Attimo d'intimità

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È passata una settimana da quando sono a Los Angeles. La settimana più lunga della mia vita, anche perché è stata una specie di "settimana di prova" per cercare di abituarmi a...praticamente tutto: nuova scuola, nuove persone, nuova casa, nuove conoscenze (non che abbia conosciuto tante persone a parte Janet e qualche nerd del club della scienza).
Io e Lydia abbiamo fatto un paio di videochiamate, ma non ho resistito all'impulso di scoppiare in lacrime. Credo che ormai il cuscino ne sia zuppo, potrei strizzarlo che uscirebbero a fiotti; sono stata abbastanza forte da resistere dal piangere davanti a lei però. Ogni minima cosa mi ricorda che la mia vita di prima era lontano da qui, noto ogni minima differenza, ogni particolare, e questo non serve a farmi andare avanti, ne sono consapevole. Perfino gli odori, i suoni e i colori mi sembrano diversi. È talmente logorante riprendere tutto da capo. Sembra che io debba abituarmi a rifare ogni cosa. Perfino nella doccia ho i nervi a fior di pelle, nulla riesce a rilassarmi e non dormo decentemente da tre giorni. Credo addirittura di star iniziando a digrignare i denti nel sonno.
Stanotte mi sono alzata verso le quattro del mattino per andare in cucina, ho aperto il frigo per prendere uno yogurt e nel mentre speravo di non svegliare nessuno, poi ci ho ripensato, e l'ho rimesso a posto. Nulla mi è familiare qui, ed ho paura che non lo sarà mai. Non riesco a rilassarmi e ad aprirmi con la famiglia che mi ha ospitato gentilmente. Non è un viaggio-studio, è un provvedimento catastrofico preso alla sprovvista. Pertanto non voglio essere d'intralcio, creare disagio o problemi. Ma ammetto che dovrei essere più riconoscente ai Montgomery. Fin'ora ho soltanto comprato un mazzo di fiori da mettere al centro del tavolo e nient'altro, Megan dice che non devo sentirmi in obbligo ma io mi ci sento. Anzi mi sento un peso.
Le lezioni sono noiose e assolutamente identiche a quelle che seguivo a New York, tranne per i corsi extra, qui ce n'è qualcuno in più che ho scelto di seguire solo per avere qualcosa da fare. Se riesco ad occuparmi le giornate forse potrò evitare di pensare a tutto ciò che facevo prima, a tutto ciò che avevo e che ero.
Io e Lydia abbiamo parlato del più e del meno, lei mi ha chiesto come mi trovassi a scuola senza di lei. So che le manco, mi manca anche lei ma purtroppo anche il semplice sentire la sua voce mi ricorda di New York.
Ha detto che lì senza di me non è più la stessa cosa ma sentirmelo dire non fa altro che aumentare la mia sofferenza, forse dovremmo smetterla di chiamarci (e dovrei anche smettere di riguardare le vecchie foto di quando era ancora tutto perfetto). Qui sto percando di ambientarmi e so che devo riuscirci se non voglio passare chissà quanto tempo, nel letto di camera mia (o di quella che dovrebbe esserlo per chissà quanto tempo), sola e triste. Io e Janet sembriamo in sintonia anche se è ancora sotto shock perché ha saputo del mio fratellastro Alex. Lo chiamo così perché non saprei come definirlo altrimenti, siamo "coinquilini" non per nostra scelta e lui ha continuato a tormentarmi con battutine derisorie e altro. È insopportabile.
Credevo avrebbe dato un freno a questa sua frenetica voglia di gironzolarmi intorno per infastidirmi dopo quella volta a mensa, ma non è stato così. Abbiamo avuto pochi contatti, ma sono bastati a renderlo sempre più insopportabile. L'unica conversazione che abbiamo avuto, che posso definire "normale", è stata quando ieri, sono dovuta andare nella sua aula di trigonometria per ridargli le chiavi che si era dimenticato a casa. Ogni membro della famiglia ne ha un paio. Io non ancora.
Ad ogni modo, l'unica parola che ha proferito tra i denti e quasi impercettibilmente è stata: grazie. Temevo che iniziasse a sbraitarmi contro per essere entrata durante la pausa, in aula, e avergli ridato le chiavi davanti a tutti facendogli fare brutta figura, ma per fortuna non è stato così. Forse era di buon umore, credo lo sia sempre quando torna dagli allenamenti, perché è meno irritante ed irritabile.
Credo che Alex abbia dei punti deboli, e se capirò come comportarmi con lui, magari sopravviverò a questa faida.
È la seconda notte di fila che mi sveglio nel sonno, anzi, questa notte non ho chiuso occhio per niente. Mi alzo nuovamente dal letto e in silenzio sorpasso la camera di Alex e scendo le scale illuminandole con la torcia del cellulare. Passo dopo passo però, i miei occhi vengono disturbati da una flebile luce. Non appena arrivo in sala però mi blocco e quasi sto per ritornare indietro: Alex con un'espressione annoiata e una mano a sorreggere la testa, è seduto al tavolo che guarda il pc. Ecco da dove proveniva la luce.
Mi domando cosa stia facendo.
《Vuoi rimanere lì impalata a fissarmi ancora un pò? So di essere un Dio greco ma così mi sciupi carina》.
Merda! Mi ha vista. A questo punto tanto vale che mi accomodi, tanto non credo di interrompere niente.
《Che cosa fai?》domando.
《Non lo vedi?!》risponde sarcastico.
《Che simpatia!》sussurro. Poi mi avvicino per guardare meglio. Scorgo degli appunti. Sta studiando. 《Perché studi a quest'ora della notte?》. Sono le tre e venti.
《E perché tu non ti fai una buona dose di affari tuoi?》.
Sbuffo. Non ne posso più del suo sarcasmo. Mi dirigo verso la credenza e cerco di prendere il pacco di biscotti che però è stato spostato nel ripiano in alto. Non ci arrivo. Non credevo di essere bassa, è qui che sono tutti alti, un metro e sessantacinque di altezza mi va più che bene ma qui superano il metro e ottanta, perciò mi schiarisco la gola per far capire ad Alex se può venire ad aiutarmi.
Al terzo "mh-mh" mi lancia un'occhiata truce e di malavoglia si alza.《Vedo che cominci ad ambientarti》.
In realtà colmo l'insonnia mangiando.
Lui si tende verso la credenza schiaccianomi involontariamente contro il ripiano della cucina, dal suo braccio teso coperto dalla canotta aderente, fuoriesce impavido il bicipite. Deglutisco a fatica e spero non mi abbia vista osservarglieli. Perfino lui deve alzarsi sulle punte per arrivare al pacco. Siamo talmente vicini che sento il suo profumo che così aggressivo pervade le mie narici.
Chiudo gli occhi e inspiro.
《Asciugati la bava piccola, non vorrei dover ripulire il piano cottura》mi schernisce.
Sono ancora bloccata tra lui e la cucina, non so neanche come sia potuto succedere. I suoi lineamenti scolpiti sono illuminati dalla luce del display e dalla piccola lampada in fondo alla sala. È perfetto. In tutta la sua altezza e fierezza lo sento premuto contro di me e per un attimo mi perdo nei suoi occhi e nelle sue labbra carnose.
È irresistibile, devo ammetterlo. Inoltre solo ora noto un filo di barba che spunta sul viso, ciò lo rende ancora più seducente. Non ho mai pensato questo di un ragazzo, ma non ho neanche mai visto uno così attraente come lui. Con la sua facciata impenetrabile, il bello e tenebroso che non vuole farsi comprendere da nessuna. Questo mi attira. Ma è solo questo, una facciata.
Alex è un presuntuoso bulletto. E comunque, non mi interessa, non sono qui in vacanza e neanche per trovarmi un ragazzo. Voglio solo sperare che la convivenza con lui non sia un disastro, del resto, meglio se limitiamo al minimo i contatti.
Cerco di liberarmi dalla sua morsa ma lui mi blocca.
《Non hai niente da dire? Ti ho lasciata senza fiato Lentiggini》.
《Voglio solo che mi lasci in pace》.
Lui alza un sopracciglio.
《Davvero?》. Poggia una mano sul mio braccio e stringe leggermente. Questo mi fa divampare.
Che sta facendo?
Non ho neanche il tempo di realizzare che inizia ad accarezzarmi su e giù con un paio di dita e questo mi fa rizzare la pelle, sento man mano una sensazione di calore crescente nello stomaco. Mi piace il suo tocco, è delicato ma anche malizioso e provocante. La sua espressione parla chiaro. Mi concentro sulle sue dita calde poi sento la sua mano arrivare fino al mio seno e fermarsi.
Il mio cuore batte talmente forte che per poco non me lo ritrovo in gola, quasi tempo possa percepirlo.
Mi chiedo cosa voglia fare e soprattutto perché io lo stia lasciando fare. Ci fissiamo intensamente e le sue iridi sono così...non saprei. Sono senza parole.  Non mi è mai capitato. In realtà non mi è mai capitato di ritrovarmi in una situazione del genere.
Ingoio il groppo in gola. Vedo le sue labbra vicine alle mie e sento il suo alito dal sapore fresco, come di dentifricio, vedo come se le lecca licenzioso e lo sguardo voglioso che riserva al mio seno, poi sento che fa scorrere le dita fino all'orlo della mia maglietta e lentamente le infila all'interno senza chiedere il permesso, come se fosse del tutto normale. Sta disegnando piccoli cerchi vicino al mio ombelico stuzzicando la mia pelle e provocandomi sia solletico sia uno spasmo di innegabile piacere. Poi mi rendo conto del suo giochetto. Perché è di un gioco che si tratta. Il suo tocco proibito mi risveglia dai pensieri. Gli afferro la mano, gliela tolgo da sotto la mia maglia con irruenza e mi allontano di scatto.
《Maniaco》.
Non è normale il suo comportamento. Inoltre si prende libertà che non dovrebbe.
《Credi che tutto ti sia dovuto ma non è così. Va al diavolo》gli inveisco contro.
《Che verginella》sento dire mentre salgo le scale. Non sarei mai dovuta scendere di sotto.
《Ti ignoro perché è quello che ti meriti》rispondo e mi richiudo la porta alle spalle sentendolo ridere compiaciuto.
Non finirò mai di pensare che sia un completo caso umano.
Mi rimetto sotto le coperte coprendomi fino al viso e sperando nessuno si sia svegliato.

𝑷𝑬𝑹 𝑺𝑬𝑴𝑷𝑹𝑬 𝑻𝑼𝑨Where stories live. Discover now