Capitolo 38.Il gioco.

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Stringevo tra le mani la lettera di Billy che mi aveva consegnato l'infermiera pochi istanti prima.
Volevo leggerla immediatamente, mi sedetti sul letto nella mia camera e strappai con molta attenzione l'estremità della busta.
Lasciai che il foglio scivolasse velocemente e lo aprii.
La carta era macchiata d'inchiostro in alcuni punti e la scrittura era sbiadita, probabilmente il mio piccolo piangeva mentre mi scriveva ed io sapevo che la causa del suo dolore dipendeva solo da me.
Dietro le parole di conforto che leggevo su quel foglio, dietro le sue raccomandazioni, c'era la sofferenza e la preoccupazione che lo tormentavano e non potevo permettere che continuasse a farlo.
Quella settimana era la quarta lettera da parte sua a cui non rispondevo, non ne avrei più spedite fin quando lui non avesse smesso di piangere per me.
Ignorandolo speravo che il suo dolore si tramutasse in rabbia o in rassegnazione, speravo che potesse dimenticarsi di me.
Ripiegai il foglio in quattro parti e lo rimisi insieme agli altri in una scatola di alluminio in cui una volta ci tenevo i biscotti.
Uscii quasi correndo da quelle quattro mura asfissianti e mi avviai alla sala comune.
Mi sedetti ad un tavolo di fronte alla finestra, guardare il giardino mi avrebbe sicuramente aiutata a distendere l'ammasso di nervi accumulati al centro del petto.
Notai che quel giorno molti pazienti avevano visite,i tavoli erano stati quasi tutti occupati.
D'un tratto mi venne in mente che io invece da quando avevo visto Billy, Jerry e mia madre, non avevo più  ricevuto nessuno e non mi dispiaceva affatto.
Volevo restare lontano dal mondo, volevo chiudermi in quelle quattro mura e sparire dalla circolazione.
Rassegnarmi a quel destino sarebbe stato difficile, a breve avrei dovuto affrontare un'altra udienza quella che mi avrebbe tenuto imprigionata per un anno in quel inferno.
Ero finita.
Ogni notte credevo che non avrei rivisto l'alba ed ogni giorno al risveglio pregavo che fosse l'ultimo.
Mi sentivo abbandonata in una realtà che non era mia, logorata dalla disperazione e dai sensi di colpa.
Più passava il tempo più mi sentivo lontana anni luce dalla mia vecchia vita.
Mi mancava suonare, mi mancavano i ragazzi della band, mi mancava tornare a casa, ma più di tutto mi mancava Sam.
Non c'era notte in cui non compariva nei miei sogni e non c'era giorno in cui non era presente nei miei pensieri.
Chiusi gli occhi per un istante e una lacrima scivolò fuori e mi rigò la guancia.
L'asciugai con la manica della felpa e ripresi a guardare fuori.
Il cielo grigio pieno di nuvoloni preannunciava una tempesta.
Pensai che se avesse piovuto mi sarebbe piaciuto, la pioggia aveva per me un grande significato, per me era necessaria per spazzare via ogni cosa, sentimenti compresi.
Non c'era nessuno in giardino, ipotizzai per il troppo freddo ed in effetti uno spiraglio dell'infisso me ne diede la conferma, quando sentii sul volto l'aria fresca che entrava finemente.
Incrociai le braccia e le poggiai sul ventre, fissavo l'albero di fronte a me i cui rami erano strattonati dal forte vento.
Dopo un po' girai gli occhi al largo stavo per andarmene, quando da lontano lo vidi.
Quel ragazzo dai capelli scompigliati era poggiato al tronco di un albero non troppo distante dalla portafinestra da cui l'osservavo.
Tack mi mimò qualcosa, non capii all'istante cosa volesse dire.
Battei le palpebre ed ad occhi socchiusi cercai di leggere il suo labiale.
"VIENI QUI".
Automaticamente spuntò sul mio viso un sorriso ampio e sincero.
Spostai i capelli all'indietro e spedita mi precipitai all'esterno.
Con poche falcate riuscii a raggiungere il punto preciso in cui si trovava e mi fermai a pochi centimetri da lui.
«Ciao bambolina...»
Lo guardai stranita, i suoi occhi splendevano sotto la luce bianca tipica di quel grigiore.
Le sue iridi adesso apparivano come pozze nere, profondi in cui affondarci dentro.
Fui immersa in quello sguardo per una bella manciata di secondi, senza riuscire a proferire parola.
«Sono qui perché credo di doverti ringraziare, Tack. Probabilmente senza il tuo intervento sarei morta.»
Sparai in fretta, quasi logorroica.
«Non sei uscita per questo...» M'interruppe spavaldo.
«Ah, si? E dimmi perché secondo te sono qui di fronte a te?!»
«Ti annoiavi profondamente lì dentro e io credo di poter rendere i tuoi piani un po' più movimentati, tesoruccio...»
Mi accarezzò una guancia con un solo dito e quello per me fu un vero e proprio invito a nozze.

TO BE CONTINUED...
*DLIN DLIN*
SCUSATE LA MIA LUNGA ASSENZA, SONO TORNATA...
BUONA LETTURA A TUTTI VOI <3

Trouble.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora