Capitolo 11. Follia.

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La delusione di Michael mi aveva colpito nel profondo.
Non riuscivo a pensare a quanto fosse stato stronzo e senza palle.
Più ricordavo ogni istante che avevo vissuto la sera prima, più mi convincevo che non era affatto l'uomo per me.

Quella giornata era buia, il cielo grigio e le strade stra-colme di neve, non miglioravano il mio umore.
A lavoro ero più taciturna del solito e la serata precedente mi aveva chiuso ancora di più il cuore.
<Allora Trouble, da dove deve venire questo caffè?> si lamentò sprezzante Bob Fringer, il camionista burbero e maschilista, che tutte le mattine veniva al caffè.
Già non nutrivo molta simpatia per quella palla di lardo pelata ed unta, ma quella mattina non riuscivo proprio a sopportarlo.
Mentre stavo per scattare in una delle mie scenate acchiappa brighe, Sam mi afferrò per un braccio e al posto mio portò il caffè a "palladilardoBob".
Dovevo assolutamente mantenere la calma, non potevo giocarmi il posto e Sam mi stava sicuramente aiutando.
<Stai tranquilla Trouble, stasera resto io qui al tuo posto. Va a casa con Billy.> Mi disse lei con un sorriso consolatorio.
Da quando aveva saputo di Michael, cercava sempre di rendermi le cose più facili, perché, anche se io le avevo detto che non mi pesava la rottura, lei sapeva che non era affatto vero.
<No Sam. Ti ringrazio, ma stasera non mi va di stare a casa.>
Avevo voglia di sfogarmi un po', di rivoluzionare un po' la serata.
Dovevo tornare ad essere quella di prima e per farlo avevo bisogno di sballarmi.

Quella sera al caffè c'era la serata disco. Il vecchio Hank non sapeva cos'altro inventarsi per tirare avanti, ma così facendo le cose gli stavano andando veramente bene.
Il locale era pieno di ragazzi e l'alcool era l'ingrediente fondamentale per far funzionare il tutto.
<Hey biondina, un altro Black Davil...> mi chiese mezzo ubriaco un bel fusto, alto, attraente e muscoloso.
<Ecco fatto, uno a te ed uno a me!> risposi porgendogli il bicchiere traboccante di rum.
<Sei fantastica!> mi disse mentre i suoi occhi scintillavano dal desiderio sfrenato di dominarmi.
Non ero per niente fantastica, ero solo ubriaca.
Sentivo sprigionarsi dentro di me l'ebbrezza dell'alcool, che mi offuscava la mente al tal punto da rendermi allegra e totalmente spensierata.
Iniziai a ridere vedendo la faccia inebetita del tizio che avevo davanti, che era rimasto incantato dalla mia bellezza.
<Ti prego balla per me Dea...>
Continuò restando con gli occhi lessi fissi su di me.
Non me lo feci dire due volte salii sul bancone ed iniziai a ballare facendomi trasportare dalla musica.
Bastarono pochi minuti per attirare l'attenzione di tutti, anche del Dj che dall'alto della sua console sceglieva le canzoni più sensuali per lo spettacolo.
Tutti esultavano ad ogni passo che facevo con una movenza sexy e passionale da far perdere la testa anche al demonio.
Ed in effetti mi sembrava di essere all'inferno, in mezzo a tanti demoni imbestialiti, divertiti dalla lussuria che si respirava nell'aria.
Riuscivo a percepire i loro ormoni e la voglia di possedermi.
Mi piaceva sculettare davanti ai loro occhi e vedere che ero io ad avere il controllo della situazione.
Uno di loro mi posò la mano sul sedere ed io lasciai che lo facesse.
Avevo proprio voglia di divertirmi e di spingermi più in là.
Scesi al suo stesso livello piegandomi sulle ginocchia.
Eravamo faccia a faccia e con avidità lo baciai, mettendo in mostra la lingua, che si muoveva senza sosta.
Lui mi prese in braccio ed io portai le gambe intorno ai suoi fianchi.
Avrei potuto farmelo lì davanti a tutti.
La gente guardava eccitata quella scena e non credeva ai suoi occhi.
E proprio nel momento clou sentii qualcuno tirarmi via da quelle braccia possenti e scaraventarmi a terra.
Infuriata per il disturbo mi alzai: il tizio che mi aveva interrotta stava facendo a pugni col troll rimbambito che stavo baciando.
Non curante della situazione mi risistemai la gonna ed uscii fuori a prendere un po' d'aria.
La botta col pavimento mi aveva destabilizzato. Dovevo essere sbronza tanto, mi girava tutto intorno e la vista era appannata.
Mi sedetti sui gradini della scala all'ingresso ed ebbi un rigurgito, stavo per vomitare.
Sentii la porta sbattere ed il tizio babbeo, inciampare sui gradini e per poco non mi finì addosso.
Kevin mi prese per un braccio e mi trascinò di nuovo dentro, con il labbro grondante di sangue. Era stato lui a fare a botte.
<Che cazzo ti salta per la testa eh?> disse rabbioso, mentre continuava a strascicarmi verso l'ufficio dipendenti.
Quando entrammo nella stanza il signor Hank era lì seduto sulla sua poltrona in finta pelle.
Mi guardava indiavolato con gli occhi che gli uscivano fuori dalle orbite.
Non ebbi il tempo di dire nulla che subito parlò.
<Sei licenziata!>
Kevin era stravolto non avrebbe mai pensato ad una cosa del genere.
Non mi uscirono le parole, mi scappò solo un sorrisetto e, poi, mi vennero in mente tutte le cose che avevo passato, fatto ed assecondato per il signor Hank.
Avevo sbagliato quella sera, sicuramente, ma lui era proprio un vecchio bastardo.
Mi liberai di tutto quello che avevo accumulato negli anni.
Gli alzai il dito medio e con non chalance andai via.
Ero troppo brilla per riuscire a pensare alle conseguenze di quella decisione.
Mi avviai verso casa barcollando, stavo davvero male.
Al primo angolo della strada vomitai e mi sentii subito libera da quel peso che mi aveva quasi schiacciato.
Per la prima volta una lacrima rigò il mio volto. Non ero triste no, ero incazzata e dovevo liberare la bestia feroce che era in me.
Così tra i bidoni dell'immondizia trovai una mazza di ferro, molto forte e resistente e ,con la mia nuova amica, decisi di far visita a Michael.

Camminai per due isolati.
Era notte fonda e tutto taceva. Arrivai sotto casa sua, la sua macchina era parcheggiata nel vialetto che portava all'entrata della villetta a schiera.
Scavalcai il muretto e mi avviai alla sua classe A.
Con tutta la forza e la rabbia che avevo dentro sferrai il primo colpo sul vetro anteriore, che si frantumò in mille pezzi.
La sirena dell'antifurto iniziò a suonare.
Intanto io colpivo l'auto a più non posso, distruggendola.
Uscii dall'abitazione Michael, che appena mi vide si bloccò senza riuscire a muoversi e lo seguì Jess, che invece ebbe la reazione contraria.
Mi afferrò da dietro e mi buttò a terra, seguita da lei che cadde su di me.
<Stronza!! Puttana!!> esclamò mollandomi ceffoni a ripetizione in faccia.
Accusavo i colpi senza sentire dolore, l'afferrai per il collo e con una cattiveria che non mi era mai appartenuta cominciai a stringere sempre più forte.
Se non fosse stato per Michael, che riuscì ad allontanarmi dalla "gallina", l'avrei uccisa.
Lei giaceva in lacrime, in ginocchio tossendo forte ed io mi divincolavo tra le braccia strette di lui.

<Smettila Trouble!> Gridò Mike disperato.

Poi io mi allontanai da lui con tutte le mie forze sfuggendo da quella stretta.
Rimasi immobile a fissarlo, coi capelli spettinati e il viso graffiato.
Mi sentivo tremendamente in colpa, ma se l'era meritato.
Lui ignorò le grida di Jess che imprecava affinché lui mi mandasse via a calci in culo.
Invece si avvicinò e mi aiutò ad alzarmi da terra, senza spezzare lo sguardo fisso nel mio.

<Perché?> mi disse con voce profonda.
Nel frattempo Jess rimase stravolta e stranita da quel legame tra noi che sembrava più forte di una semplice amicizia.
<Perché ti amo...> dissi tutto d'un fiato con un filo di voce, poi lo lasciai lì a sentire le domande e le grida di Jess, che pronunciava insulti a non finire contro di me.

Correvo forte, non mi sembrava reale quello che avevo appena fatto.
Avevo sempre saputo di essere pazza, ma non a questi livelli.
Dovevo solo sperare che Michael non mi denunciasse e che non l'avevo messo nei guai con Jess, ma ormai avevo combinato un bel pasticcio.

Quando tornai a casa erano le quattro del mattino.
A piedi nudi salii le scale del mio palazzo, avevo perso le scarpe durante la rissa.
Quando arrivai al quinto piano, fuori alla mia porta mi accasciai lì davanti.
Ero distrutta e senza bussare, mi addormentai sulle scale.

Il giorno dopo mi svegliai grazie agli schiaffetti e all'acqua che Sam e Billy mi avevano buttato sul viso.
Sentivo un odore di alcool mischiato al vomito, che mi fece voltare ancora di più lo stomaco.
Sam mi parlava, ma non riuscivo a rispondere. Volevo solo dormire.
Con tutta l'energia che aveva mi trascinò dentro, mentre Billy continuava a schiaffeggiarmi per farmi rinvenire.

<Che cazzo hai fatto, stronza?!> Gridò Sam.
<So-no ubria-ca. Non lavoro oggi...>
Avevo troppo sonno.
Billy si mise steso al mio fianco con la testa poggiata sul mio petto e Sam preoccupata, chiamò il pronto soccorso.

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