Capitolo 27. Ultima notte.

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Ultima notte a Las Vegas.
L'ultima notte per chiudere i conti con una parte di me, che in pochi giorni era venuta fuori, per la prima volta, dopo vent'un anni.
Mi alzai dal letto in punta di piedi per non svegliare il biondino al mio fianco, che per tutta la notte mi aveva tenuto compagnia, un'ottima compagnia.
Alcuni flash balzavano ancora nella mia mente: il suo corpo sudato che armoniosamente si muoveva sul mio; la sua lingua sulla mia pelle; il suo sapore salato sulle mie labbra e quel profumo fresco di mare, inebriava ancora il mio olfatto.
Mai in vita mia avevo scopato così bene.
Forse l'effetto dell'alcool mi aveva reso quel momento ancora più eccitante, ma l'immagine della sua testa tra le mie gambe ed il modo affamato in cui aveva leccato il mio sesso, mi faceva rabbrividire.
Ero soddisfatta.
Nuda, mi avviai verso la grande vetrata. Non avevo idea di che ora fosse, fuori era ancora buio, ma le luci abbaglianti dei lussuosi casinò che illuminavano la street, rendevano tutto più vivace ed allegro.
Anche se io, proprio non riuscivo ad essere felice in quel momento.
Probabilmente di lì a poco sarebbero spuntati i primi raggi del sole e mai come in quel istante desiderai che sorgesse anche nella mia vita.
La paura di quello che sarebbe venuto, l'angoscia del mio futuro prossimo, mi attanagliava le budella.
Chissà cosa sarebbe successo una volta tornata a casa?
Il solo pensiero che avrei dovuto tornare ad affrontare la vita che avevo lasciato a New York, quella realtà così desolante sempre più lontana, che sembrava non mi appartenesse più.
Forse avrei potuto accettare la proposta di Arthur, era la cosa più giusta da fare, più giusta per me, per il mio egoismo.
Ma, dopotutto, anche Las Vegas cominciava a starmi stretta e di nuovo mi ritrovavo con le spalle al muro, con la voglia di cambiare, senza avere i mezzi a disposizione per farlo.
Presa dai miei mille pensieri alzai lo sguardo al cielo blu e i miei occhi si persero nell'oscurità della notte.
Mi stesi sul divano lì vicino e con lo sguardo fisso nel vuoto, cercai di idealizzare la vita perfetta che avevo sempre desiderato.
Una carriera, il benessere mio e della mia famiglia, soldi, tanti soldi e forse chissà un uomo, l'amore.
L'immagine di me con un bambino ed un marito mi fece ritornare alla realtà.
Quella non era la vita che immaginavo per me stessa, assolutamente.
Mi rimisi in piedi, avevo finito il tempo a disposizione per fantasticare.
Cercando di fare meno rumore possibile mi diressi verso il bagno e mi chiusi la porta alle spalle.
Avevo bevuto così tanto, che avevo cacciato più acqua io pisciando che le cascate del Niagara.
Seduta sulla tazza guardavo il mio riflesso nelle piastrelle di vetro dietro la Iacuzzi.
Non avevo un bel aspetto, ma la mia pelle era più rilassata.
Era proprio vero, scopare riavvia i sensi e fa bene alla salute sia fisica, ma anche mentale.
Mi alzai non appena mi accorsi che le gambe cominciavano a farmi male per il formicolio, mi si erano addormentate.
Ci vollero qualche minuto prima che si risvegliassero del tutto e poi finalmente senza pensarci troppo mi catapultai sotto la doccia.
Avevo ancora sonno, ma sentivo il bisogno di sentire l'acqua calda che lavasse via un po' di quell'ansia che ogni tanto si risvegliava dentro di me.
"Non devi pensarci."
Ripetevo a me stessa, ogni volta che quella bastarda della mia coscienza mi ricordava che avevo  ancora tanta merda da spalare via dalla mia vita.
"Non devi pensarci"
Mi dicevo ancora, quando davanti agli occhi si palesava la paura di perdere tutto.
"Non devi pensarci."
Sussurrai un'ultima volta alla mia anima tormentata ed ad occhi chiusi lasciai che il calore avvolgesse ogni singola cellula del mio corpo.
<Ah, sei qui zuccherino!!>
Sobbalzai per lo spavento e sgranando gli occhi, non potetti fare a meno di sorridere a quella vista meravigliosa.
Davanti a me si ergeva una montagna di un metro e novanta tutto muscoli, ormoni e sesso.
Thomas, il biondino super dotato mi sorrideva ammiccante, a braccia incrociate poggiato alla porta scorrevole di vetro della doccia.
<Allora, che dici posso entrare?>
<Ti serve un invito scritto?>
<Assolutamente no!>
Entrò prepotente, schiacciandomi col suo peso contro le piastrelle fredde schizzate d'acqua.
<Eh no"zuccerino", qui comando io!>
Lo afferrai per la gola e con una leggera pressione feci in modo che  ed  lui si trovasse spalle al muro.
Di tutta risposta il biondino mi tirò i capelli e la mia testa automaticamente finì all'indietro. Sentii i suoi denti ficcarsi sul mio collo.
Il dolore di quel morso era intervallato da attimi di piacere che la sua lingua mi dava.ogni volta che percorreva il cerchio perfetto del segno che mi aveva lasciato.
Una mia mano si infilò tra le sue gambe, mentre con l'altra mi reggevo a.lui cercando di non perdere l'equilibrio.
L'acqua mi appannava i sensi e mi confondeva, non riuscivo ad aprire gli occhi.
Sentivo i suoi respiri affannati ogni volta che muovevo più veloce la mia mano stretta sul suo membro.
La sua.bocca si posò avida sulla mia e in un movimento secco mi ritrovai girata col viso contro il muro, sorretta da lui per le natiche mentre entrava ed usciva dentro di me.
Le spinte erano così forti e veloci, da farmi perdere la forza nelle gambe, che sembravano essere fatte di pasta frolla.
Non mi resi nemmeno conto che avevo iniziato a gridare ero vicina, molto vicina all'orgasmo, forse il più bello di tutta la mia vita.
L'acqua che continuava a scorrere prepotente dalla cascata artificiale mi entrava in bocca, per quanto ne so avrei potuto morire affogata, ma nulla nulla in quel momento poteva distogliere la mia attenzione dai gemiti di lui e dalle sue mani che esploravano i miei seni, le natiche e il centro del mio piacere.
<STO ARRIVANDO!>
Solo quello riuscii a dire.
Le orecchie iniziarono a fischiare.
Senza sapere come mi ritrovai faccia a faccia con lui con le braccia sulla mia testa raccolte in una sua mano, mentre con l'altra continuava a stuzzicarmi il  clitoride.
Stavo per esplodere.
Lo guardavo mentre godeva della mia vista, vedermi vulnerabile in quel momento probabilmente lo eccitava.
Raccolsi le mie gambe intorno ai suoi fianchi, mentre Tom continuava a penetrarmi, stavolta con molta meno forza. Stava venendo anche lui.
Tutto il mio corpo iniziò a contorcersi dagli spasmi che mi percorrevano tutta.
Lui mi lasciò cadere sulle ginocchia, esausta. Dopo poco fece lo stesso anche lui.
Avevamo raggiunto l'orgasmo.

<Devo dirti la verità, che scopata!>
Mi urlò Thomas dal bagno.
Io ero già sul letto coi capelli gocciolanti con in dosso solo una maglia grigia larga, come pigiama.
Non risposi, non mi andava di parlare. Avevo bisogno di dormire.
<Hey, che fai? Ti riaddormenti?>
<É stato da sballo Tom, ma adesso non ho più voglia di giocare. Sono stanca, rivestiti e va via. Tra un po' devo lasciare la stanza.>
Mi alzai disinvolta spazzolandomi i capelli ancora bagnati.
<Ma come, così mi saluti? Dimmi che ci rivedremo, almeno!>
Mi afferrò per un braccio, fissando attentamente i  mei occhi gelidi più del ghiaccio.
<Vuoi una bugia o una verità?>
Patetico, lo trovavo davvero patetico.
Ci eravamo divertiti, avevamo fottuto divinamente, ma basta. Adesso doveva togliersi dalle palle.
<Non lo so, qualcosa che mi faccia meno male.>
<Ci vediamo presto...>
Mi avvicinai a lui e gli posai un bacio innocente e distaccato sulle labbra. Mi scappava da ridere, dopotutto prendere per il culo la gente era una mia specialità.
<Questa é la bugia, vero?>
Annuii, era più sveglio di quanto pensassi.
Si infilò velocemente i pantaloni e scaltro si avviò alla porta, reggendo su una spalla il resto del completo da sera che indossava la sera prima.
< Beh, é davvero un peccato...>
<Già!>
Mi accarezzò una guancia malinconico, ma gli bastò un mio solo sguardo per capire che era arrivata l'ora di togliere le tende.
<Allora addio Leyla!>
<Addio!>
Gli aprii la porta gentilmente e pochi istanti dopo il giovane super dotato biondino scomparve a malincuore dietro di essa.

Finalmente sola.
La pace ed il silenzio di quella suite che mi aveva ospitato per tre lunghi giorni, sembrava consolarmi.
In fondo mi dispiaceva lasciare quel mondo e tutto quello che ne faceva parte.
L'agiatezza, lo sfarzo, la bella vita... Arthur e perfino Ramon.
Chiusi gli occhi e poggiai la testa sul morbido cuscino ricoperto dalla federa soffice di seta nera.
Mai avrei potuto dimenticare quei giorni.
I ricordi mi affollarono la mente, una parte di me restava ancorata a quel posto, in cui la mia irrazionalità aveva fatto i conti con la ragione.
Quel posto che mi aveva mostrato un nuovo mondo, un nuovo modo di vivere, che aveva plasmato il mio essere, mostrandomi una nuova me.
Una nuova Trouble.

*DRIN DRIN*
Buonasera tesori, carissime mie lettrici...
Mi scuso con tutte voi per l'attesa, ma ho avuto dei problemi familiari abbastanza seri, che non mi hanno permesso di scrivere.
Sono stata davvero molto angosciata e la mia tristezza si riversava su tutto quello che facevo, motivo per il quale ho scelto di non scrivere TROUBLE, evitando così che potessi contagiare la storia col mio cattivo umore.
Mi dispiace di aver deluso le vostre aspettative e spero di poter recuperare un po' della vostra fiducia poco per volta.
Vi voglio bene e come sempre vi auguro BUONA LETTURA e BUONANOTTE <3

La vostra Anna.

Trouble.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora