La targhetta

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Mi sveglio quasi di soprassalto e ci impiego qualche secondo per capire che sono nel motel, a New York, con accanto Alex che ancora dorme.
Temevo di riaprire gli occhi e scoprire che l'incontro con mio padre era stato solo un sogno, ma sono realmente qui.
Controllo l'ora, la sveglia suonerà tra dieci minuti, la spengo.
Mi guardo intorno, poi guardo Alex solo per rendermi conto che ha il braccio attorno alla mia vita, il mio corpo è contornato dal suo, che si è praticamente preso metà letto.
Mi soffermo sui muscoli della sua schiena e delle braccia, poi sul suo viso.
Ieri abbiamo discusso per quanto riguardava la mia decisione di rimanere qui, e so che vi è rimasto scosso. In realtà, nella mia mente frulla ancora il dubbio: dovrei rimanere o tornare a Los Angeles con lui?
Sulle prime non mi muovo. Sembra dormire profondamente e lo conferma il suo respiro regolare. Mi sento bene tra le sue braccia, mi piace che mi abbia stretto a sé mentre dormivamo, e non so neanche se abbia aspettato che io chiudessi gli occhi per farlo o lo ha fatto involontariamente ma istintivamente sorrido al pensiero, poi lentamente sposto il suo braccio, sebbene non vorrei mai potermi staccare. Se veramente decidessi di rimanere qui, così su due piedi, lo perderei in un secondo solo.
Cerco di fare più piano possibile per non svegliarlo, ma quando sto per alzarmi dal letto lui grugnisce e si gira, alchè sento un piccolo rumore metallico e mi volto. Sul letto c'è una targhetta che riconosco come quella che il giorno della partita Hailey voleva dargli in corridoio. Sgrano gli occhi, credevo non l'avesse accettata, o almeno era quello che ho visto. Mi chiedo come sia finita nei suoi pantaloni.
La afferro: sopra è incisa una data, immagino quella del loro fidanzamento, con il nome "Hailey" in corsivo.
Alex deve averla persa dal jeans e subito vorrei immaginare che lui non ne sia a conoscenza, ma come può non essersi accorto di una targhetta nei pantaloni?
La guardo con sgomento.
Non riesco a capire come mai ce l'abbia; ma se rimarrò a New York non dovrò più preoccuparmene, giusto? Tanto lui potrà fare quello che vuole con le ragazze che vuole. D'altronde, potrebbe farlo anche adesso visto che io non sono sua e lui non è mio, ma al solo pensiero mi pervade un senso di fastidio, credevo ci fossimo chiariti su questo punto.
Purtroppo però, lui è solo uno dei pezzi della mia vita, perché tutto il resto è qui. Non so neanche io cosa pensare, forse che sarei dovuta essere abbastanza distaccata da evitare di affezionarmi così tanto a lui, perché voglio appartenergli e lo voglio così tanto che adesso mi sento combattuta e a volte temo che addirittura possa percepire che lo penso per quanto frequentemente faccio ricadere i miei pensieri su di lui.
So che mi farebbe male sapere che  è con un altra anche se io dovessi rimanere qui. Saremmo lontani chilometri e chilometri ma la mia mente vagherebbe a lui in ogni momento e non sarebbe facile per me dimenticarmi di tutte le cose che ho provato con lui, che è stato il primo ragazzo che mi ha fatto sentire determinate emozioni: tristezza, rabbia, felicità, senso di libertà e a volte tutte allo stesso momento.
Si rigira e capisco che si sta svegliando, non voglio che veda la targhetta perciò la nascondo anche se non so nemmeno io il perché. Ad ogni modo, non voglio comunque affrontare l'argomento ora, anzi, ritornarci su. 
La infilo nella tasca del mio pantalone, dove spero che non la trovi.
《Buongiorno》mugugna con la voce assonnata. È così bello la mattina, con il sole in faccia e i capelli in disordine, quando non si sforza di essere perfetto.
Tanto lo guarderei lo stesso.
Ma credo dovrei smetterla di pensarci.
《Giorno》.
《Mi stavi guardando dormire?》.
Scuoto il capo.
《Volevo svegliarti》mento.
《Mhh》si lamenta. Gli torna in viso un'espressione turbata, immagino per quello che gli ho detto ieri a cena.
《Da quanto sei sveglia?》.
《Da poco》.
Si alza dal letto e si stiracchia mentre io fingo indifferenza.
《Vuoi la colazione? Vado a prenderne un pò》.
《Faccio prima una doccia》.
《Per risparmiare tempo potremmo farla insieme》asserisce divertito mentre io lo incenerisco con lo sguardo.
Lui si mette sulla difensiva.
《Scusa! Dimenticavo che non sai divertirti》si lamenta poi si infila la maglia e apre la porta.《Vado a prendere delle brioche e qualche sandwich con il bacon》afferma con freddezza.
《Aspetta》.
Lui si blocca. Mi propongo di andare io.《Fatti una doccia in tranquillità. Dimmi quello che vuoi e te lo porto》.
Lui ridacchia beffardo.
《Vuoi farti perdonare per qualcosa?》.
Non so cosa rispondere, vorrei solo sprofondare. Ho l'impressione che voglia farmi cogliere tutto il suo risentimento.
Spero non mi porti rancore per sempre perché non lo sopporterei. Non può volermi privare di stare con mio padre. So che la decisione presa così su due piedi, può sembrare irragionevole e magari irrispettosa nei confronti della sua famiglia che mi ha ospitata con tanta generosità, ma lui non lo accetterebbe comunque e ne sarebbe dispiaciuto anche programmando la mia partenza settimane prima, anche se almeno in questo modo gli darei il tempo di farsene una ragione.
《Vado io》conclude e si chiude la porta alle spalle.
Continuo a pensare che non mi sarei mai dovuta spingere così oltre con lui, ma avevo bisogno di qualcuno, mi sentivo sola e lui era lì, mi ha aiutato a guarire.
Non riesco a pentirmi di quello che sento per Alex, ho solo paura di doverci stare male semmai dovessimo essere costretti ad allontanarci.
Cerco di ignorare la cosa, almeno per oggi voglio non dover pensare a me e lui perché se me ne andrò da New York avrò un sacco di tempo per pensarci.
Mi faccio una veloce doccia e quando Alex torna con un vassoio pieno di cose da mangiare, divoro una brioche con un caffè.
《Avevi fame!》commenta.
《Si, quello che voglio fare prima di andare a trovare papà richiede energie e tutta la mia forza di volontà》ammetto, lui mi guarda interrogativo.
Io ho bisogno di affrontare in faccia la realtà una volta per tutte, devo andare a trovare mia madre. So che parlare con una pietra mi ferirà nell'anima, ma devo farlo.
Sono tesa, ho paura che possa farmi ricadere nel periodo buio. Questo per me è come camminare nel viale dei ricordi, i ricordi della madre che non avrò più e della vita che non avrò mai più.
Mi manca ogni cosa di prima e spesso non te ne accorgi finché quelle cose non le perdi.
《Sam, sei sicura che non ti faccia stare male?》domanda Alex mentre ci dirigiamo sulla sua tomba. Io procedo a piccoli passi, mentre la tensione sale sempre di più e il mio cuore si è letteralmente fermato. Sento come se fossi in apnea.
Cerco di regolarizzare il battito.
《Certo che mi farà stare male ma lo devo fare》.
Lui annuisce, stringendomi la mano nella sua e questo gesto mi da forza perché sento di non essere sola. Dovrebbe esserci papà qui con me, ma almeno posso sentire la presenza di Alex, che mi cammina affianco rispettando la velocità della mia falcata, ovvero quasi azzerata.
Mi ritrovo di fronte alla sua lapide dopo aver sorpassato la lunga strada per arrivare a lei. Sembrava infinita, però eccomi qui.
Il suo nome inciso sopra, il freddo marmo grigio e spento con le due date della sua vita. È brutto essere ricordati solo con un trattino che separa la tua nascita dalla tua morte, perché anche se noi siamo quel trattino, in realtà siamo molto di più e per me mamma è stata molto di più.
Avrei voluto che conoscesse Alex, che ridesse di più con papà, che imparasse a ballare, che mi vedesse diplomarmi e realizzare tutti i miei desideri, e soprattutto, avrei voluto uscire prima di casa quella sera, perché magari avremmo evitato quell'incidente.
Alex mi asciuga una lacrima, segno che stavo piangendo e neanche me ne ero resa conto.
Rimango ad osservare questa pietra immobile per un tempo che non so neanche definire, poi poggio i fiori bianchi accanto alla lapide, le parole mi escono di bocca senza controllarle.
Alex continua a stringermi la mano e mi fa bene sentirlo vicino.
《Ciao mamma...se mi senti ti starai chiedendo se sono felice. Ti posso rispondere che sono felice di aver conosciuto nuove persone ma che non sono affatto felice che tu non ci sia più e confesso che mi sono sentita in colpa di tutti i momenti belli che ho vissuto da quando te ne sei andata, da quando sei morta》dire queste parole proprio davanti a lei mi stringe il petto. 
《Sono venuta a trovare papà.
Credo che mi abbia riconosciuta.
Dopo la tua morte è cambiato, non si è più ripreso, tu eri la sua vita e lo capisco. Ma credo che presto starà meglio, ne sono certa》.
In realtà non sono certa di nulla però devo crederlo, anche se potrebbe essere un'illusione.
《Mi manchi troppo per poterlo spiegare mamma》.
Le lacrime non hanno mai smesso di colare sul mio viso e Alex mi stringe a sé.
È difficile parlarle. So che non mi risponderà mai. Non avevo mai provato un dolore così forte, un senso di tristezza tale.
《Andiamo Sam, così ti torturi》.
Non gli do ascolto.
《Mi dispiace di non essere stata presente negli ultimi tempi e di non averti detto che ti voglio bene ma te lo dico ora, anche se è troppo tardi...ti voglio bene mamma》.
So che sto parlando solo ad una pietra ma mi fa sentire un pò meglio. Sempre meglio che tenermi tutto quanto dentro. Ci sono cose che devo dire soltanto a lei ed ho bisogno di dirgliele da sola.
《Alex, puoi lasciarmi qualche attimo?》gli chiedo un momento solo per me.
Lui annuisce.《Certo, sarò nei paraggi se hai bisogno, vado a fare una telefonata. Però mi raccomando Sam, se ti rattrista troppo...》non finisce la frase.
《Voglio farlo》decreto.
Lui rispetta la mia decisione e si allontana.
Io allora mi siedo per terra e prima di parlare penso a ciò che vorrei dirle.
Sospiro.
《Lo so che non sono stata la figlia perfetta e per molto tempo, e forse ancora adesso, mi sono sentita in colpa per la tua morte. Non riesco a non pensare che il tuo ultimo ricordo di me sia triste. Volevo i miei spazi ma poi tu sei morta e ho capito che ho fatto male ad allontanarti. È crudele capire queste cose solo dopo che hai perso la persona a cui più tieni. Mi dispiace mamma. Mi dispiace di aver fatto tardi quella sera. So che se tu fossi qui mi diresti che non è colpa mia, ma è come se in qualche modo la colpa mi facesse ancora percepire la tua presenza.
È più facile attaccarci al dolore che alle cose belle, perché il dolore è l'unica sensazione che ci ricorda che proviamo qualcosa, che siamo vivi》.
Parlare senza piangere è quasi impossibile, ma la speranza che lei mi ascolti mi dà forza.
Tendo una mano per toccare il marmo, per sentirmi vicina a lei.
Rimango seduta qui per almeno un'ora fin quando non guardo l'orologio, che scandisce il tempo e mi ricorda che è ora di andare.
Quest'ultima ora non mi è bastata e non è servita affinché io prendessi una decisione: andare o rimanere.
Alex mi raggiunge.
《Vuoi andare?》.
《Si》.
Mi prende per mano comprensivo, mi da forza e la sua vicinanza mi rende capace di affrontare tutto.
Credo che non mi voglia far notare di quanto in realtà sia in disaccordo con la mia idea di rimanere e gliene sono grata.
Ferma un taxi che ci porterà all'ospedale e dal finestrino saluto mia mamma per l'ultima volta.
Arriviamo in anticipo.
Mentre lui va alle macchinette io riprendo la medaglietta.
Forse è giusto che gliela ridia.
Non so se e quanto ci tenga però non è nemmeno giusto che magari creda di averla persa.
Lo vedo tornare e lesta, la rimetto in tasca. Il proposito di dargliela è svanito in una nuvola di fumo.
《Ho preso una cioccolata calda anche per te》dice sorridendo.
《Però fanno schifo》aggiunge.
Non mi aspettavo altro. 
Chiede se mi sento meglio, la risposta è che devo.
《Non hai detto a nessuno che siamo qui vero?》domando.
《Assolutamente no, ho detto che siamo andati in visita da alcuni parenti di mia madre》.
Almeno è stato discreto. Ho preferito dirlo solo a Janet per il momento.
Noto che si massaggia la spalla nel punto in cui si è fatto male, è ancora indolenzita e sarebbe dovuto stare ancora a riposo, invece si è sforzato molto per me. So che ha deciso di tornare a scuola da domani, non riesce più a sopportare il fatto di poltrire in camera mentre gli altri si allenano. Si lamenta.
《Ti fa male?》.
Annuisce.
《Hai preso gli antidolorifici oggi?》.
《No》risponde.
《Perché?》salto su.
《Nella fretta li ho dimenticati a casa, a Los Angeles》.
Io sgrano gli occhi. Non prende le medicine da due giorni.
《E ora come farai?》.
《Calma piccola, mi duole ogni parte del muscolo ma sopravviverò》.
Io lo guardo scettica.
《Ti stai preoccupando?》.
《Sto solo pensando a quanto sia stato...》.
《Incosciente》mi precede. Ormai sa a memoria il mio solito repertorio di aggettivi che gli propino ogni volta che siamo in disaccordo.
《Come hai dormito stanotte?》domanda dal nulla. 
《Credo bene, ero molto stanca》.
Lui sorseggia la sua cioccolata quasi con impaccio, come se volesse dirmi qualcosa e so già di cosa si tratta, credo abbia la fatidica domanda proprio sulla punta della lingua. Però non lo esorto a parlare.
Aspettiamo in sala d'attesa fino all'ora di visita ma intanto ho potuto osservare da lontano mio padre; i medici tentano di stimolarlo con delle carte da gioco, una rivista, qualsiasi cosa che lui possa riconoscere, o che possa rafforzare la ripresa della sua attività cerebrale, ma continua a fissare un punto indefinito.
Inoltre l'infermiera tenta di fargli mangiare qualcosa da solo ma lui non reagisce, poi gli somministra un farmaco. La sua routine è questa: tentare di dargli degli stimoli di qualsiasi tipo e ingerire medicine.
Vedere che non risponde alle cure mi fa perdere la speranza.
Un infermiere ci informa che il medico ci ha dato il permesso di poterlo visitare prima dell'orario prestabilito.
Entriamo nella stanza, (io più impaziente che mai), sempre avvolta dalla penombra. Entra solo una sottile luce che è quella che proviene dal corridoio.
《Hey papà, sono di nuovo io, Sam. Stamattina ho fatto visita alla mamma. Sai che devi guarire per poterle parlare vero? Lei vuole parlarti》dico, ora sono seduta di fronte a lui e gli tengo la mano.
Voglio provarle tutte sperando che aiuti la sua guarigione. Magari parlare di lei lo farà rinsavire.
Continuo a parlargli di mamma e di Los Angeles, di tutto quello che mi viene in mente, perfino di sciocchezze insensate. Lui non risponde ma mi autoconvinco che mi ascolti.
《Ho visto che ti hanno portato un giornale》. Afferro la rivista. È vecchia ma non conta.《"Le star di Hollywood e i loro ritocchini"》leggo il titolo.
《Interessante! Megan Fox ha rifatto gli zigomi credo》.
Lui sembra muovere un dito anche se forse è solo una mia impressione. Non credo gliene importi nulla dei ritocchi delle star.
Rimango in silenzio, ad osservarlo, voglio vedere se fa qualche altro movimento ma non ne percepisco nemmeno uno.
Qualche volta gli sorrido ma lui non mi guarda, continuo a parlargli, fargli ascoltare qualche canzone, gli metto davanti un libro ma niente...è tutto inutile.
Alex ogni tanto esce a prendersi un caffè, vedo come mi guarda, con sguardo vano, triste e poco convinto dei miei sforzi ma io non posso permettermi di perdere la speranza.
Il tempo passa troppo velocemente perché è quasi ora di andare via.
Nella stanza entra un'infermiera.
《Ho portato il caffè a vostro padre》dice poggiando la tazza.
《È zuccherato?》domando.
Risponde di si.
《Quanto?》.
Alex che è rientrato mi guarda interrogativo e anche l'infermiera.
《Due cucchiaini》.
《Lui lo prende amaro, chi vi ha detto di zuccherarlo?》.
《Glielo abbiamo sempre dato così》dichiara e subito mi infurio.
Scatto verso di lei:《beh dovevate informarvi, andate a cambiarlo》sbotto e Alex mi trattiene.
Lei è impietrita.
Lui le parla con più gentilezza.
Non so cosa mi sia preso ma non sono mai stata così aggressiva.
《Sam, che ti prende?》.
《Non lo so. Devo già andare via e ho paura che non stia bene. È solo, e sicuramente si sente perso in questa stanza buia; non voglio che soffra》.
Lui mi abbraccia, circondandomi e io mi abbandono all'abbraccio sospirando nell'incavo del suo collo.
《Lo trattano bene qui, si impegnano per farlo migliorare. Starà bene, sei solo preoccupata》. Mi sento impotente e la mia preoccupazione non porta a nulla.
《E comunque, domani sarai di nuovo qui. Avrai tutto il tempo che vuoi》.
Domani.
Crede che rimanga.
《A proposito, io...》. Sto per dirgli che non ho ancora deciso quando il medico intima di andare via.
Esco dalla stanza dopo aver posato un bacio sullo zigomo a papà, ma prima di andare, per quella che forse sara momentaneamente l'ultima volta, rimango a fissare la sua figura dal vetro, una lacrima non può fare a meno di colare sul mio viso. Mi domando se si possa sentire la mancanza di una persona anche quando questa ti è vicina.
Il mio saluto è silenzioso, triste.
《Ciao papà》sussurro.
Quando torniamo al motel velocemente rimetto le poche cose che avevo portato, in valigia.
Lydia sarà qui tra un paio d'ore. Vederla mi farà bene, so che mi riempirà la testa di informazioni e gossip su ciò che accade qui; non che mi interessi tanto ad ogni modo. Mi sono persa interi mesi di tutto ciò che è accaduto qui e a volte mi sento come se avessi due vite separate.
《Sei sicuro di non voler venire?》domando ad Alex per l'ultima volta.
《No, vi lascio un pò da sole》.
《Va bene》.
Sto per uscire quando lui mi ferma.
Mi fissa e so già quello che vuole dirmi; voleva farlo già stamattina ma non l'ha fatto.
《Devi darmi una risposta Sam》.
Vuole sapere se resto o torno con lui.
《Non ho ancora deciso》ammetto.
《Fallo in fretta, perché io devo saperlo》.
Annuisco. Credo ci stia pensando da ieri sera ed è giusto che io gli risponda.
《Adesso vado》concludo. Sto solo rinviando l'inevitabile.
《Sam》mi richiama e mi volto nuovamente pronta ad ascoltare quello che ha da dire.
《Io...》sussurra ma non dice altro.
Non so cosa volesse dirmi ma qualsiasi cosa sia, non ne ha avuto il coraggio.
Salutandolo, mi chiudo la porta alle spalle e sfodero il mio miglior sorriso. Non voglio che Lydia mi veda triste.
Trattengo il respiro mentre scendo le scale che mi porteranno da lei; mi domando come sarà rivederla dopo essere state lontane per mesi.
Mi aspetta accanto alla sua auto. 
Non appena le vado incontro lei corre verso di me e mi stringe in un abbraccio tenero.
《Mi sei mancata Logan》caccia un gridolino acuto.
《Anche tu, tantissimo》.
Non sembra neanche vero che io la stia abbracciando; ci siamo viste solo tramite uno schermo da quando mi sono trasferita. Sembra come se non volesse lasciarmi andare.
《Domanttina devo svegliarmi presto ma per te ho fatto un sacrificio, non potevo non venire a trovarti》.
《Te ne sono grata》.
《Dai salta su, andiamo a mangiare il sushi》.
Non amo particolarmente il cibo asiatico ma non sono in vena di impormi, l'importante è stare insieme.
Durante il tragitto mi riempie la testa di informazioni, tipo che esce con un ragazzo più grande di lei, che una delle cheerleader si è rotta una caviglia con un'acrobazia; cose del genere e io fingo di stare dietro a tutto ciò che dice. Parla a raffica ed è meglio così, così almeno non dovrò raccontare di me.
Una volta sedute al tavolo e aver ordinato l'intero menù, mi domanda di mio padre.
《Non ha avuto grandi miglioramenti, ma il medico dice che la mia presenza è stata d'aiuto》.
Sono una codarda, non ho avuto nemmeno il coraggio di salutarlo come si deve e se tornerò a Los Angeles mi sentirò di certo in colpa.
《Secondo te ci vorrà ancora tanto per vedere qualche miglioramento?》.
Non saprei e non ne voglio parlare. Se in tutti questi mesi non è migliorato per niente, potrebbero volerci anche anni. Non riesco neanche a pensare a questa ipotesi.
Comprende che l'argomento mi provoca disagio.
《Allora, dov'è il tuo bel ragazzone?》. Si riferisce ad Alex. Almeno sono grata che abbia parlato di altro. 
《Non siamo fidanzati》.
《Però ti piace》.
《Credo di si. Non saprei》.
Anche lei si accorge che nego, ma dire ad alta voce "Alex mi piace", sembrerebbe strano.
《Non negare, sei arrossita appena l'ho nominato》ride.
《Vedo che sei rimasta sempre la stessa》.
Lei fa una smorfia.
《Mi ha accompagnato lui qui, ha prenotato il volo e tutto quanto. Gli ho chiesto se voleva venire con noi ma ha detto che preferiva lasciarci da sole》.
Lei sgrana gli occhi ed esordisce in un "ohh è stato un tesoro".
《Un ragazzo così non si trova tutti i giorni, devi averlo fatto impazzire davvero》ghigna.
《In realtà è un ragazzo complicato, ha un ex fidanzata complicata e un cara complicato》.
Lei si avvicina allusiva muovedo un sopracciglio.《I complicati sono sempre più interessanti; sono una sfida》.
Ha ragione.
Sbuffa.《E quindi da domani te ne andrai》si lagna.
《In realtà, stavo pensando di rimanere qui, di tornare a vivere a New York》.
《Cooosa?》.
So che non se lo aspettava, proprio come Alex.
《Così su due piedi?》.
Annuisco dicendo di voler stare vicino a papà.
《Sam, non per metterti i bastoni tra le ruote ma per quanto vorrei che tu tornassi qui, perché mi manchi da morire, non avrebbe senso. Qui non hai nulla. Cosa faresti nel mentre che tuo padre è in ospedale? E poi devi prima trovarti un lavoro, una casa. Come pensi di vivere?》.
《Il lavoro posso trovarmelo》.
《Non di certo in una giornata. Mi dispiace per ciò che ti è capitato ma non puoi tornare qui senza un tetto sulla testa e un modo per sopravvivere. Queste sono cose che si programmano》.
Dice esattamente ciò che ha detto Alex e sto diventando sempre più consapevole che sia una follia.
《Quindi cosa dovrei fare?》.
Me l'ha già espresso il suo parere. Vuole che torni a Los Angeles.
《Tornare dai Montgomery》dichiara. Io ci penso su. So che ha ragione, come ce l'aveva Alex, solo che non volevo accettarlo.
《Vedi come va, diplomati e se entro la fine dell'anno tuo padre non si rimette allora organizzerai il tuo ritorno. Nel mentre potrai venire a trovarlo, ma ti consiglio di partire》.
So che è la cosa giusta da fare. Devo resistere alla sua mancanza, come ho fatto per tutto questo tempo.
《Va bene》.
Sono pronta a dare una risposta ad Alex. "Torno con te" digito sulla tastiera del cellulare e invio.
Io e Lydia passiamo la serata a scorrere la galleria dei nostri ricordi fotografici, poi ridiamo di aneddoti divertenti, fino a quando non arriva l'ora di tornare a casa e quasi piango nel lasciarla andare.
Ci promettiamo di continuare a tenerci in contatto.
《Mi raccomando, tienimi aggiornata su te e quel ragazzo》le ricordo.
《Sarai la prima a saperlo, domani dopo il tirocinio pranzeremo insieme》.
《Allora buona fortuna》.
Ci abbracciamo per l'ultima volta e ci salutiamo malinconiche.
Non appena apro la porta della stanza del motel, un Alex sorridente mi stringe in un abbraccio. Evidentemente avrà letto il mio messaggio.
《Sono contento che torni》.
Sono contenta anche io, sebbene il dispiacere di lasciare mio padre mi tormenta e in questo momento supera la felicità di tornare con Alex.
《Voglio solo che tu sappia che, al contrario di quello che ho detto ieri, ti avrei sostenuta, perché preferisco saperti lontana da me ma felice》.
Io sorrido e lo bacio. Non avrebbe mai davvero potuto privarmi di stare al fianco di mio padre, era solamente sconvolto e lo comprendo.
Sento di starmene innamorando.

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