Capitolo 7. Rimorso.

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<Trouble, le voci girano, hai picchiato Travor Calligen?> mi domandò Kevin, mentre preparava un Cosmopolitan per il tavolo sei.
<Si, Kev. Mi ha provocato.> risposi, giustificandomi.
<Tu sai in che pasticcio ti sei cacciata?> disse preoccupato il moro, guardandomi per un attimo fisso negli occhi.
<Che mi mandasse chi gli pare, anche Al Capone. Se le meritava!!>
Ero furiosa!! Le donne non si toccano, anche se non ero poi così tranquilla quanto facevo credere. Sapevo che mi ero cacciata in un casino, sapevo di cosa era capace quell'omuncolo. Dovevo stare attenta.

La voglia di lavorare quella sera era pochissima. Il locale era pieno, ma tutto sommato tranquillo.
Il tempo sembrava non passare mai ed io non potevo fare a meno di proiettarmi a fine serata.
Billy si era infuriato di nuovo con me per la mia assenza ed io mi sentivo tremendamente in colpa, ma non potevo rinunciare a Michael.
La voglia di vederlo era enorme e l'attesa aumentava di gran lunga il desiderio.

<Avanti Trouble alza quel culone dalla sedia e vieni ad aiutarmi!!> mi ordinò sbraitando il vecchio Hank, che quella sera pensò che probabilmente non mi sentissi bene.

La mia testa era altrove e non riuscivo a smettere di fantasticare.
Per l'occasione indossavo pantaloni di pelle neri aderenti e cintura borchiata, un top scollato in pizzo nero con la pancia scoperta ed il mio immancabile giubbotto di pelle.

<Signor Hank posso andare via prima? Non mi sento molto bene?>
Dissi fingendo di avere mal di testa per finire il turno una decina di minuti prima della mezzanotte e così fu.

Non so come mai Hank acconsentì a quella richiesta; non era un uomo gentile e nemmeno misericordioso, ma sembrava che a me tenesse davvero.
Uscii dal Paradise e di fronte a me c'era la classe A di Michael ad aspettarmi.
Corsi in fretta verso l'auto e m'infilai al suo interno.
<Hey!> dissi a Michael mentre richiudevo la portiera.
Lui aveva il telefono tra le mani e goffamente scriveva un messaggio a qualcuno.
Era particolarmente affascinante quella sera: i capelli ricci spettinati, jeans neri strappati sulle ginocchia e camicia bianca un po' stropicciata ed arricciata sugli avambracci e la giacca nera di pelle, che completava il quadro in modo eccelso.

<Avanti Trouble, andiamo é tardissimo e devo risolvere anche un grosso problema adesso!> mi rispose lui, sempre preso a messaggiare.
<Cosa c'è Mike?> domandai preoccupata.
<Cloude é caduto per le scale e adesso siamo rimasti senza seconda voce e chitarra. Devo vedere come fare a...>
Esitò prima di continuare, mi fissò in silenzio per un paio di secondi, inarcò il sopracciglio ed esclamò:
<Tu!! Ma certo!!!> portandosi una mano alla fronte, dandosi un leggero buffetto.
<Io devo sostituire Cloude? Non conosco nemmeno un tuo pezzo!!> replicai sorpresa.
<Sono tutte cover di repertorio stasera e molte coincidono con quelle del tuo, quindi le conosci...>
<E quelle che non conosco?> lo interruppi subito.
<Non le facciamo!! È andata non puoi rifiutare!> tagliò a corto.
<Ma...> tentai di difendermi.
<Mi devi un favore ricordi?>
Con un sorrisetto malizioso mi zittì, non potevo assolutamente dirgli di no e non perché ero in "debito" con lui, ma perché non avrei mai potuto resistere ai suoi occhi ammalianti.

Dopo un po' mi trovavo dietro le quinte della "Camera 483" a provare qualche brano col resto della band prima di andare in scena.
Michael mi ripeteva che sarei stata la ciliegina sulla torta e che sicuramente grazie a me avrebbero avuto il doppio degli applausi.
Era un adulatore incredibile, ma non m'infastidiva, anzi, mi faceva sorridere.

Eravamo quasi pronti, quando d'un tratto la porta del nostro camerino si aprì bruscamente, così forte che urtò il muro. Una furia sulla soglia iniziò ad inveire contro il povero Michael seduto al pianoforte.
<Grandissimo stronzo! Come hai osato mancarmi di rispetto in questo modo!!> Gridò Jess sferrando schiaffi e calci al povero Mike e tirando su dal naso.
Michael si alzò e le bloccò le mani. A quanto pare anche quella gallina restava incantata da quello sguardo quasi ipnotico, tanto da fermarsi all'istante, perdendo la capacità di formulare altre parolacce o minacce.
<Sei impazzita?> ringhiò a denti stretti il ragazzo.
Tutti osservavamo la scena a bocca aperta, curiosi ed increduli.
<Tu, tu... mi hai tradito con quella!!> sbraitò in lacrime indicando me con il dito e con la voce rotta dal pianto.
Le mie gambe tremarono, sentivo che non avrebbero retto il mio peso e l'agitazione mi aveva bloccato la gola, non permettendomi di deglutire facilmente.
Guardai Michael negli occhi, anche il suo viso era stravolto.
<Cosa dici?> disse mantenendo la calma, anche se sono certa che il suo cuore in quel momento batteva forte, proprio come il mio.
<Anche io so suonare e so cantare ed invece di chiedermi di aiutarti, hai preferito che lo facesse lei!!> gli rispose lei, continuando a singhiozzare esageratamente, come se le fosse morto qualcuno.
<Lei conosce bene il repertorio!!> si limitò a rispondere Michael, palesemente infastidito da quella situazione.
Lei riprese ad agitarsi e si liberò dalla sua stretta.
< Tu non mi ami e non ti piace come canto!!> piagnucolò Jess, asciugandosi le lacrime con le mani ed incrociando le braccia sul petto, come fanno le bambine imbronciate.
Quella scena così ridicola mi fece sorridere e tornai ad accordare la chitarra, evitando di guardare quanto fosse patetica quella ragazza.
Tutti gli altri componenti della band, invece, continuarono a restare tutt'orecchi, perché nonostante fossero amici da tanto, Michael era così riservato da non.parlare mai della sua vita privata, laciando, così, un alone di mistero e curiosità.
<Puoi smetterla?! Usciamo fuori vieni...> le disse a bassa voce in un tono calmo e pacato, prendendole la mano.
In quel momento fui presa da un attimo di sconforto e di gelosia, che sentii il mio stomaco contorcersi dalla collera.
Non vedevo l'ora che tutta quella farsa finisse e che Michael finalmente prendesse una decisione.
Qualche minuto dopo il riccio tornò dentro e salutò con un bacio la ragazza, che accennando un sorrisetto soddisfatto, tornò di nuovo da dove era venuta.
Lui mi guardò negli occhi ed io distolsi lo sguardo, ero troppo arrabbiata per fingere che andasse tutto bene. D'altronde, però, io avevo acconsentito a quella situazione; lui mi aveva spiegato che non poteva lasciarla ed a me andava bene così.
Adesso dovevo assumermi le responsabilità della mia decisione ed era fuori discussione innervosirsi per nulla.

La serata andò come previsto, la mia collaborazione contribuì ancora di più a scatenare il pubblico, che sembrò in delirio.
Ero fiera e soddisfatta e avrei voluto saltare addosso a Michael dalla felicità, ma sapevo che tra il pubblico c'era Jess, che era rimasta per vedere quell'esibizione.
Quando lasciammo la scena, dietro alle quinte, si presentò a noi Jhonny Hamilton, un importante produttore e propretario di famosi locali sparsi per New York. Ci propose di lavorare per lui e questo sarebbe stato molto vantaggioso per i Red Devils.
Il manager e discografico della band, Victor Luis Norris nonché padre di Jess, fissò numerosi appuntamenti nei quali era prevista anche la mia presenza.
<Jhonny é rimasto entusiasta della tua collaborazione Trouble! Ci offre un contratto se resti coi Red Devils...> mi disse subito con tutta sincerità.
Io ero sorpresa, ma allo stesso tempo incredula ed indecisa.
Se avessi accettato avrei realizzato tutti i miei sogni, ma in compenso avrei abbandonato i No Name e Cloude sarebbe stato cacciato via dalla band, così di punto in bianco.
Ero divisa in due: la mia parte egocentrica ed egoista, mi spingeva ad accettare quell'offerta così succulenta e, poi, c'era la mia coscienza, che tormentava non solo la mia testa come un tarlo, ma anche la mia anima nascosta nel più profondo del mio cuore, facendomi sentire opportunista e sporca. 
<Ci devo pensare...> solo quello fui capace di dire.
"Ci devo pensare" significava per me affrontare la mia band e leggere nei loro occhi la delusione del mio abbandono; significava essere consapevole di aver fatto un torto ad una persona, anche se non la conoscevo affatto.
Dallo sguardo di Michael capii che forse lui aveva compreso la grandezza della frase che dissi di getto, senza riflettere e la mia coscienza si placò di fronte a quella decisione.
L'atmosfera di tensione fu accentuata dall'entrata di Jess che corse tra le braccia del "suo" amato fidanzato, che l'accolse a malincuore ed i pensieri ritornarono a frullarmi nel cervello, rattristando il mio cuore.

Tutta la serata che avevamo progettato si era dissolta nell'aria come fumo e la delusione prese il sopravvento.
Infastidita da tutta quella situazione raccolsi le mie cose ed, in men che non si dica, raggiunsi l'uscita e sparii dalla circolazione.

Il buio della strada non mi dispiaceva affatto, mi dava l'illusione che potesse rendermi invisibile agli occhi degli altri.
La mia camminata era veloce ed ad ogni passo, la mia mente si allontanava dalla realtà.
Rivivevo momento per momento quello che avevo vissuto poco prima e mi convincevo che non avrei mai potuto essere felice in quel modo.
Non avevo mai provato un rimorso simile e non mi piaceva sentirmi così.
Forse tutto quello che provavo era dovuto al fatto che tenessi a Michael più di quanto avrei potuto immaginare, ma in realtà ero troppo cocciuta ed orgogliosa per ammettere che lo amavo.

"Avanti Trouble, domani affronterai anche LUI." Pensai.
Doveva finire, dovevo chiudere con Mike.

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