Capitolo 22. Lo specchio.

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Mi svegliai ed una fitta alla testa mi trapanò il cervello, tanto che il  dolore era martellante  avrei voluto staccarmela e buttarla via dall'ultimo piano.
Aprii gli occhi lentamente, ci misi un po' per focalizzare dove fossi, vivevo tutto al rallentatore era una sensazione bruttissima.
Mi girai dall'altra parte, portandomi la mano gelata alla fronte, con la speranza che quel freddo mi desse un po' di sollievo, come il ghiaccio su una ferita.
La vista era ancora appannata.
Un bruciore mi trapassò la mano, era davvero insopportabile.
Mi misi dritta con la schiena poggiata al materasso.
Avevo freddo fin dentro le ossa e realizzai che in effetti ero nuda in quel letto e non ero sola.
Mi girai di scatto non appena intravidi con la coda dell'occhio una figura vicino a me.
Mi misi seduta al centro del letto, tirando a me il pezzo di stoffa, per coprirmi alla meno peggio.
Che cazzo avevo combinato? Perché Arthur era lì sdraiato mezzo nudo al mio fianco?
Mi guardai intorno quella camera sembrava un letamaio, presa dal panico iniziai a scuoterlo forte, mentre il sangue pulsava violento nelle vene.
Dopo un po' di tempo il bello addormentato aprì gli occhi intontito.
Era tranquillo, con un braccio dietro la testa e le gambe aperte e spaparanzate.
Sembrava stanco, ma il suo sguardo era interrogativo, poi strofinandosi gli occhi arrossati dal sonno parlò.
<Vedo che ti sei ripresa...>
Ripresa? Proprio non riuscivo a ricordare che cazzo avessi fatto la sera prima.
I miei ricordi si erano bloccati al rientro in camera.
Avevo bevuto, anche tanto e mi vergognavo veramente tanto.
<Che cosa diavolo mi hai fatto ieri?! Mica abbiamo...>
Non riuscii a continuare la frase.
Era davvero imbarazzante e sicuramente in quel momento sembravo una stupida davanti ai suoi occhi.
Chissà cosa avevo detto o fatto, per portarmelo  a letto. Quella era la figuraccia del secolo.
Arthur mi guardava assonnato e non curante di quella situazione.
Aveva la faccia di uno che aveva stremato le energie ed ogni cosa sembrava superflua ed inutile in quel momento.
Si poggiò alla spalliera del letto, strofinandosi ancora una volta gli occhi ed incrociando le mani sul quel petto così definito, che per un attimo sperai che  la sera prima l'avessi esplorato per benino.
<Certo che sì. Abbiamo scopato e a giudicare da come urlavi hai gradito anche tanto!>
Spalancai la bocca, non ci potevo credere, non ricordavo un cazzo di niente.
<Stai scherzando?>
Mi portai una mano alla tempia cercando di massaggiarla, stava esplodendo, mentre con l'altra mantenevo fermo il lenzuolo che mi copriva.
<Io non ricordo nulla...>
Continuai a dire a voce bassa.
Sgranai gli occhi guardando un punto fisso e cercando di fare mente locale.
Niente. Il vuoto.
<Ci credo...>
Scese dal letto e con tutta la calma del mondo, raggiunse il comodino di fianco a me, lo aprì e prese dal cassetto una manciata di pillole, che mi avrebbero aiutato a sopportare quell'odioso mal di testa post sbornia.
<Hai finito tutta la mia scorta di alcolici... senza contare che mi hai devastato la stanza.>
Ancora una volta mi guardai intorno e sconcertata pensai a come cavolo avessi fatto a ridurla in quello stato.
Mandai giù le pillole che tenevo nella mano ferita dolorante e con un solo sorso d'acqua le ingoiai. Chiusi gli occhi ed alcune scene mi apparvero nitide, come sogni.
Le bottiglie vuote, lo specchio, 'FOTTITI' sulla vetrata, il battere dell'acqua sui vetri della doccia e le sue braccia che.mi reggevano strette.
Volevo sparire dalla vergogna.
Mi portai una mano alla fronte rassegnata e tenni la testa bassa.
Mi ero giocata tutto.
La carriera, i soldi, un futuro.
<Mi...dispiace...>
Farfugliai lentamente, controllando le lacrime che sarebbero uscite a fiumi, ripensando a quel fallimento.

<<Dispiace più a me per le
Testoni di alligatore, ridotte a un sacchetto per il vomito... ma pazienza, dirò a Ramon di ordinarne delle altre...>
Disse spavaldo, continuando ad infierire sulla situazione.
Aveva ragione, mi meritavo di sentirmi una merda, lo ero a cento per cento.
Era chiaro che si aspettasse una reazione da parte mia, che non arrivò mai.
Continuavo a fissare il pavimento, pensando e ripensando a quello che avrei potuto  essere, alla grande donna che sarei potuta diventare ed invece ero uno schifo, un disastro.

<<Possiamo rifarlo da sobria de ti va...>>
Non riuscii ad afferrare il suo discorso a pieno. Ero così assorta nei miei pensieri che non.mi accorsi nemmeno che si era avvicinato a me.
Mi alzò il mento con un dito e quando i nostri sguardi si incrociarono Arthur capì che non avevo più voglia di scherzare.
<Piccolina... ma cos'hai?>
Il mio viso era tra le sue mani e la sua espressione era confortante, compassionevole, umana.
Girai la faccia dall'altro lato, avevo un macigno sul cuore troppo grosso da sopportare.
<Niente...>
Risposi continuando a fissare il pavimento.
Sfilai il lenzuolo dal letto e mi alzai avvolgendomelo intorno al corpo.
Arthur non avrebbe mai capito, non poteva.
Lui apparteneva ad un altro mondo, completamente diverso dal mio.
<Sul serio Arthur, vado a casa, chiamo Jerry e cercherò di ripagarti tutto.>
Le mie spalle erano rivolte a lui.
Proprio non riuscivo ad incrociare quello sguardo.
Mi sentivo davvero uno schifo, sia emotivamente che fisicamente.
Non riuscivo più a reagire, mi stavo seppellendo con le mie mani.
Dopo quell'episodio sarei tornata a casa e mi preparavo mentalmente a sopportare gli occhi delusi delle persone che amavo, che avevano riposto la loro fiducia in me.
*TO BE CONTINUED...*
BUONANOTTE A TUTTE, CONTINUO DOMANI SONO STANCHISSIMA :*
KISS KISS <3

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