7.1. 𝘐'𝘮 𝘎𝘰𝘪𝘯𝘨 𝘚𝘭𝘪𝘨𝘩𝘵𝘭𝘺 𝘔𝘢𝘥 - II

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Il sole batteva forte dall'enorme finestra della Sala 4, dove le armonie aranciate del mobilio ospedaliero erano messe in risalto dalla luce

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Il sole batteva forte dall'enorme finestra della Sala 4, dove le armonie aranciate del mobilio ospedaliero erano messe in risalto dalla luce. Edoardo era poggiato sul vetro con la spalla sinistra, fissando l'unità centrale dell'ablatore [1], la cui turbina era agganciata al riunito poco davanti.

Sentiva il calore che l'avvolgeva, lo stesso con cui aveva cercato di dare un po' di sollievo a Davide che, quella mattina, sotto consiglio del suo amico, aveva deciso di rimanere a casa per ripulire tutti i cocci di quell'incidente doloroso e per schiarirsi un po' le idee.

Il giovane Rinaldi si era offerto di aiutarlo, non gl'importava se avesse saltato una giornata di tirocinio. Voleva restargli accanto, voleva assicurarsi che stesse bene.

«Compà, ce la faccio, tranquillo!»

Questo gli disse quella mattina, poco prima di lasciare la sua casa in zona di montagna, prendere qualche cambio dalla sua a Pedara, il paesino in cui abitava, e scendere al Policlinico.

Amava l'atmosfera che si respirava in quella piccola cittadina, che si trovava poco sotto i paesini più a nord, alle pendici del vulcano etneo. Era una via di mezzo tra il freddo montanaro e il caldo marino dello Ionio che lambiva le coste sabbiose, frastagliate o ciottolate del territorio catanese.

Ogni tanto, capitava che Edoardo scendesse ai Lidi della Plaia per mettere in scena dei profondi soliloqui, delle conversazioni dettagliate con la sua anima che, molte volte, si ritrovava a dover essere ricomposta poiché perdeva tanti di quei cocci che ormai non era possibile tenere insieme per molto tempo.

Anima di vetro, cuore di vetro.

Si ripeteva questo, tante volte, ricordando il racconto di suo padre sui due musicisti, legati insieme da un ciondolo fatto di quel materiale trasparente tanto bello quanto fragile.

Sì, lui aveva l'anima di vetro. Un vetro che, ormai, non era più uniforme come quando era un piccolo esploratore nella giungla della vita.

La vita: quella che gli aveva permesso di godere delle bellezze più inestimabili, di provare i sentimenti più profondi e sinceri.

La vita: la stessa che, in una giornata d'estate, gli aveva strappato dalle braccia quella bambina che considerava come una sorella.

A un tratto, qualcuno bussò alla porta in vetro opaco della sala; Edoardo si ridestò e si voltò prontamente verso la fonte di quel rumore.

«Ti disturbo?» domandò l'interlocutore.

"Oh no, non adesso, per favore" pensò lui, guardando Marika con sguardo disinteressato. Avrebbe preferito essere da qualche altra parte, a fare qualsiasi altra cosa. Ma non restare con lei un minuto di più.

«Volevo starmene un po' da solo.»

«Dai, non fare l'asociale!» esclamò lei, sfoderando un sorriso che mise in evidenza delle piccole fossette sul volto, definito dai lunghi capelli rossi e lisci come la seta. La ragazza chiuse la porta dietro di sé e si appropinquò verso Edoardo a passo lento, stringendosi nelle spalle.

Innuendo (Sospesa per Remastering)Where stories live. Discover now