Capitolo 20. Senza lacrime.

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Sentivo che tutte le mie convinzioni, tutti i miei valori, ogni cosa stava per crollare davanti a quell'uomo, che ardeva dalla voglia di possedere ogni centimetro del mio corpo e non potevo negare di volere la stessa cosa.
Non avevo mai provato una sensazione del genere, non ero mai stata così attratta da un uomo in questo modo, a parte Michael con cui avevo un trasporto anche emotivo oltre che fisico.
<Se entro tre secondi non mi dai la mia cravatta, la userò come corda per legarti.>
Era divertito e la sua provocazione fu per me pane per i miei denti.
<Ah si? E se invece fossi io a legare te? Ti piacerebbe Mr.Lewis?>
I miei occhi erano sempre puntati su di lui, sentivo il sangue pulsarmi nelle tempie.
Non sapevo per quanto avrei potuto resistergli.
Ma fu lui a cedere per primo.
Mi afferrò per il mento e senza esitare mi baciò. La sua lingua cercava la mia e le sue mani iniziarono ad esplorare il mio corpo.
Avevo la pelle d'oca, ad ogni tocco la sentivo rigenerarsi.
Iniziai a spogliarlo, la giacca cadde ai suoi piedi.
Lo afferrai per le spalle, avevo voglia di scoprire ogni singola parte del suo corpo statuario.
Con tutta la mia forza lo spinsi all'indietro contro il muro.
Non riuscivo a separarmi da lui, il mio corpo aderiva al suo.
Eravamo così vicini da sentire la sua erezione premere sulle mie gambe e il suo respiro affannato sulla mia bocca.
Lo desideravo così tanto, da non riuscire a frenare i miei istinti animaleschi.
Presi il suo labbro inferiore tra i denti e lo morsicai, mentre lui gemeva e mi toccava con foga.
Quello non era sesso, era una lotta: uno di noi doveva predominare sull'altro.
Fu così che Arthur riprese il comando della situazione.
Con un movimento rapido e brusco mi scaraventò di nuovo contro il muro.
Sussultai, ma il fremito incombente tra le gambe mi impediva di replicare.
Avrei fatto di tutto per averlo dentro di me.
Prese il mio viso tra le mani e mi guardò fisso negli occhi, mentre io tentavo di sbottonargli la camicia.
Non avevo voglia di parlare in quel momento.
<Ho giurato a me stesso che non l'avrei fatto... L'ho giurato a Veronica!>
Sgranai gli occhi, ci fu un istante in cui non riuscii a capire chi cazzo fosse questa Veronica e che cosa centrasse in quel momento, poi ricordai.
La dottoressa, la donna del quadro, colei che aveva rubato il suo cuore arido.
<Credi che se a lei importasse davvero qualcosa di te, saresti qui adesso?>
Quella domanda mi uscì tutta d'un fiato, ero la migliore a spiattellare la realtà in faccia alla gente e la peggiore ad accettarla.
Quella domanda era stata il mio tormento ed ogni volta che pensavo a Michael, il mio cuore sembrava essere attraversato da mille lame appuntite.
Per un attimo mi pentii di essere stata così dura, vidi palesemente il suo volto cambiare; così per rimediare al danno  posai di nuovo la mia bocca sulla sua.
Era meglio non parlare.

<Ringrazia...Veronica ed il suo...menegreghismo...>
Disse tra un bacio e l'altro, poi continuò affannato.
<Altrimenti tu non saresti stata qui...adesso... e non avresti... avuto il privilegio... di assaggiare il tuo...direttore!>
Presto mi accorsi che anche Arthur era campione mondiale di cattiveria gratuita, senza provare pietà.
Eravamo pari, ma quelle parole colsero nel segno e mi toccarono l'anima.
Rimasi ferma, immobile, pensando che ancora una volta ero con un uomo che apparteneva ad un' altra.
Ancora una volta ero un gioco.
Non potevo permettergli di trattarmi come le sue troie.
Arthur aveva bisogno di una lezione, perché evidentemente non aveva imparato nulla dalla sua amata dottoressa.
Nella mia mente si palesò la vendetta, mentre lui ignaro continuava a cercare di spogliarmi.

<Bene Arthur, hai ragione tu...
Io ti voglio almeno quanto tu mi vuoi...>
Mi slacciai il corpetto e me lo lasciai cadere, completando l'opera che aveva tentato invano di  fare.
Lui istintivamente cercò di toccarmi i seni, ma gli legai le mani con i lacci del corpetto impedendogli di muoversi.
<E voglio che questa notte sia indimenticabile. Voglio che resti indelebile nella tua memoria.>
Gli sussurrai all'orecchio, mentre si accomodava sulla consolle.
Gli sfilai le scarpe ed i pantaloni e gli attaccai le caviglie con la cintura dei pantaloni.
<Adesso voglio che tu non veda più nulla.>
Continuai a parlare sensuale, sentivo di averlo ammaliato e gli coprii gli occhi con la cravatta. Era fatta.
<Wow, piccola. Fai sul serio>
Disse con una voce eccitata, sensuale e profonda.
Iniziai a baciarlo partendo dalle labbra scendendo verso il basso.
Non tralasciai nulla.
Ogni centimetro di quelle spalle forti e possenti fu ricoperto dalle mie labbra;
Passai per il collo leccando il pomo d'adamo e continuai a scendere ancora più giù verso i pettorali scolpiti e gli addominali perfetti, fino ad arrivare all'addome per poi soffermarmi sul basso ventre e su quelle insenature perfette alle due estremità del bacino che determinano la perfezione maschile.
Stavo quasi per scendere leccando ancora la parte superiore del pube, mentre iniziai a toccargli l'erezione gonfia ed invadente sotto le mutande, ma non potevo continuare.
Mi fermai di botto mentre lui, ignaro delle mie intenzioni, godeva.
<Hey Trouble, tutto ok?>
Mi chiese cercando di capire che fine avessi fatto dato che non captava nemmeno più la mia presenza.
Gli tolsi la benda mentre mi infilavo la sua giacca.
La mia espressione era diversa adesso, le parole che mi aveva detto mi avevano fatto svegliare.
<Se avessi tenuto tanto alla tua bella dottoressa, non ti saresti chiuso nel tuo castello di cristallo ad evitare il problema.
Nulla ti é dovuto Lewis!!>
Mi avviai verso la porta.
Lo avrei lasciato così, nudo a vergognarsi di quello che era.
A logorarsi l'anima, sempre se gliene fosse rimasta un pezzetto.
<Ah dimenticavo, Vaffanculo!>
Gli alzai il dito medio e furiosa uscii sbattendo la porta.

Era tardi e speravo di non dover incontrare nessuno nei corridoi mezza nuda.
Anche se la giacca di Arthur mi copriva interamente, era comunque imbarazzante per me.
Raggiunsi l'ascensore quasi correndo.
Dentro di me la collera era in crescendo ed avevo assolutamente bisogno di liberarmi.
Cacciare via la mia ira.
Tutto l'accumulo dentro di me si stava palesando e non riuscivo più a nasconderlo.
Arrivai all'ultimo piano, raggiunsi la mia stanza e subito entrai.
Avevo bisogno di bere, di affogare quei pensieri ancora una volta, anche se avrei potuto fare qualsiasi cosa in quel momento.
Avevo bisogno di piangere, ma io non riuscivo a farlo.
Entrai nel bagno e mi guardai allo specchio.
La mia immagine riflessa mi fece quasi ribrezzo.
Non ero felice di quello che ero, non ero fiera di quello che facevo e forse la colpa di tutto quello che vivevo era soltanto mia.
Ripensai alla sentenza giuridica, alla macchina di Michael, a Jerry, agli occhi delusi di Billy e Sam e allo sguardo disgustato di Arthur,mentre mi dimostrava che io ero come le altre, una troia qualunque.
Un attacco di rabbia invase aggressivo la mia mente.
Tirai un pugno allo specchio spaccandolo in mille pezzi, che si sparsero da per tutto.
Il sangue scorreva a fiumi dalla mia mano che immediatamente avvolsi in un telo di spugna candido.
Non sentivo dolore, avrei voluto che le lacrime uscissero a fiumi, ma nulla, nemmeno in questo modo riuscii a tirarle fuori.
La bestia repressa dentro di me si era risvegliata.
Tornai nella stanza e mi avvicinai al tavolo dei liquori ed iniziai a bere direttamente dalla bottiglia.
Mi sdraiai a terra con la speranza che dopo quella notte sarei finalmente scomparsa dal mondo.
Chiusi gli occhi mentre rivivevo ogni momento passato della mia vita.
Mi tornò in mente la voce di mia madre, che in continuazione mi ripeteva la stessa cosa:

<Sei una buona a nulla, il 'guaio' della mia vita!>


*DRIN DRIN * CAPITOLO MOLTO FORTE!
SPERO NON SIA TROPPO...
BUONA LETTURA :*

Trouble.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora