Capitolo 40

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"Nicola, cosa ci fai qui?"
Quando l'ho visto, lì, fermo davanti al portone di ingresso mi sono resa conto che la rabbia che sentivo di provare nei suoi confronti sia passata in secondo piano. Perché Nicola è qui, il mio Nicola è tornato da me e nemmeno la consapevolezza di averlo a pochi passi riesce a farmelo credere.

Nicola non risponde sùbito e il suo sguardo rimane a lungo su di me, come se volesse imprimere ogni dettaglio del mio viso nella sua mente. Sono passati mesi dall'ultima volta che ci siamo incontrati e i cambiamenti sono piuttosto evidenti. Nicola è cambiato, almeno esteticamente parlando; ha tagliato di poco i capelli, portandoli un po' spettinati, in un doppio taglio, e ha accorciato la barba. Il suo aspetto sembra molto più curato, non che lui sia mai stato trasandato, eppure, c'è qualcosa che mi fa presupporre che i cambiamenti in lui non siano solo fisici. 

Rimango, allora, ad aspettare che parli, in attesa e infastidita. Comincia a far freddo e pur di non congelare ho fretta di avere una risposta, quindi torno a porgli la domanda, con fermezza.

Nicola, a quel punto, porta le mani nelle tasche del cappotto scuro che indossa. Incassa il collo, come a volersi proteggere da una folata di vento e io mi rendo conto che lo trovi tenero.
Poi mi sorride, in quel modo che è solo suo, incastrando il labbro inferiore tra i denti.
"Non mi fai entrare?" domanda, facendo segno all'ingresso dietro di noi.

Improvvisamente, comincio ad analizzare la situazione con la giusta lucidità: perché Nicola è tornato dopo essere partito con una stupida lettera a spiegarmi e, adesso, non può venire qui e credere che sia tutto come sempre.
"Dovrei?"

Lui scuote il capo, divertito, allargando le braccia come per enfatizzare il concetto.
"Fa parecchio freddo qui fuori, non trovi?"

E allora io lo guardo e mi viene da pensare da quanto tempo sia qui ad aspettarmi, visto le sue guance e il suo naso arrossati. E, allora, mi rendo conto che, mentre sbuffando gli faccio spazio verso il mio appartamento, lo lascio entrare solo perché mossa da un senso di compassione. Ma Nicola sorride vittorioso come se avesse ottenuto il suo principale scopo.

Non appena entra in casa, mi sembra di ritornare indietro nel tempo, quando accoglierlo tra queste quattro mura era la normalità, e lui deve pensare la mia stessa cosa mentre ci lasciamo andare ad un'espressione malinconica.

Chiudo la porta dietro di me, osservandolo muoversi nell'appartamento a suo agio: Nicola è stato così tante volte qui dentro che conosce ogni millimetro di questo posto.
Eppure, mi rendo conto che, saperlo qui, sia una sensazione a cui non sono più abituata. Se un tempo avrei trovato la sua intrusione rassicurante, adesso mi appare quasi fastidiosa.
Così, mentre lui  si guarda intorno interessato, mi avvicino, ansiosa di avere delle risposte.
"Allora?" domando con fare sostenuto. "Mi dici che sei venuto a fare?!"

Nicola si volta verso di me, appoggiandosi al divano dietro di lui, pensieroso.
"Ti ho mandato una lettera..."

"Oh sì!" replico, asciutta. "Quello stupido pezzo di carta con il quale mi spiegavi te ne fossi andato?"

"Anita..." mi rendo conto che il suo tono sia quasi supplichevole. Ma dopo la giornata che ho avuto, Nicola, adesso, è proprio la persona più adatta sulla quale scaricare la mia rabbia.
E mentre lo osservo abbassare lo sguardo colpevole, capisco che non ha intenzione di placare in nessun modo il mio fiume di parole. Questo è un confronto che è rimasto in sospeso da troppo tempo.

"No, Nicola, non puoi tornare qui dopo mesi, pensando che sia tutto come prima. Hai idea di quanto io ci sia stata male? Eri il mio migliore amico e quello che hai saputo fare è stato scrivere un'insulsa lettera. Avrei voluto che tu, certe cose, me le dicessi in faccia e non nascondendoti dietro un foglio di carta!"

Ricominciamo da qui (COMPLETA)Onde as histórias ganham vida. Descobre agora