Libertà.

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A braccia aperte verso l'alto toccavo la pioggia che scendeva violenta dal cielo.
Avevo il viso bagnato, i capelli erano attaccati al corpo ed ai vestiti completamente fradici.
Il profumo della terra umida inebriava le mie narici; feci qualche passo avanti sull'asfalto scivoloso ed ad occhi chiusi assaporavo le gocce che ad una ad una mi entravano in bocca.
Non sentivo freddo, i brividi che provavo erano di emozione, commozione, un insieme di sentimenti aggrovigliati che avevo dimenticato di poter provare.
In realtà avevo dimenticato che cosa significasse essere una persona vivente; avevo dimenticato cosa fosse la vita.
In quella manciata di secondi non mi capitò di voltarmi indietro nemmeno una volta.
Lentamente passo dopo passo mi inoltrai verso il confine del grande giardino dell'ospedale.
Era strano che potessi essere lì a quell'ora di notte ad assaporare il vento violento sulla pelle.
Facevo fatica a tenere gli occhi aperti, ma a stento riuscii ad oltrepassare il grande cancello di ferro battuto che era all'ingresso.
Mi bastò premere un bottone per aprilo.
In quel momento rividi aleggiare in aria quella figura che mi aveva accompagnato nella mia fuga.
Mi sorrise e si dilaguò nell'aria.
Ero fuori.
Iniziai a correre senza sapere dove andare, ma quell'aria così fredda sul mio viso mi rese felice.
Ero libera.
Non avevo paura.
O forse sì?!


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