a sé e io nego con la testa.

Stargli vicina sarebbe come infligermi una ferita da sola. "No grazie, rimango in piedi".

Lui annuisce, distratto dalle scartoffie sulla sua scrivania. "Volevi dirmi qualcosa?" domanda, ma questa volta non mi guarda nemmeno, mentre lo dice.

"Ho bisogno del tuo aiuto"gli confesso, decisa.

Lui, allora, mi osserva da sotto i suoi occhiali, togliendoli, poi, definitivamente. Si massaggia il naso, lì dove gli hanno lasciato il segno, e sogghigna. "Tu che chiedi il mio aiuto!"

Il suo riferimento alla festa di sabato mi innervosisce.

"Luca"lo supplico con lo sguardo. "Si tratta di Lucia".

Sento di aver colto la sua attenzione, quando lui flette le braccia, appoggiandosi con le mani alla scrivania.
"Avanti, dimmi"proferisce serio.

"Io, io lo so che è una cosa impossibile e da matti, perché mi rendo conto di quanto possa essere pericoloso e rischioso per lei, ma ho bisogno che tu mi aiuti a farle vivere un giorno normale, fuori di qui" gli confesso.

Lui si allontana dalla scrivania, facendo stridere le rotelle della sua sedia, e prende a ridere sonoramente. "Sei tutta matta"ammette.

Pensa davvero che per me sia un gioco?

Ricominciamo da qui (COMPLETA)Where stories live. Discover now