CAPITOLO 30-GABRIEL POV 's

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<Non gridare> Mi avvicino a Greyson e lo afferro tra le braccia.

<Lasciami!> Sussulta, dall'esplosione delle mie ali dietro la schiena. <Voglio andare da loro. Mamma, papà, sono qui.>

Serro la presa, ignorando le sue grida e spicco il volo.

Greyson si dimena graffiando nelle mie braccia. All'improvviso gira la testa e addenta il mio braccio con forza.

Un dolore acuto mi toglie il respiro.
<No> urlo, e lo lascio cadere.

Greyson lancia un grido. Mi blocco furibondo. Il suo corpicino precipita al suolo come un sasso.

Smosso da qualcosa d'inspiegabile, mi stringo le ali contro il corpo e scendo in picchiata a salvarlo.

Sento degli spari provenienti dal cortile, e vedo la sua madre accasciata per terra, in fondo alle scale che guarda in alto...

Stendo le braccia e prendo il suo figlio al volo.

<No, io ti odio, ti odio, ti odio!>

Greyson piange e grida anche dopo, lontano da quel posto e dai suoi genitori...morti...
<Io ti odio!>

***
Sobbalzo in poltrona. L'ombra del passato rifiuta di abbandonarmi, continua a tormentarmi ancora.

Quel bambino che è cresciuto...diventato un ragazzo buono e meraviglioso, mi odia ancora e non si fida più di me.

Attraverso il velo nero che avvolge la mia mente, penetra il rumore della porta che si apre.

Confuso osservo Greyson entrare nella stanza. Che ci fa qui?

Ultimamente non mi rivolge la parola, tranne quando mi insulta.

<Beh, sembra sia stata una nottata dura per te> commenta sarcastico. La voce fredda e tagliente come la lama di un rasoio.

Lo guardo di sottecchi, in silenzio.

Lo sguardo triste e il volto gonfio per i colpi incassati.

Non si è coperto il taglio sulla fronte e i lividi sulla gola, ma non è grave.

Considerando contro di chi si è messo in testa di... fare a botte, direi che si l'è cercata.

È fortunato che non gli ho rotto le braccia dopo che mi ha assalito la scorsa notte.

A quanto pare, la morte di quella ragazza lo ha sconvolto...lo ha spezzato davvero, ed è un problema.
Un problema molto più grave di quanto pensassi.

C'è una calma inquietante nei suoi occhi, nasconde una rabbia incontenibile.

Mi sento come se avessi fallito con lui...si è come...spento.

Si avvicina e mette una tazza di caffè sul tavolino accanto.

<È un buon segno, sai. Forse c'è ancora qualche pietosa speranza per te...>

<Speranza per cosa, Greyson?>

<Cerca la risposta nel tuo cuore.> Ringhia tra i denti stretti. <Se ce l'hai... quel piccolo organo dentro di te, forse ti darà qualche indizio>

Ci metto un po' ad assorbire ciò che dice.
Ogni sua parola mi ronza in testa, ma non commento.

E allora Greyson esce dalla stanza, sbattendo la porta.

Più tardi scendo giù in cucina e perché dal momento che Greyson è diventato parte della mia esistenza, lo trovo ad apparecchiare.

Prima di sedermi a tavola, gli lancio un'occhiataccia.

La luce attratta dal buio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora