Casa Montgomery

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Per tutta la durata del viaggio non faccio altro che guardare fuori dal finestrino immaginando cosa mi possa attendere dall'altra parte. Ho ansie e paure, preoccupazioni.
Saranno accoglienti? Cosa farò lontana da casa? E soprattutto, ritornerò ad essere felice?
Mi pento immediatamente di essere partita, sarei dovuta restare con papà, avrei dovuto aiutarlo a guarire sebbene i medici dicono che il processo sarà lungo. Però sono andata via troppo presto, solo poche settimane, magari sarebbe cambiato qualcosa in un paio di mesi. Sono andata via lasciandolo solo, ho semplicemente tagliato i ponti con tutto ciò che conoscevo, non l'ho salutato adeguatamente, non ho salutato Lydia. Sento come se li avessi abbandonati.
La verità è che ero spaventata, non volevo rimanere sola e i Montgomery sono stati gli unici ad accogliermi: una casa nuova, una scuola nuova, nuove abitudini. Forse il fatto di continuare a vivere nella mia vecchia casa era più terrificante di qualsiasi altra cosa, tutto mi avrebbe ricordato della tragedia, i mobili, le pareti, il vialetto di casa, il giardino, le persone...ogni cosa. Perciò adesso sono in viaggio su un volo diretto a Los Angeles.
Guardo la mia immagine nell'oblò, ho una pessima cera, sono distrutta. Mi manca mia madre, i suoi capelli, la sua voce, quando mi guardo allo specchio mi rivedo in lei e mi odio per questo.
Lei è morta ed io sono viva, e mi chiedo perché sia toccato proprio a lei.
Mi rendo conto di star piangendo. In queste settimane ho pianto molto, per lei, per papà, per me. So che non dovrei pensare egoisticamente ma ho paura di non superare questo momento.
L'aereo atterra bruscamente e mi stringo al poggia mani talmente forte che le nocche impallidiscono, mi balena in mente il ricordo dell'incidente e quei fanali puntati negli occhi. Fortunatamente ricordo dei frammenti e mi stupisce come io stia riuscendo a stare calma su un aereo.
Appena scendo mi stabilizzo, sento ancora il mio corpo tremare ma finalmente sono con i piedi per terra, saldamente.
Cerco con lo sguardo Megan e Jason poi sento il mio cellulare vibrare.
È un messaggio di Lydia. Me ne ha mandati centinaia in questi giorni, so che non mi perdonerà mai il fatto di essere andata via senza salutare.
Sento un peso sul cuore.
"So che stai passando un brutto momento e non potrò mai capire il tuo dolore, ma potevi salutarmi. Mi mancherai da morire. Spero di rivederci presto".
Decido di risponderle, è il primo a cui rispondo.
"Scusami, ma non ce la facevo. Mi mancherai anche tu. A presto". Invio.
Spero che il mio "a presto" sia vero.
Esco dall'aeroporto trascinandomi dietro il bagaglio e guardando i miei piedi, poi però alzo lo sguardo per capire se i Montgomery sono ad attendermi; Megan mi ha lasciato numero di cellulare ed email, così da poterla contattare. Mi aveva detto che sarebbero stati qui al mio arrivo. Aspetto, immaginando abbiano trovato traffico. Mi siedo su una panchina e guardo la folla di persone intorno a me. C'è troppa gente, troppa luce, una luce accecante. Quei fanali. Inizio a sudare fredda e a tremare. Quei fanali sono sempre più vicini, vengo scaraventata fuori dall'auto e sbatto la testa. Mia madre muore.
《No》grido acutamente e ansimante. Mi rendo conto di star stringendo forte il manico della panchina. Quando mi riprendo noto alcune persone guardarmi in cagnesco chiedendosi chi sia quella pazza che urla. So di sembrare strana ma mai nessuno capirà cosa mi è successo davvero.
Una signora anziana è così gentile da avvicinarsi e chiedermi se sto bene.
No, non sto bene.
《Si, è che gli aeroporti mi spaventano》fingo. Lei sorride poi lasciandomi una pacca sulla spalla si allontana. Cerco di calmarmi.
《Sam》.
Dopo qualche minuto sento chiamare il mio nome, mi volto e vedo i Montgomery che avanzano verso di me. Prima di raggiungerli però mi ricompongo e mi asciugo le lacrime, non voglio che mi vedano piangere e non voglio che lo sappiano. Devo sembrare una ragazza a posto, non una matta che ogni qualvolta ci sia un minimo stimolo che mi ricorda dell'incidente, sbotta. Non voglio creargli problemi sebbene sappiano ciò che la mia condizione può comportare, infatti prima di partire, ho origliato una conversazione tra loro e il dottore, che gli ha consigliato uno strizzacervelli.
Trascino nuovamente la mia valigia, anzi posso quasi dire che mi trascino fino a raggiungerli. Mi salutano amichevolmente. Per me sono due estranei mentre per i miei erano amici e ora si occuperanno di me al loro posto, almeno fino a quando papà non guarirà.
Quando li guardo ho paura si accorgano che non sono assolutamente felice di essere qui, ma poi penso anche che ci passeranno sopra dato quello che mi è successo.
《Com'è andato il viaggio?》domanda Megan sempre con la sua voce soffice.
《Vorrei andare a casa》rispondo fredda. Non avevo intenzione di essere così ingrata ma sono stanca e qui in aeroporto mi sento oppressa. Megan però non ha mai smesso di essere gentile, prima che partissi mi ha telefonata tutti i giorni per informarsi sulle condizioni di mio padre e sulle mie. Ha sempre sperato che io mi convincessi ad abitare con loro e ci è voluto del tempo prima di accettare.
È felice di accogliermi e lo è anche suo marito, ma non potranno mai sostituire i miei genitori. Credo che lo sappiano ma io non saprò mai come ringraziarli abbastanza.
Sono passate più di due settimane dall'incidente e dalla sconvolgente notizia del mio dramma familiare e mi sono convinta che non sarei potuta stare da sola, soprattutto in questo momento. Sapevo che non ce l'avrei fatta, stare da sola avrebbe peggiorato le mie condizioni.
Poi sempre meglio i Montgomery che una casa vuota.
Ci dirigiamo alla loro auto, una BMW nera. È la prima volta da quella sera che salgo su una macchina. Prima di entrare esito ma poi lo faccio. Credo che loro se ne siano accorti. Mi sono spostata in bici o in metro raramente in questi giorni per andare a trovare papà in ospedale ma mai in auto, anche se immagino non cambi nulla, non voglio essere prigioniera di questo trauma. Devo andare avanti.
Il viaggio dall'aeroporto fino a casa è breve e silenzioso (fortunatamente, perché non avrei saputo cosa fare o dire), mi sono limitata a guardare fuori dal finestrino mentre il panorama mi scorreva davanti agli occhi. Quando arriviamo in un vialetto molto curato con villette a schiera una di fianco all'altra, Jason parcheggia di fronte ad una di esse.
Ha due piani ma sembra accogliente, almeno all'esterno, ed è dipinta interamente di beige.
Lui si offre di portarmi la valigia e la solleva come se pesasse un grammo. Megan mi abbraccia come per farmi forza.《Sei pronta?》domanda. Annuisco.
《Qualsiasi cosa ti serva noi siamo qui per te. Ho fatto un pò di spesa per stasera. Voglio che tu ti ambienti Sam》sorride.
"Grazie ma no grazie, perché spero che questo viaggio sia breve" vorrei dirle ma non lo faccio assolutamente, per quanto possa essere scossa e distrutta dentro, non le mancherò di rispetto.
《Grazie, cercherò di ambientarmi》sintetizzo; non ci credo nemmeno io ma ci posso provare comunque.
《Sono fiduciosa》risponde stringendomi nel suo abbraccio, insieme saliamo gli scalini che ci guidano fino alla porta di casa. Il cuore batte forte e nel momento in cui apre la porta, ho paura di crollare.
Dentro è praticamente enorme ed è dipinta di bianco e beige.
La luce del sole penetra da tutte le finestre. Su una mensola ci sono sistemate delle fotografie della famiglia e di due bambini che devono essere i loro figli, anche se credevo ne avessero solo uno, ma non ci presto attenzione.
Sulle pareti invece sono appesi molti quadri in stile impressionistico ma non ne riconosco nessuno. Più avanti c'è la cucina, spaziosa quanto il soggiorno, con un tavolo di vetro nero. La prima impressione, che per me è importante in questo momento, è positiva: una casa luminosa e accogliente.
Loro due cercano di strapparmi qualche parola di bocca ma io sto zitta per evitare di pensare. Non ho molte parole in questo momento.
Durante il tragitto fino a qui mi sono limitata solo a ringraziarli.
Mentre osservo la casa, stranamente la trovo quasi familiare e il peso che sentivo sul petto si è minimamente alleviato. Poi Jason mi riporta nel mondo reale.
《Sali, ti faccio vedere la tua stanza e ti presento Alex》.
Deglutisco.
Lo seguo su per le scale di legno sebbene abbia una fitta al cuore che cerco di ignorare, prima che prende a battere compulsivamente in preda all'agitazione.
Alex.
Spero non sia uno di quei ragazzacci ribelli, o peggio ancora un bullo, odio i bulli, ho paura potrebbe approfittarne per quello che mi è capitato. Sono quasi tentata di correre via, vorrei scomparire.
Ormai ho il cuore in gola, quando salgo l'ultimo gradino. Jason si ferma davanti ad una porta lungo il corridoio che ha un enorme poster di un gruppo rock attaccato sopra e bussa.
Nessuno apre e da qui non si sente nessun suono. Quel poster è già un brutto segno.
Sarà per caso un drogato? Un rocchettaro insensibile? Non so cosa aspettarmi. Qualsiasi cosa tranne quello che sto pensando ora. Vorrei semplicemente che fosse un ragazzo normale oppure uno di quei nerd timidi e silenziosi così non sarei costretta ad interagire con lui più del dovuto ma qualcosa mi dice che non sarà così.
《Che strano, è impossibile che dorma ancora》ammette poi bussa più forte,《Alex c'è una persona che voglio presentarti》conclude.
Credo che gli abbiano parlato di me, anzi spero, perché altrimenti dovrei farlo io e spiegare il perché sono qui mi risulterebbe difficile e dovrei ripercorrere tutti i momenti in cui mi sono resa conto di aver perso tutto.
Ad un tratto la porta si apre lentamente e...cavolo! Quello che temevo. Da dietro sbuca torreggiando sulla soglia, un ragazzo alto, moro, quel moro come il colore del legno, con un'acconciatura spettinata e qualche capello che gli ricade sugli occhi color nocciola (o caramello ora che si sposta alla luce), un filo di barba sul volto e il petto nudo; come se non bastasse, indossa solo dei boxer, alche arrossisco violentemente, ma non faccio ricadere il mio sguardo in basso. Noto invece che ha un piercing al sopracciglio e un tatuaggio tribale che per il momento non mi soffermo a guardare, sulla parte sinistra del petto e uno sul braccio, sebbene sia magro ha un fisico asciutto e palestrato, gambe toniche; somiglia molto al lui bambino della foto che ho visto. Non me lo ricordavo per niente, lui e i suoi genitori saranno venuti a farci visita quando eravamo piccoli o viceversa.
È bello, anzi, fin troppo, e so che vuol dire una sola cosa: vanesio.
Mascella pronunciata, sopracciglia folte e curate, labbra carnose, fisico scolpito; sfodera un sorriso smagliante, con denti diritti e molto curati (questo vuol dire che forse non fuma, non che abbia dei pregiudizi su chi fuma) sebbene capisco subito che è un sorriso piuttosto impostato, come lo è lui. Ma non sono qui per farmi piacere da lui. Forse neanche sa come comportarsi, è normale, non lo so nemmeno io.
Si poggia alla porta con nonchalance e sembra non curarsi del fatto che sia mezzo nudo. Io guardo da ogni parte tranne che lui, poi prendo a guardarmi le scarpe, come se fossero la cosa più interessante del mondo. Mi imbarazza e non posso neanche sperare di non essere diventata viola di vergogna perché so che è così.
Riesco comunque a vedere che prima guarda suo padre poi si sofferma su di me.《Ah, non credevo che arrivasse oggi; piacere, sono Alex》mi porge la mano affusolata ed io la stringo; ha una stretta forte e salda e una voce mascolina ma non troppo, adatta alla sua età, bassa e un pò roca. I suoi occhi nocciolati sono penetranti e profondi ma non mi fa per niente una buona impressione. Mi rivolge un secondo falso sorriso come se fosse un marchio di fabbrica, la sua dentatura perfetta lo rende affascinante ma non mi importerebbe lo stesso.
Ripeto nuovamente che non mi sembra uno di quei ragazzi simpatici, anzi, pare il tipico ragazzo da cui devi guardarti, colui che a scuola è considerato un dio greco, adorato dalle ragazze perché gioca in prima linea nella squadra di football. Sicuramente sarà così.
In effetti mi squadra dall'alto al basso.
Si crederà al di sopra di tutto.
Piuttosto scontato.
All'improvviso sentiamo un rumore di un oggetto che cade, proveniente dalla sua stanza. Io e Jason ci sporgiamo in contemporanea e notiamo una ragazza, anch'essa in intimo, che ci guarda stupiti, come se non si fosse nemmeno accorta di noi, nel mentre rumina rumorosamente una gomma da masticare; mi infastidisce. Si avvicina alla porta.
《Amore, chi è lei?》domanda con voce stridula e troppo alta verso di me, nel frattempo stringe i bicipiti di Alex con le sue unghie perfettamente limate e smaltate, guardandomi con aria di sfida, quel tipico sguardo di sufficienza.
Okay, sono più in imbarazzo che mai e arrossisco.
Jason guarda Alex in cagnesco e lui alza le spalle larghe come a volersi giustificare, sembra gli importi poco di ciò che è appena successo.
《Dopo facciamo due chiacchiere, adesso fai vestire lei e vieni di sotto》sbotta Jason e richiude la porta al posto di suo figlio.
《Scusa Samantha, mio figlio...beh quella è la sua ragazza, è odiosa》ammette in imbarazzo. Immaginavo fosse la sua ragazza, quello sguardo geloso e il modo in cui lo ha apostrofato lo confermavano. 
Io mi limito a sorridere cortesemente; meno di cinque minuti che sono qui e già mi sento un pesce fuor d'acqua.
《Dopo mi sentirà, gli avevamo detto del tuo arrivo, sapeva che saresti venuta oggi e ci eravamo raccomandati di farsi trovare presentabile e soprattutto senza altri ospiti》ammette sbuffando, sicuramente l'ultima frase era riferita alla bionda, magra quasi fa spezzarsi. Ma non voglio che si preoccupi di questo.
《Tranquillo, va bene così. Infondo sono io l'ospite》.
Lui mi sorride poi mi dà una pacca sulla spalla. Dopo il fugace incontro con suo figlio, mi mostra la mia camera che è esattamente di fronte a quella di Alex, quindi saremo divisi solo da una porta.
Perfetto!
Non avrei potuto pretendere una camera lontana da tutto e tutti, avrei preferito uno spazio solo per me ma farò del mio meglio per tenere lontano Alex, anzi mi sembra chiaro che lui farà lo stesso con me.
La osservo. È arredata con un letto da una piazza e mezza con sopra un enorme peluche a forma di orso, le lenzuola sono bianche e nere con degli enormi cuori sopra, ci sono due lampade appese al muro una da un lato e una dall'altro appena sopra il letto, quadri enormi e una scrivania bianca in vetro accanto al letto, mentre per terra un enorme tappeto circolare dall'aria morbida.
Di fronte un armadio bianco ad angolo e il lampadario è fatto con pezzi di vetro luccicanti.
Al muro i quadri rappresentano dei fiori e solo uno con dei cupcakes rosa. La stanza però verte sul beige e il bianco.
Sopra la scrivania, noto una piccola lampada a forma di S, che sta ad indicare il mio nome.
Devo dire che per avere un figlio maschio hanno buon gusto nell'arredamento della camera di una ragazza. La trovo accogliente. Quasi somiglia a quella che avevo prima.
《Ti piace? L'ho arredata io prima che venissi così che fosse già pronta, anche se non conosco i tuoi gusti, se c'è qualcosa che non ti piace possiamo cambiarla, sai ho la passione per le lampade》chioccia Megan osservando fiera il suo operato.
"Questo lo avevo capito" vorrei farle notare.《No è perfetta, grazie mille; non dovevi disturbarti》. Vorrei dire altro ma le parole mi muoiono in gola, non saprei cosa aggiungere e in ogni caso non potrò mai ringraziarli abbastanza per quello che stanno facendo per me.
《Per così poco? Per noi non è un disturbo》ammette.
《Okay donne, vi lascio sole》ammette Jason che lascia la mia valigia per terra e va di sotto, sembrava aver fatto un enorme sforzo mentre io credevo di non averci messo così tanta roba, solo l'essenziale.
Osservo ogni angolo per iniziare ad ambientarmi e sento un buonissimo profumo di vaniglia che proviene dal deodorante per ambienti nella presa elettrica. Ora che ci penso, dalla camera di Alex invece proveniva un nauseante profumo di donna, mischiato alla sua colonia.
《Voglio che tu ti senta come a casa tua Sam, sebbene so che sarà difficile, ma inizieremo dalle piccole cose》aggiunge con un tono di voce calmo, il suo modo di fare sereno, mi infonde tranquillità.
Devo dire qualcosa, qualsiasi cosa.
《Si, grazie》.
Banale!
Dovrò trovare delle argomentazioni durante il mio soggiorno qui.
Però mia madre è morta, mio padre è catatonico e io non posso pensare anche a cosa dire alle persone.
Mi prende le mani tra le sue, mi ricorda mia madre o forse è così che la voglio vedere. Mi manca terribilmente.《Non voglio farti pressioni o costringerti a fingere di stare bene perché so che non stai affatto bene e che ti senti triste, ma spero tu possa ambientarti presto qui e io farò di tutto per aiutarti》.
Quello che ha detto mi lascia un segno, è strano tutto ciò: lei è solo un'estranea, mi avrà vista quando avevo circa cinque anni o forse meno, non so chi sia e lei non sa chi sia io, non ci conosciamo, eppure mi ha accolta e vorrei solamente piangere sulla spalla di qualcuno e forse quel qualcuno potrebbe essere lei.
Ma per adesso ancora no.
Le prometto che proverò ad ambientarmi. 
A questo punto, anche lei mi lascia da sola, dicendo che vuole lasciarmi un minuto almeno per tranquillizzarmi, sistemare le mie cose ed osservare la mia nuova camera.
Non poteva fare di meglio!
L'ho già osservata da cima a fondo  pensando al fatto che dovrò passare in questa casa chissà quanto tempo, con un ragazzo che mi pare alquanto poco amichevole.
Basta pensieri, almeno per oggi.
Prendo il mio libro dalla valigia e lo poggio sulla mensola. Era il libro che stavo leggendo quella sera, mi concedo di piangere una sola lacrima.
Sono spaesata.
La prima cosa che faccio è stravaccarmi stanca sul letto con le gambe che penzolano fuori. Rimango in questa posizione per minuti ad osservare il soffitto e la  penombra, mentre il lampadario che contiene una specie di cristallo fa riflesso.
Chiudo per un momento gli occhi e per poco non cado addormentata, anche se è solo ora di pranzo, infatti dalla cucina sento provenire profumo di cibo, e spero che Megan non si impegni troppo solo per compiacermi.
Il cuscino però è talmente comodo che mi rendo conto di essermi appisolata solo quando una voce roca e ferma mi fa sussultare, risvegliandomi.
《Wow, mia mamma si è data davvero da fare!》.
Mi volto e vedo Alex fermo sulla soglia della porta.
Ora ha la maglietta anche se aderente. Troppo!
Credo voglia già mettersi in mostra.
Mi alzo di scatto dal letto, mi sento vulnerabile, non vorrei stare sull'attenti ma ancora non conosco niente di questa casa.
Lui entra in camera sicuro di sé e senza chiedere il permesso. Questa ora sarà la mia camera e non importa se è casa sua.
《I miei neanche ci entrano in camera mia.
Ma non posso dargli torto, ci faccio di tutto in quella stanza》si avvicina a me a distanza ravvicinata. Con una faccia mezza compiaciuta e un'espressione allusiva. Oh no! So che è in arrivo una di quelle frasi con un doppio senso.
《Vuoi sapere che cosa?!》propone.
Ecco, appunto.
Ti pareva che come fratellastro doveva capitarmi un rocchettaro, maniaco!
《No, esci subito da camera mia》sbotto allontanandomi il più possibile da lui, con la sua presenza riempie tutta la stanza.
《Wow, presuntuosa la ragazza!》ridacchia sghembo. Il suo sorrisetto furbo mi innervosisce.
《Neanche due minuti che sei qui e già mi dai ordini》insiste e continua a girarmi intorno come un avvoltoio.
《Tu invece dovresti mostrarti più accogliente》.
《Beh vieni in camera mia e te la dimostro la mia accoglienza》ribadisce con un ghigno tronfio; noto che si lecca le labbra.
È bello quanto stupido.
Io mi metto le mani davanti agli occhi:《non ci credo, sei davvero un maniaco, è già la seconda avances squallida e nemmeno mi conosci. Non so se hai capito ma noi due da questo momento in poi saremo tipo fratellastri; a letto con te non ci vengo...e poi sei fidanzato》metto da subito le cose in chiaro.
Lui ride forte, la sua risata ricopre tutto lo spazio intorno a me.
Ha dei denti bianchissimi e un sorriso largo, con un accenno di fossetta al lato destro. Non l'avevo notata prima. Gli conferisce un'aria più bambinesca ma gli dona.
"Sam, non è questo il punto, questo tizio ti ha appena offerto una proposta indecente dopo solo due secondi di conoscenza" mi ricorda il mio cervello.
《Fratellastri...neanche per sogno, tu sei solo una ragazza che sfortunatamente ha perso i genitori e io quello a cui sei capitata tra i piedi, non mi sognerei mai di venire a letto con te, erano solo battutine del cazzo piccola, calmati. Poi hai ragione, sono fidanzato quindi non farti illusioni...magari sarai tu quella che presto cederà al mio fascino》ammette senza un minimo di tatto.
Che stronzo!
Non credevo che una persona potesse essere tanto cattiva e priva di gentilezza nel dire certe cose.
Perdere i genitori è la cosa più terribile che possa capitare ad una persona e lui l'ha sminuita, come se fosse una presa in giro e non solo, ha continuato a fare allusioni. Non lo conosco ma Alex mi pare già una persona orribile.
Sento le lacrime agli occhi e la rabbia mi sormonta dentro, vorrei stampargli uno schiaffo proprio sul viso, ma questo non sancirebbe l'inizio di una buona convivenza anche se lo meriterebbe; ci mancava solo lui a peggiorare la situazione, non avevo bisogno certo di un presuntuoso che mi facesse sentire una cosa inutile, una ragazza a cui è capitata la peggior sfortuna del mondo.
Perché non me ne sono rimasta a New York?!
Devo rispondere alla sua provocazione. Sembra stia aspettando che lo faccia, anzi forse spera che mi sia intimorita ma non è cosi.《Non sperarci troppo pallone gonfiato, adesso lasciami in pace》gli grido contro stupendomi di me stessa. Spero che Megan e Jason non mi abbiano sentita. 
Lui evita di rispondere come se fosse rimasto interdetto, ma poi si allontana quasi compiaciuto e io evito di guardarlo. Sento la porta richiudersi dietro di me e la sua risatina contenta.
Credo avesse voluto solo farmi innervosire.
Okay, ho capito che Alex o mi renderà la vita un inferno oppure, sperando in questa possibilità, mi ignorerà fin quando sarà possibile.

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