29. Una seconda dottoressa Conte

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Dentro la stanza di Vittoria Conte, in quei secondi che sembravano non passare mai, si stava propagando un suono tanto acuto quanto scompigliatore: quello delle carte in tavola del Primario che venivano rivoltate di colpo da quella visita fuori pr...

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Dentro la stanza di Vittoria Conte, in quei secondi che sembravano non passare mai, si stava propagando un suono tanto acuto quanto scompigliatore: quello delle carte in tavola del Primario che venivano rivoltate di colpo da quella visita fuori programma.

«Credo che sia il caso di lasciarvi un po' da sole.» Il dottor Rapisarda chinò il capo sormontato dai capelli biondo scuro e richiuse la porta alle proprie spalle, separando così la dottoressa da Edoardo, sua unica ancora di salvezza da tutto ciò che non avesse a che fare con quella persona seduta davanti alla sua scrivania, con un tailleur nero e una camicia bianca che ne risaltavano il fisico allenato e slanciato.

Vittoria non sapeva come reagire, né cosa dire: non si sarebbe mai aspettata di vederla a Catania, non dopo tutto quello che era accaduto nella sua famiglia. Si avviò verso la sedia nera girevole dietro il mobile scuro e vi prese posto con calma, mentre tentava di formulare un pensiero razionale, offuscato dalla nebbia del passato che si stava infittendo ancora di più.

«Perdona il poco preavviso, ma-»

«Che diavolo ci fai qui?» domandò Vittoria lapidaria. Non che avesse chissà quali problemi con lei, ma era pur sempre parte del suo passato, una pedina della scacchiera che non aveva fatto altro che imprigionarla verso lo scacco matto.

«Pensavo che ti facesse piacere rivedere un membro della tua famiglia... »

«Qualcuno che mi ha letteralmente abbandonata!» Vittoria serrò la mascella e strinse il proprio pugno destro. «Sono così felice di vederti, guarda... »

Simona raddrizzò la schiena sulla sedia e spostò una ciocca di capelli neri come il carbone dietro l'orecchio, mettendo in risalto quelle onde lisce che le davano un aspetto più fresco e più giovane.

«Io sono andata via molto prima che tuo padre morisse, non è dipeso da me!»

«Stronzate!» Vittoria si alzò in piedi, con la rabbia che circolava in corpo assieme al sangue e percependo un calore tale da scioglierla da un momento all'altro. Per lei, tutto ciò che aveva a che fare con il suo passato doveva restare tale e non essere riesumato: soprattutto se proveniva dalla parte di suo padre.

Simona Conte era più piccola del fratello Eugenio di pochi anni; non era stata molto presente agli inizi della vita di famiglia, ma da quando Vittoria era diventata grande quanto bastava per frequentare le scuole medie, aveva iniziato a riallacciare i ponti sia con lei che con il fratello, distrutti poi poco prima della morte di quest'ultimo, costringendola a trasferirsi di nuovo a Milano, la città dove si era formata professionalmente e dove aveva trovato una certa stabilità.

Ma cosa l'aveva spinta a scendere a Catania, dalla città dell'imponente Duomo?

«Infatti non è dipeso da te, ma da voi. Ho pianto come una disperata in attesa degli indennizzi di Stato mai arrivati, per un pelo non restavo sotto a un ponte, se non fosse stato per Giuliana. E tu dov'eri? Neanche una telefonata, una cartolina, un'email, niente! Completamente sparita!»

Innuendo (Sospesa per Remastering)Where stories live. Discover now